Sequestrata la startup del km0 a Milano: guadagnava col caporalato

Fragole a km0 e poi insalata e prodotti dell’orto da portare nelle strade milanesi con una caratteristica Ape Car. StraBerry di Cassina de’ Pecchi, la start up di Guglielmo Stagno d’Alcontres, bocconiano e studente del corso di economia ambientale vincitore dell’Oscar Green di Coldiretti nel 2013 e nel 2014, quotata più di 7 milioni di euro ha mostrato cosa si nascondeva dietro le molte, riuscite, pennellate di marketing green.

A far trasparire una realtà ben meno etica di quanto poteva apparire i finanzieri del Comando Provinciale di Milano che hanno sequestrato l’azienda a 15 chilometri da Milano, su decreto emesso dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Milano. Le indagini svolte dalla Compagnia di Gorgonzola hanno consentito di portare alla luce un sistematico sfruttamento illecito della manodopera agricola a danno di circa 100 lavoratori extracomunitari.

Caporalato in giacca e cravatta

Gli accertamenti hanno infatti permesso di rilevare anomalie nelle assunzioni e nelle retribuzioni dei dipendenti dell’azienda nonché “gravi e perduranti violazioni delle norme che regolano l’impiego dei braccianti agricoli”. Scrivono i finanzieri: “In particolare, i lavoratori non solo erano obbligati a prestare estenuanti turni di oltre 9 ore giornaliere, ma ricevevano una paga oraria di 4,50 euro, nettamente inferiore a quella minima prevista dal contratto collettivo nazionale. Inoltre, alla ingiusta retribuzione si aggiungevano degradanti condizioni d’impiego nei campi: i braccianti, infatti, soggetti alla continua vigilanza dei responsabili, erano costretti a sforzi fisici oltremodo gravosi, tesi a velocizzare la raccolta dei frutti e in spregio alle norme anti Covid-19 sul distanziamento sociale”.

Due giorni (gratis) di prova e poi via

Gli inquirenti hanno stabilito che approfittando delle condizioni di bisogno dei dipendenti mediante la minaccia che l’eventuale disobbedienza alle pressanti imposizioni avrebbe comportato sospensioni o licenziamenti in tronco, i titolari dell’azienda riuscivano a ridurre il costo della manodopera e massimizzare i guadagni. Fanno notare le fiamme gialle: “Eloquente era la prassi dell’assunzione in prova per due giorni senza alcun compenso a cui seguiva, discrezionalmente e senza alcuna valida ragione, l’allontanamento del bracciante”. Un modo spicciolo per ridurre ulteriormente i costi complessivi e sfruttare i giovani extracomunitari bisognosi di lavorare.

Al termine delle indagini sono state denunciate per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento della manodopera 7 persone, tra i quali, oltre ai due amministratori, anche due sorveglianti, due impiegati amministrativi e il consulente dell’azienda che predisponeva le buste paga. Alla luce delle risultanze dell’indagine, la Procura della Repubblica ha disposto il sequestro di tutti i beni della società, consistenti in 53 immobili, tra terreni e fabbricati, 25 veicoli strumentali e 3 conti correnti e la nomina di un Amministratore Giudiziario ai fini della continuità aziendale nel rispetto delle leggi vigenti.

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Durante l’esecuzione del provvedimento, inoltre, i finanzieri, anche grazie al supporto di personale dei Vigili del Fuoco e dell’ATS di Milano, hanno potuto verificare le precarie condizioni di sicurezza e di igiene in cui i braccianti erano costretti ad operare ovvero l’assenza di dispositivi di protezione individuale, di spogliatoi, di docce e di servizi igienici a sufficienza (era presente, infatti, un solo bagno chimico esterno).

Diserbanti e pesticidi

Fa impressione leggere che nell’azienda ecologica e a km0 è stato accertato il precario deposito di diserbanti e fitofarmaci – sostanze che i responsabili facevano direttamente utilizzare ai braccianti, privi di ogni formazione, esponendoli, così, ad un grave rischio per la salute – nonché di generi alimentari destinati ad essere venduti ad operatori della grande distribuzione (sono stati, infatti, sequestrati oltre 27.000 barattoli di marmellata esposti al sole).