Una ricerca, la più completa fatta finora,condotta da Università britannica, cinese, statunitense e dall’Unicef ha quantificato la parte di fatturato fatto dalle aziende di Big Food su cibi salutari: davvero poco. Per Ferrero e Red Bull addirittura zero.
Le più grandi aziende del settore alimentare e delle bevande dipendono fortemente dai ricavi derivanti dalla vendita di prodotti non salutari. A sancirlo ufficialmente, dati alla mano è un recente studio – il più completo mai realizzato fino a oggi – condotto da un team di esperti dell’Università britannica di Oxford, del George Institute for Global Health di Pechino, dell’Unicef e dell’Università del North Carolina ha analizzato dettagliatamente l’industria alimentare globale.
La metodologia utilizzata ha applicato il modello del profilo nutrizionale WHO Euro 2015 a oltre 35.000 prodotti di 1294 marchi provenienti dalle prime 20 aziende alimentari e di bevande in sette paesi chiave (Australia, Brasile, Cina, India, Sudafrica, Regno Unito e USA). Il modello ha classificato i prodotti come “più salutari” o “non salutari” in base a criteri specifici riguardanti energia, grassi, zuccheri e sale.
Il fatturato “tossico” di Big Food
Dati alla mano, lo studio spiega che l’89% delle vendite totali dei marchi delle prime 20 aziende è classificato come “non salutare”. Questo significa che per ogni 10 dollari spesi su prodotti di queste aziende, soltanto 1,10 dollari sono stati investiti in prodotti considerati più salutari. Marchi noti come Red Bull e Ferrero, addirittura, non hanno avuto vendite classificate come più salutari, mentre solo meno del 5% delle vendite totali è stato attribuito a prodotti più salutari per aziende come Mondelēz, Mars e PepsiCo. Nella quantificazione molto dettagliata della ricerca internazionale il Grupo Bimbo è emersa con il 48% delle vendite da prodotti più salutari, seguita da Danone (34%) e Conagra (32%).
Nella tabella qui sotto è facile vedere come gran parte del fatturato delle principali aziende del Big Food e delle bevande dipenda da cibi non salutari (“unhealthy”, quelli in rosa nel grafico).
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Una dipendenza che fa male alla salute
La forte dipendenza delle principali aziende alimentari e di bevande dalle vendite di prodotti non salutari, contribuisce ovviamente alle malattie legate alla dieta a livello globale. “Il metodo proposto dallo studio può essere utilizzato da organizzazioni sanitarie per identificare aziende in conflitto di interessi e guidare le interazioni con governi e organizzazioni internazionali su questioni di politica e regolamentazione” spiegano i ricercatori.
L’indagine si inserisce in un contesto globale in cui la malnutrizione persiste, colpendo sia i bambini sotto i cinque anni che gli adulti sovrappeso o obesi. Le multinazionali alimentari dominano il sistema alimentare, e nonostante alcuni impegni socialmente responsabili, il problema delle diete non salutari rimane una sfida significativa, spiegano gli esperti.
L’invito all’azione è rivolto non solo alle organizzazioni sanitarie ma anche alla comunità finanziaria, affinché utilizzino questi risultati per guidare politiche, decisioni di investimento e per spingere le aziende verso una produzione alimentare più salutare e responsabile. La comunità globale della salute e della nutrizione è incoraggiata a valutare l’implementazione di soglie per la percentuale di vendite non salutari che le aziende devono rispettare per collaborare con loro, incentivando un cambiamento reale e duraturo nel panorama alimentare mondiale, auspicano i ricercatori.