La via rapida (ma sbagliata) di bollini e semafori degli alimenti

Una delle attività che l’uomo ama da sempre è quella di catalogare, profilare, classificare etc., tutti sinonimi del desiderio che il nostro inconscio ha di prevedere e di non essere sorpreso da voci fuori dal coro.
Questa necessità oggi si somma con la tendenza a volere messaggi brevi e diretti, il che significa spesso utilizzare delle forme grafiche piuttosto che etichette o noiose descrizioni. Tutto questo perché si suppone la mancanza di tempo da dedicare alla propria salute e la capacità di avere input rapidi oramai sia parte del nostro generale modo di acquisire informazioni.
Questa alleanza di due esigenze così diverse in molti casi conduce a dei vantaggi evidenti, basti pensare ai colori rosso e giallo per limitare una superficie pericolosa, oppure a un segnale stradale che ci fa comprendere subito se siamo sulla strada giusta.
Con gli alimenti questo è purtroppo un approccio troppo semplicistico che può condurre a degli errori di giudizio, perché uniformarsi su un metro generale non tiene conto delle unicità e soprattutto del bilancio complessivo di ciò che mangiamo.
È evidente che se i nostri parametri sono solo calorie, le quantità di grassi o di carboidrati e non teniamo conto degli aspetti salutistici e nutrizionali possiamo mettere al bando dei prodotti riconosciuti come supporto a uno stile di vita sano.
Allora ci dobbiamo porre il dubbio di come conciliare l’uso dell’olio extravergine d’oliva (EVO) così tanto decantato per i suoi pregi nella Dieta Mediterranea da essere da qualche anno patrimonio universale e non solo del nostro territorio, con le calorie che introduce con il suo consumo?
Come possiamo confrontare due prodotti sulla base della presenza dei carboidrati dando un valore positivo agli edulcoranti presenti e bocciando prodotti ricchi di fibre di cui abbiamo estremo bisogno nel mondo pigro e occidentale, ma che sono parenti degli zuccheri a tutti gli effetti ?
Come è possibile segnalare ai consumatori in modo negativo un prodotto come la pasta perché introduce calorie e non tenere conto della sua influenza positiva sull’indice glicemico rispetto magari ad un dolciume o a uno snack ?
Tutti siamo concordi nel dovere contrastare la pandemia dell’obesità, e vogliamo rivangare le origini e il come si è arrivati a questo punto, perchè tutti desideriamo che la salute pubblica sia sempre tutelata e lo stato di benessere sia raggiunto e conservato a lungo.
Ma se in un campo di fiori utilizzassimo una falciatrice robotizzata potrebbe accadere di distruggere anche fiori bellissimi insieme alle erbacce in nome di una parametro solo numerico che non tiene conto dell’insieme.
Certo non è facile da risolvere come problema, ma lo strumento grafico ha pregi e limiti e la maestria è quella di trovare i giusti modi per non far prevalere i secondi sui primi.
Un profilo nutrizionale è qualcosa che può adottare una semplice calcolatrice ma ci vuole un supercomputer per valutare i rapporti delle calorie, le fonti delle stesse, le molecole che si accompagnano e i benefici connessi a quell’alimento.
Paragonare solo le quantità di calorie di un EVO con un olio di semi significa guardare con gli stessi occhi due auto della stessa cilindrata ma con una ricchezza o meno di accessori tali da giustificare l’acquisto dell’uno o dell’altro.
Tutto questo discorrere non tiene conto della parte antropologica, culturale e storica per cui un edulcorante cosa può raccontare rispetto ai prodotti contenenti zuccheri naturali. Piuttosto riduciamo i carboidrati inutili, riabituiamo il nostro gusto al meno salato e meno dolce, riduciamo i grassi superflui e saturi, evitiamo di introdurre calorie vuote e soprattutto rispettiamo gli alimenti per quello che sono sempre stati ovvero fonte di vita e di socializzazione fra popoli a cui si sono poi aggiunti aspetti politici, economici se non di tipo speculativi che li hanno di fatto trasformati in formule e numeri asettici.