Che la percentuale più alta di NO2 (biossido di azoto) derivi dal traffico è un dato di fatto così come si osserva che la sua concentrazione è più alta nelle aree urbane. Non ha dubbi Giorgio Cattani, esperto che per Ispra, l’Istituto superiore per la ricerca ambientale, si occupa di inquinamento. Che al Salvagente ribadisce: “Il traffico inoltre è responsabile anche dell’emissione di sostanze organiche volatili che poi si trasformano in particelle: il ruolo che ha quindi è sia diretto che indiretto”.
In questi giorni sono stati decisi i blocchi del traffico (o sono in arrivo) a Milano, Como, Cremona, Torino, Lodi, Mantova e Padova e nel nuovo numero in edicola del Salvagente (clicca qui per l’edizione digitale) dedichiamo un lungo dossier all’emergenza inquinamento e alle soluzioni che le principali città stanno adottando per combattere polveri sottili e biossido di azoto responsabili di centinaia di migliaia di morti.
Per ridurre l’inquinamento, secondo Cattani, è necessario mettere in campo azioni integrate su più fronti: “Misure strutturali che consistano, innanzitutto, nell’accelerazione della conversione del parco veicolare in modo che sia sempre meno inquinante, poi bisognerà dare alternative credibili all’uso dell’auto, in primis incentivando l’uso del mezzo pubblico che però in molti casi è ancora insufficiente”. Solo facendo pressione su entrambi fronti sarà possibile ottenere quel “cambio culturale” imprescindibile, a giudizio dell’esperto di Ispra.
Questi sono “gli scenari che sta elaborando il ministero dell’Ambiente – fa sapere l’esperto di Ispra – perché è necessario implementare nuove azioni per raggiungere gli obiettivi che la Ue si è data per il 2030”, ovvero le soglie previste dalle linee guida dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, più basse rispetto a quelle attuali dell’Unione europea. Secondo l’Oms, infatti, solo riducendo ulteriormente le concentrazioni, si ridurrà l’impatto sulla salute, che deve essere il vero obiettivo da raggiungere in ogni paese.
Emergenza sanitaria
“Le Pm10 o le Pm 2,5 non hanno una soglia reale al di sotto della quale ci si possa sentire al riparo”, spiega Cattani. L’Oms spinge perché si abbassi notevolmente il numero dei limiti di sforamenti da 35 a 3 per ridurre la mortalità legata alle Pm10 e a quella legata alle Pm2,5. Un’emergenza almeno secondo i dati raccolti dall’Agenzia europea per l’ambiente la cui analisi sul particolato fine lo vedono come causa di circa 412mila decessi prematuri in 41 paesi europei nel 2016 (circa 374mila si sono verificati in nei 28 Stati Ue). Rispetto alle linee guida dell’Oms, nel 2017 le concentrazioni di polveri sottili a lungo termine erano troppo elevate nel 69% delle stazioni di monitoraggio in Europa, ad eccezione di Estonia, Finlandia e Norvegia. Facendo riferimento ai valori limite dell’Ue, d’altro canto, le concentrazioni di polveri sottili sono risultate troppo elevate in sette Stati membri: Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Italia, Polonia, Romania e Slovacchia. L’Italia, poi, secondo l’analisi dell’Agenzia (Eea) ha il più alto numero di decessi legati al biossido di azoto.
Di fronte a dati del genere, anche per Cattani, la polemica che talvolta si scatena quando le amministrazioni decidono di applicare i blocchi sul traffico è sterile: “Come si può non farlo? Gli strumenti che abbiamo – conclude – sono quelli e l’azione serve sempre, anche a sensibilizzare i cittadini e le comunità”.
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