Sui 23 fiumi britannici analizzati solo 6 non presentano tracce di neonicotinoidi, gli insetticidi tra i più usati sotto accusa da anni per la scomparsa delle api e non solo. Nella metà delle acque inglesi, l’antiparassitario è stato riscontrato in concentrazioni molto alte. Nel 2013 l’Unione europea ha limitato sia gli usi di imidacloprid, clothianidin e thiamethoxam (tre neonicotinoidi), a causa del rischio elevato per le api, sia il trattamento delle sementi di mais, girasole, colza e cereali primaverili e l’irrorazione di una buona parte delle colture attrattive per le api, prima e durante la fioritura. Tuttavia molti impieghi sono ancora autorizzati. Attualmente, però è in discussione il divieto totale dell’uso perché sta crescendo la prova che i neonicotinoidi danneggiano anche altre specie, come gli uccelli. I neonicotinoidi, in uso dall’inizio degli anni ’90, ora contaminano i paesaggi di tutto il mondo.
I primi test sistematici sui neonicotinoidi nei fiumi in Gran Bretagna sono stati imposti dalla normativa Ue sulle acque e condotti nel 2016 per conto dell’associazione Buglife. In Europa non esistono limiti ufficiali per l’inquinamento da neonicotinoidi nell’acqua dolce. Ma un’analisi scientifica sottoposta a peer review pubblicata nel 2015 ha raccomandato che i livelli cronici e acuti non dovrebbero essere superati “per evitare effetti duraturi sulle comunità di invertebrati acquatici“.
Come gli insetti volanti, infatti, gli insetti acquatici sono vulnerabili ai neonicotinoidi e forniscono la principale fonte di cibo per molti pesci e uccelli. Recenti ricerche nei Paesi Bassi hanno dimostrato che l’inquinamento da neonicotinoidi cronico in acqua ha portato a brusche cadute nel numero di insetti ed è stato collegato a pesanti cadute nel numero di uccelli.