Dopo anni di moral suasion da parte delle istituzioni europee sulle aziende, che visti i risultati dei monitoraggi non ha prodotto risultati soddisfacenti, la Commissione ha appena pubblicato il nuovo provvedimento sull’acrilammide, il Regolamento Ue 2158/2017 che entra in vigore oggi l’11 aprile 2018, con il quale, pur non introducendo un limite di legge vero e proprio, introduce per la prima volta norme un po’ più severe a tutela dei consumatori: i valori guida vengono abbassati (per le patatine fritte in busta si passa da 1.000 a 750 mcg/kg), le aziende saranno obbligate ad adottare delle misure per contenere l’acrilammide (in primis monitorando le temperature di cottura) e a verificare la situazione attraverso analisi periodiche. Tuttavia l’assenza di un limite di legge alla concentrazione massima di acrilammide e il fatto che non sono previste al momento multe per i produttori inadempienti rende l’applicazione del Regolamento sicuramente meno garantista per il consumatore.
La roulette russa dell’acrilammide
Basteranno le nuove regole a ridurre il pericolo? Di sicuro con il nuovo valore guida (750 mcg/kg) le patatine fritte in busta bocciate dal nostro test di gennaio non sarebbero più 6 ma 9: come evidenziano le schede pubblicate nel numero 1/2018 le criticità rilevate in laboratorio vanno da 710 mcg/kg agli oltre 1.600 mcg/kg. Livelli davvero elevati sui quali ora le aziende devono rispondere in maniera più incisiva.
Safe: “Serve un vero limite di legge”
“Serve un limite di legge perché è evidente che il benchmark, la soglia di riferimento, non tutela la salute dei consumatori: senza un limite massimo di legge i prodotti che superano le concentrazioni ‘di riferimento’ di acrilammide, sostanza ritenuta cancerogena, non solo non rischiano nemmeno una multa, ma non possono essere ritirati dal mercato”. L’avvocato Floriana Cimmarusti è la segretaria generale di Safe, Safe Food Advocacy Europe l’ong che ha seguito da vicino l’iter del nuovo Regolamento sull’acrilammide.
E proprio rispondendo alla campagna promossa da Safe, Sabine Jülicher, direttrice presso la Direzione generale Salute e sicurezza alimentare della Commissione europea, ha affermato che “Bruxelles non esclude la possibilità di fissare livelli massimi di acrilammide per alcuni tipi di baby food”. Una promessa che sembra però disattesa “La Commissione – rincara la dose la segretaria di Safe – fissi al più presto un limite di legge almeno sui baby food a base di cereali” che, secondo l’ultimo monitoraggio dell’Efsa, sono risultati i prodotti che più di tutti superano le attuali soglie di riferimento.
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Soglie più basse ma senza sanzioni
Il nuovo Regolamento europeo 2158/2017 entrato in vigore oggi, nonostante le intenzioni iniziali di fissare almeno per alcune tipologie di cibi un vero e proprio tetto di legge e non l’ennesimo limite di riferimento, non conterrà la stretta auspicata sull’acrilammide. Tuttavia le soglie di riferimento verranno abbassate: per le patine fritte in busta si passerà dagli attuali 1.000 ai 750 microgrammi per chilo; per le chips a bastoncino dei fast food il valore guida si abbasserà dai 600 ai 500 mcg/kg; negli alimenti per l’infanzia a base (e non) di cereali la concentrazione tollerata scende da 50 a 40 microgrammi. Soglie più basse dunque ma nessuna sanzione per l’azienda che non le rispetti.
Gli impegni per i produttori
I produttori, tuttavia, oltre a effettuare monitoraggi costanti sull’acrilammide, devono mettere in atto una serie di “misure di attenuazione” come prevede l’allegato I al nuovo Regolamento, per ridurre il contaminante di processo: dal controllo della temperatura alla scelta del tipo di patata fino al tipo di immagazzinamento, le aziende devono adottare tutti “gli accorgimenti per ridurre le condizioni favorevoli allo sviluppo della sostanza”.
“È sicuramente un passo in avanti”, aggiunge l’avvocato Cimmarusti, “ma di fronte ai livelli di esposizione attuali a nostro giudizio serviva più determinazione: fissare un vero limite di legge a cominciare dai cibi per l’infanzia, sarebbe stato un cambio di passo rispetto a una sostanza che continua a minacciare la salute dei consumatori”.