Nasce il comitato pubblico Ccs per lo stoccaggio Co2 che piace all’Eni

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Nel Ddl infrastrutture approvato dal governo, viene istituito il Comitato Ccs, che avrà il compito di individuare le aree per lo stoccaggio dell’anidride carbonica. Una tecnica, utilizzata da Eni, che ambientalisti e molti scienziati ritengono inutile e dannosa

Nel Ddl infrastrutture approvato dal governo, viene istituito il Comitato Ccs, che avrà il compito di individuare le aree per lo stoccaggio dell’anidride carbonica. Ad annunciarlo la viceministra all’Ambiente e Sicurezza Energetica, Vannia Gava.

Così per il governo è “l’unica opzione immediata”

“Grazie ad una norma presente nel Dl infrastrutture approvato oggi in Cdm, è stato istituito ufficialmente il Comitato Ccs (sigla che sta per Carbon capture and storage, stoccaggio e cattura del carbonio, ndr). Avrà il compito di individuare le aree per lo stoccaggio dell’anidride carbonica, esaminare le richieste di esplorazione e prescrivere misure a tutela della salute”. “La Ccs – ha aggiunto Gava – rappresenta ad oggi l’unica opzione immediatamente disponibile per ridurre le emissioni dei settori hard to abate come cementifici e stabilimenti chimici, non elettrificabili o nei settori, come quello della carta, in cui buona parte delle emissioni è legata al processo industriale”.

Ccs: una tecnologia usata da Eni molto contestata

Un parere, quello della viceministra, che in realtà cozza con quello di ambientalisti e decine di scienziati, come il Salvagente ha raccontato più volte in passato. Gli impianti di cattura e stoccaggio del carbonio, un elemento chiave dei piani per lo zero netto di molti governi, e in Italia presenti a Ravenna, con l’impianto Eni, “non sono una soluzione climatica”. A dirlo è l’autore di un importante studio del 2022 sulla tecnologia in questione

“I ricercatori dell’Istituto per l’economia energetica e l’analisi finanziaria (Ieefa) hanno riscontrato che i progetti di cattura del carbonio (Ccs) con prestazioni insufficienti superavano notevolmente quelli di successo, con ampi margini”. scriveva il quotidiano inglese The Guardian, riportando i risultati dello studio di Bruce Robertson, l’autore del rapporto Ieefa. Dei 13 progetti esaminati per lo studio, che rappresentano circa il 55% dell’attuale capacità operativa mondiale, sette hanno performato meno di quanto previsto, due hanno fallito e uno è stato sospeso, secondo il rapporto.

Css, una tecnica molto sponsorizzata

“Molti organismi internazionali e governi nazionali si affidano alla cattura del carbonio nel settore dei combustibili fossili per arrivare allo zero netto, e semplicemente non funzionerà”, ha affermato Bruce Robertson, parlando con il Guardian. Nonostante sia una tecnologia ancora in fase di sviluppo, la cattura e lo stoccaggio del carbonio sono stati proposti come un elemento chiave nei piani del Regno Unito per raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette di carbonio entro il 2050. A livello internazionale, per allinearsi con gli obiettivi di raggiungere lo zero netto entro il 2050, la capacità annuale di Ccs dovrà raggiungere 1,6 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno entro il 2030, ha affermato l’Agenzia internazionale per l’energia (IEA).

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Una tecnologia vecchia per estrarre ancora più petrolio

“Il rapporto dell’Ieefa afferma che sebbene la cattura e lo stoccaggio del carbonio siano una tecnologia vecchia di 50 anni, i suoi risultati sono stati vari. La maggior parte dei progetti Ccsda allora ha riutilizzato il gas catturato pompandolo in giacimenti petroliferi in diminuzione per aiutare a spremerne le ultime gocce” scrive il Guardian.

La stessa tecnica porta a emissioni di CO2

Secondo il rapporto, questa “recupero avanzato del petrolio” (Eos) rappresenta circa il 73% della C02 catturata a livello globale ogni anno, negli ultimi anni. Circa 28 milioni di tonnellate dei 39 milioni di tonnellate catturate a livello globale, secondo le sue stime, vengono reiniettate e sequestrate nei giacimenti petroliferi per spingere più petrolio fuori dal suolo. “La stessa Eor porta a emissioni di CO2 sia direttamente che indirettamente”, afferma il rapporto. “L’impatto diretto sono le emissioni del carburante utilizzato per comprimere e pompare CO2 in profondità nel terreno. L’impatto indiretto sono le emissioni derivanti dalla combustione degli idrocarburi che ora sarebbero potute uscire senza EOR”.

Emissioni dirette e indirette

Un’ulteriore sfida è trovare siti di stoccaggio adeguati per il sequestro del carbonio, dove il gas non verrà semplicemente utilizzato per espellere più petrolio. Secondo il rapporto, la CO2 intrappolata dovrà essere monitorata per secoli per garantire che non si disperda nell’atmosfera, aumentando il rischio che la responsabilità venga consegnata al pubblico, anni dopo che gli interessi privati ​​​​hanno estratto i loro profitti dall’impresa.

Il rischio di tenere in vita ancora più a lungo i combustibili fossili

Il rischio è che la tecnologia Ccs  venga utilizzata per prolungare la vita delle infrastrutture dei combustibili fossili ben oltre il punto di interruzione per mantenere il carbonio atmosferico a livelli inferiori a quelli catastrofici, aggiunge il rapporto. “Sebbene ci siano alcune indicazioni che potrebbe avere un ruolo da svolgere in settori difficili da abbattere come cemento, fertilizzanti e acciaio, i risultati complessivi indicano un quadro finanziario, tecnico e di riduzione delle emissioni che continua a sovrastimare e performare meno”, ha detto Robertson, che tuttavia, ha aggiunto: “Come soluzione per affrontare l’aumento catastrofico delle emissioni nel suo attuale quadro, Ccs non è una soluzione climatica”.

Il caso Eni di Ravenna

In Italia, le associazioni ambientaliste, tra cui Greenpeace e Legambiente, protestano da anni contro l’impianto Ccs Eni di Ravenna, bocciato nel 2021 da Bruxelles, al centro nel 2021 di una lettera di protesta firmata da 50 scienziati, a prima firma Vincenzo Balzani, Professore Emerito, Dipartimento di Chimica “G. Ciamician”, dell’Università di Bologna. “Se vogliamo proteggere e salvare l’umanità e il pianeta e invertire decisamente la rotta dell’attuale surriscaldamento globale provocato dai gas climalteranti – chiarisce la lettera -c’è una sola strada percorribile: diminuire drasticamente e con urgenza l’uso dei combustibili fossili”.