Caro Salvagente, ho scoperto di aver consumato in due settimane mezza confezione di uva sultanina del lotto ritirato. Che può succedere?
Simone Muscarà
Pablo Picasso affermava che “Non giudicare sbagliato ciò che non conosci, prendi l’occasione per comprendere” per cui il richiamo dell’uva sultanina dagli scaffali della grande distribuzione può permettere di comprendere meglio e di pesare poi nel modo migliore la nostra reazione.
L’Ocratossina A (OTA) è una delle micotossine più ricercata nei vari alimenti per la sua indiscussa pericolosità dato che provoca danni al fegato ai reni ed è “potenzialmente” una molecola cancerogena.
Con poche altre micotossine prodotte dalle muffe, è un pericolo per la nostra salute sia se è presente singolarmente che in presenza di altri fattori di pericolo, insomma l’OTA sa fare un buon lavoro di squadra.
Per i rischi collegati all’ingestione di OTA con la dieta, si è definito un limite legale che è il migliore compromesso tra quante volte l’OTA è presente sulle nostre tavole e a che livelli, in che alimenti si può trovare e a questi fattori si aggiungono aspetti socio-economici tutto ciò per cercare di ridurre il rischio da OTA e avere un minore pericolo.
L’uva sultanina, l’uva passa, l’uva di Corinto etc. si ottengono per disidratazione e questo comporta il rischio di ammuffire e far accumulare OTA per cui la gestione del rischio ha definito con un Regolamento Europeo del 2006 in 10 mg per tonnellata (ppb) il valore accettabile che è il doppio rispetto al caffè oppure cinque volte il vino che sono però più consumati.
Per avere un metro di valutazione sul cosa significa 1 ppb è come se stessimo rivedendo un solo minuto di un lungometraggio che dura circa 2.000 anni.
Nel caso di questo prodotto ritirato dal mercato, su richiesta del Ministero della Salute, immaginiamo un livello di OTA maggiore di 10 ppb, altrimenti non si sarebbe avuto il suo richiamo che ha lo scopo di difenderci da questo rischio chimico, ma la giusta domanda da porsi è quanto preoccuparci.
L’EFSA, l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare, ci conferma che ingerire OTA sino a 8,4 microgrammi alla settimana, per chi pesa circa 70 kg, da qualunque fonte provenga è sicuro.
Gli studi confermano che in media raggiungiamo circa il 50% del limite previsto e siamo relativamente al sicuro, ma con un’uva sultanina contaminata al massimo del limite accettabile significa che circa 100 g di questo alimento bastano da soli a raggiungere il valore ammesso dall’EFSA.
Il richiamo del prodotto dal mercato, a valle dei controlli analitici, resta la più rapida e la migliore difesa per i consumatori, ma siamo ancora più tranquilli perchè consumiamo poca uva sultanina, se non in specifiche ricette, e quindi raramente consumeremo oltre 100 g alla settimana.
Per rispondere al quesito: l’OTA ha effetti tossici specie dopo un consumo prolungato di alimenti contaminati e 125 g ingeriti in due settimane probabilmente non creano un rischio elevato e basta sospenderne il consumo per tornare nella zona di sicurezza.
Piuttosto annotiamo che è sempre e comunque importante scegliere dei prodotti di alta qualità e soprattutto “sicuri” oltre che di origine tracciata e verificata.