Fitness tracker? Stimola l’attività fisica solo per brevi periodi

Si chiamano fitness tracker e dovrebbero stimolare l’attività fisica di chi decide di indossarli al polso. In teoria. Perché in realtà, dopo un periodo iniziale caratterizzato da un’inusuale voglia di mettersi in movimento, questi braccialetti finiscono per demotivare anche i più convinti. Almeno è questo l’atteggiamento rilevato da un’indagine inglese su un gruppo di adolescenti.

Lo studio è durato otto settimane e ha fotografato le abitudini dei ragazzi di età compresa tra i 13 e i 14 anni ai quali è stato chiesto di indossare un FitBit Charge, uno dei modelli del più noto marchio che produce bracciali per lo sport, di usare l’applicazione collegata e partecipare a sondaggi e focus group, prima e dopo il periodo di test. Questioni che indagavano le sensazioni sull’uso del dispositivo, sugli esercizi svolti e così via.

Dopo un iniziale picco di interesse nell’attività fisica, l’indagine ha registrato un calo progressivo fino alla demotivazione. Quel che è emerso è stato un mix fra noia, pressioni e irritazione: “Dopo quattro settimane i teenager si annoiavano del Fitbit – hanno scritto i ricercatori – questo ci suggerisce che, almeno in questo studio, il dispositivo abbia prodotto effetti modesti e a breve termine”. Uno dei punti più contestati? I 10mila passi che quel brand – come molte altre app – pongono come soglia minima giornaliera e generale, priva di personalizzazione: sono stati visti come sgraditi e pressanti. La demotivazione è invece arrivata soprattutto dal confronto con i risultati dei propri contatti: “Non è nato un desiderio autonomo di essere più attivi e di raggiungere i propri obiettivi ma solo la voglia di superare gli amici” ha spiegato Charlotte Kerner, autrice dell’indagine insieme a Victoria Goodyear.