L’extravergine italico, fatto del 50% di olio italiano e di altrettanto extravergine comunitario? “Non era all’ordine del giorno dell’accordo di filiera tra Coldiretti e Federolio”. A prendere le distanze – lasciando di fatto il cerino in mano a Coldiretti che evidentemente aveva forzato la mano annunciando che la conclusione del tavolo di lavoro avrebbe aperto le porte a un blend di olio difficilmente riconoscibile dal consumatore, è Zefferino Monini, presidente e amministratore Delegato di Monini S.p.A. e vicepresidente di Federolio, con una nota ufficiale.
Il comunicato è secco nella parte che riguarda l’operazione che aveva prodotto tante polemiche: “Monini S.p.A. prende le distanze dalle dichiarazioni diffuse negli ultimi giorni in merito alla proposta di un blend di olio denominato “italico” e ci tiene a precisare che non esiste nessuna ufficialità al riguardo. Durante il tavolo di lavoro sopra menzionato è stato sottoscritto da Coldiretti e Federolio il solo accordo di filiera che stabilizza il prezzo e prevede un impegno per 10 milioni di kg di olio extravergine d’oliva italiano”.
Fine dell’italico, insomma, un marchio che anche per l’azienda di Spoleto trae in inganno il consumatore e dunque è inaccettabile. Un altro marchio per un blend che possa contenere una quantità minima di extravergine tricolore in miscela con altro olio comunitario è possibile, ci fanno capire da Monini, ma con una denominazione che non confonda gli acquirenti e penalizzi le bottiglie 100% italiane. E questo potrebbe essere un passo in avanti, dato che il consumatore che oggi acquista un blend non è in grado di sapere se sono utilizzate olive tricolori (cosa improbabile, visti i costi del prodotto nostrano).
Monini non ci sta a far offuscare i risultati dell’accordo di filiera sovrapponendo la questione dell’italico, aggiunta da Coldiretti senza alcuna discussione. E nella nota esprime la propria soddisfazione “per lo storico accordo di filiera raggiunto da Coldiretti e Federolio che riteniamo propedeutico al benessere e allo sviluppo dell’olivicoltura in Italia. Questo accordo ci impegna a salvaguardare i produttori italiani fornendo loro garanzie di stabilità sui prezzi, in considerazione delle eccedenze di produzione rispetto ai consumi previsti per i prossimi 3 anni”.
Offuscarne la portata con un’operazione non concordata, evidentemente non gli va giù, anche perché spiega che “questo accordo creerà un’importante quota di finanziamento destinata alla ricerca universitaria per sviluppare le varietà italiane di ulivi, per rendere più efficiente la loro produzione e, in generale, il settore, con l’obiettivo ultimo di renderlo più competitivo”.
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente