Quando Daniela, cittadina di Torresina, Alta Langa piemontese, si collega a internet, un segnale emesso dal satellite giunge alla sua parabola posta sul suo balcone di casa e viene diffuso nell’abitazione tramite wi-fi. Daniela fa parte di quel 34% italiano non ancora raggiunto dalla banda ultra larga, così come voluto dal piano “Banda Ultralarga Italia” che punta a coprire entro il 2020 il 100% del territorio nazionale, in modo che tutti i comuni siano coperti da una velocità di connessione pari almeno di 30 Mbps. A Daniela questo poco importa: lei si definisce una “alternativa”, e le piace l’idea che la sua connessione risenta di eventi meteorologici e non sempre le dia ciò che è richiesto. Le cose però potrebbero cambiare con l’installazione della rete 5G, in sperimentazione nella confinante Marsaglia come in altri 119 comuni, piccoli e grandi, italiani.
Sono due le questioni che hanno spinto Daniela, quando ha saputo che il comune limitrofo avrebbe avviato la sperimentazione, a scrivere una lettera ai giornali locali e al sindaco: perché nessuno ha informato i cittadini? Ma soprattutto, ci sono dei pericoli per la salute?
Per quanto riguarda la prima domanda, la risposta del comune è stata sorprendente: nemmeno gli amministratori locali ne sapevano nulla. Così come tanti altri tra cui i 15 comuni piemontesi interessati dalla stessa sperimentazione. A metterlo nero su bianco la stessa sindaco di Marsaglia, Franca Biglio, anche presidente dell’Associazione dei Piccoli Comuni di Italia, che ancora una volta ha confermato di non aver «mai chiesto né di essere inseriti nella sperimentazione 5G, né dato alcuna disponibilità in tal senso. Ad oggi non è pervenuta alcuna comunicazione ufficiale da parte delle autorità competenti e qualora ciò si verificasse, sarà nostra cura e premura acquisire le dovute informazioni tecniche al fine di verificare i pro e i contro a difesa dell’ambiente e dell’imprescindibile tutela della salute dei nostri cittadini. Tale importante decisione verrebbe, in ogni caso, assunta solo ed esclusivamente di concerto con la cittadinanza».
Eppure la decisione di inserire Marsaglia e altri 119 comuni italiani, tra cui importanti città quali Torino e Roma, è stata adottata in data 8 maggio 2018, direttamente dall’AGCOM, che ha dato mandato di installare nuovi ripetitori e dare così il via alla sperimentazione “in vista della transizione verso la tecnologia 5G”, come recita la legge n.205 del 27/12/2017.
C’è pericolo?
Una mancanza di trasparenza che ha subito suscitato l’allarme tra i cittadini più informati. Ed è subito scattata la domanda: che pericolo c’è per la salute umana? Il fatto è che in ambiente medico diversi studi hanno messo in guardia dai campi elettromagnetici emanati dai dispositivi elettronici perennemente connessi a internet, il cui uso prolungato o la sola esposizione potrebbero causare effetti collaterali più – diciamo -“lievi” come l’elettrosensibilità, che a sua volta comprende disturbi tra cui il mal di testa, difficoltà di concentrazione, problemi di sonno, depressione, mancanza di energia, stanchezza e sintomi simili all’influenza, fino ad arrivare a danni ben più gravi come l’aumento del rischio di cancro, dello stress cellulare, infertilità, deficit dell’apprendimento e della memoria e disturbi neurologici compreso il morbo di Alzhaimer.
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente
Lo studio del Ramazzini
Recentemente poi l’istituto Ramazzini di Bologna ha pubblicato l’esito del suo studio proprio sull’impatto dell’esposizione umana ai livelli di radiazioni a radiofrequenza (RFR) prodotti da ripetitori e trasmettitori per la telefonia mobile, giungendo a questa conclusione sconcertante: “Sulla base dei risultati, riteniamo che l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) debba rivedere la classificazione delle radiofrequenze, finora ritenute possibili cancerogeni, per definirle probabili cancerogeni”. Lo studio infatti pone in evidenza il rischio dell’insorgenza di tumori delle cellule di Schwann (cellule di rivestimento dei nervi) nei forti utilizzatori di telefoni cellulari: “Sebbene l’evidenza sia quella di un agente cancerogeno di bassa potenza – dichiara la dottoressa Fiorella Belpoggi, Direttrice dell’Area Ricerca dell’Istituto Ramazzini– il numero di esposti è di miliardi di persone, e quindi si tratta di un enorme problema di salute pubblica, dato che molte migliaia potrebbero essere le persone suscettibili a danni biologici da radiofrequenze”.
E mentre i tecnici delle Agenzie regionali di protezione dell’ambiente (ARPA) già esprimono preoccupazione per il fatto che, secondo l’AGCOM, dovranno vigilare sui limiti elettromagnetici a fronte di protocolli al momento piuttosto complessi e di difficile interpretazione (e quindi applicazione), la dottoressa Belpoggi aggiunge: “La salute pubblica necessita di un’azione tempestiva per ridurre l’esposizione e le compagnie devono concepire tecnologie migliori, investire in formazione e ricerca, puntare su un approccio di sicurezza piuttosto che di potenza, qualità ed efficienza del segnale radio. Siamo responsabili verso le nuove generazioni e dobbiamo fare in modo che i telefoni cellulari e la tecnologia wireless non diventino il prossimo tabacco o il prossimo amianto, cioè rischi conosciuti e ignorati per decenni”.
Qualcosa si muove
Intanto qualcosa ha già iniziato a muoversi. Nel XII Municipio di Roma (quartiere Monteverde), ad esempio, il partito di maggioranza (M5S), ha votato una mozione che impegna la presidente di quel territorio (della stessa forza politica) a non consentire l’installazione delle antenne del 5G. Così come a Trento, dove alcuni consiglieri comunali (di nuovo a 5 Stelle) hanno presentato due mozioni in cui chiedono al sindaco di bloccare l’installazione di questi ripetitori. Due situazioni che stridono fortemente con la posizione dei 5 Stelle a livello nazionale: Luigi Di Maio (che risulta tra i principali sostenitori del dialogo con Huawei sulle nuove tecnologie) a Bari ha infatti personalmente acceso la prima antenna di questo «volano di un nuovo miracolo economico». E stridono parecchio anche a Roma, dove la mozione dei 5 Stelle del XII Municipio risulta all’opposto della posizione della sindaca Virginia Raggi che, alle Terme di Diocleziano, ha presentato l’applicazione delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale nel turismo, ribadendo che «a soli 10 mesi dal lancio ufficiale del progetto #Roma5G nella Capitale, è già stata realizzata, assieme ai nostri partner, il primo use case della sperimentazione».
In molti altri comuni, inoltre, consiglieri hanno protocollato mozioni di opposizione al 5G in nome della difesa della salute pubblica, che presto verranno dibattuti nelle aule consigliari; l’ultimo esempio, in ordine di tempo, viene da Ladispoli (Roma). Il Sindaco di Cinto Euganeo (Padova), invece, ha già avviato l’iter per emanare un’Ordinanza «contingibile e urgente» per fermare il 5G sul suo territorio comunale.
Tutto ha spinto l’AGCOM a rispondere, specificando di avere posto nella sua delibera “specifici obblighi di copertura 5G […] che dovrà avvenire entro il 1° luglio 2022”. La nota dell’agenzia precisa che “non si tratterà di una sperimentazione 5G, bensì dell’offerta di servizi commerciali” in particolare di Telecom Italia Mobile, Vodafone e Iliad in veste di aggiudicatari del servizio. E continua: “Alla luce di quanto sopra, è convincimento dell’Autorità che le misure introdotte […] ampliano le potenzialità di copertura e non potranno che apportare sviluppi positivi per i territori interessati, che potranno beneficiare dei numerosi vantaggi per cittadini, imprese e pubblica amministrazione derivanti dalla disponibilità diffusa di servizi di connettività wireless a banda larga e ultra-larga. Si sottolinea infine che tali misure sono complementari e distinte rispetto ai progetti riguardanti il Piano strategico nazionale per la banda ultra-larga, relativi ai bandi di gara pubblici gestiti da Infratel e attualmente in corso di realizzazione da parte del concessionario vincitore delle gare”.