Nel 2018 cesserà il sistema di “maggior tutela” per energia e gas, a favore di una totale liberalizzazione del mercato. Abbiamo chiesto a Paolo Landi – presidente della Fondazione Consumo sostenibile, molto vicina a Konsumer – quali saranno le conseguenze per i consumatori e quali strade alternative sono percorribili.
Perché ritiene che il definitivo passaggio al mercato libero sia un danno per i consumatori e che questo cambiamento non possa condurre ad una maggiore concorrenzialità del mercato?
Il mercato libero dell’energia oramai esiste da dieci anni ma, nonostante tutte le visite a domicilio e le telefonate dei call center all’ora di pranzo e cena, solo una famiglia su tre è passata al mercato libero. Il motivo è la mancanza di fiducia, giustificata perché chi ha scelto questo passaggio ha inizialmente goduto di tariffe promozionali che poi sono state elevate notevolmente, vanificando il risparmio. In realtà, dunque, il mercato libero ha reso più cara la luce del 15% ed il gas del 5% gas. E come se non bastasse, sono esplose le pratiche commerciali sleali: il mercato libero, finora, si è rivelato più oneroso e non in grado di proteggere i consumatori. Liberalizzazione dovrebbe significare maggiore concorrenzialità, ma in Italia c’è un oligopolio di quattro o cinque imprese che si dividono l’85% del territorio e nelle singole aree, poi, assistiamo a veri e propri monopoli. In Inghilterra, considerato il faro del mercato libero, uno studio ha dimostrato che le compagnie elettriche acquistavano l’energia quando era più cara per alzare le tariffe; bene, la stessa cosa è successa anche in Italia.
Perché il governo Italiano ha decretato la fine del mercato di maggior tutela?
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Il governo italiano, nel 2014, ha deciso che a giugno 2018 dovrà essere abolita la maggior tutela, con la motivazione ufficiale che questa contrasta con le norme europee contro le tariffe amministrate. Ma è falso, perché le indicazioni Ue riguardano unicamente le tariffe amministrate in presenza di agevolazioni da parte dello Stato. Il mercato di maggior tutela italiano non prevede alcun intervento statale ed è stato addirittura riconosciuto dalla Commissione Ue per l’Energia una best practice nel mercato europeo. La reale motivazione della decisione italiana, quindi, è di tipo ideologico: l’obiettivo è rendere l’energia un business che si esprime nel rapporto impresa-consumatore e non un servizio. Si tratta di una scelta che risponde solo alle esigenze delle imprese, ma non a quelle delle famiglie.
Qual è stato l’atteggiamento dell’Authority per l’Energia in questa vicenda?
L’autorità ha inizialmente difeso la maggior tutela come cosa positiva, affermandone la coerenza con le norme europee. Poi si è uniformata alle posizioni del governo, limitandosi a cercare di rendere il passaggio definitivo al mercato libero più “digeribile”, introducendo la comparazione tra tariffe ed il concetto di tariffa e contratto standard tramite una comparazione semplificata tra tariffa e contratto standard. A fronte della persistente resistenza delle famiglie, poi, si è inventata la tutela simile, una sorta di premio per chi passa al mercato libero ma che in realtà è solo una trovata per rendere più digeribile la pillola e forzare le famiglie. I comparatori, i contratti e le tariffe standard sono cose di per sé positive, ma quelle poche garanzie in più non bastano. Tra l’altro, Autorità e associazioni hanno lavorato due anni per rendere la bolletta più semplice, ma è tuttora difficile individuare l’informazione più importante: il costo di energia o gas al metro cubo, al kwh o al litro.
Perché i comparatori di tariffe sono utili?
È in atto una lunghissima discussione a Bruxelles, presso l’Autorità dell’energia Ue proprio su questo. Il comparatore è utile, ma per funzionare deve comparare tariffe standard, fatte con gli stessi criteri per tutti e legate al consumo tipico di una famiglia. Naturalmente, poi, quell’impresa può comunque proporre altre offerte commerciali, ma la comparazione deve essere effettuata in base ad una tariffa standard ed a prezzo pulito, senza bonus o promozioni. Solo così i comparatori possono essere utili e importanti strumenti. Diversamente, rappresentano un ulteriore modo di raggirare i consumatori: comparazioni tra tariffe promozionali non hanno alcuna validità; se poi si aggiunge la pessima abitudine di applicare la tariffa promozionale per una durata inferiore a quella del contratto, chiaramente il consumatore è costretto a subire tariffe elevate a meno di non pagare la penalità per rescindere il contratto.
Quali saranno le immediate conseguenze, per i consumatori, dell’abolizione della maggior tutela?
Non c’è bisogno di essere profeti, basta guardare cosa è successo nel mercato Rc Auto quando sono state abolite le tariffe regolati: aumenti a due cifre per nove anni. Lo stesso accadrà per energia e gas, e quel premio della tutela simile verrà recuperato ampiamente con gli aumenti tariffari successivi, quando verrà a mancare ogni controllo.
Esiste, secondo lei, una strada oggettivamente percorribile che contemporaneamente protegga gli utenti di energia e gas ed incentivi la concorrenzialità in questo tipo di mercato?
Si possono fare due cose molto semplici: prima di tutto, rimettere in discussione la decisione di sopprimere il mercato di maggior tutela. Poi, raccogliendo i consigli della Commissione Ue, trasformare l’Acquirente Unico del mercato di maggior tutela in una Energy Community, che continua a fare quanto fatto fino ad oggi dall’Acquirente Unico: acquistare energia per rivenderla. L’unica differenza è che l’Energy Community opera solo per chi ne fa domanda, cioè chi si associa.
Ci spieghi meglio cosa sono le Energy Community e se esistono esperienze in questo senso, in altri Paesi…
Le Energy Community sono una realtà in Inghilterra ed in Austria, per fare solo due esempi, e si tratta di una forma di acquisto caldamente consigliata in un documento della Commissione Ue dello scorso anno, che sollecita gli stati ad andare in questa direzione. Una Energy Community è una sorta di gruppo d’acquisto: può essere un comune, oppure un quartiere. Ma perché questo sistema possa funzionare, occorre anche un altro passo importante, che ho proposto a Bruxelles: acquistare l’energia in pacchetti prepagati, al supermercato oppure on line, superando i vincoli dell’attuale contratto che non sarebbe più necessario, senza spese di fatturazione o di insoluto. Di nuovo, in Inghilterra ed in Austria si sta già sperimentando questo sistema con successo. Le attuali tecnologie consentono l’acquisto di “ricaricabili” di energia al prezzo in quel momento più conveniente, magari anche attraverso un contatore “intelligente”. Così potremmo creare effettivamente un mercato concorrenziale, una vera competizione virtuosa tra imprese. Con l’impostazione di oggi, con poche aziende che controllano il mercato, andiamo semplicemente incontro a forti aumenti delle tariffe, dopo le tariffe promozionali iniziali.
Sarebbe utile introdurre in questo ambito il diritto all’equo compenso per gli utenti vittime di informazioni ingannevoli o pratiche commerciali sleali?
Il Codice del Consumo, in Francia, prevede che in caso di gravi informazioni ingannevoli non solo le imprese vengano sanzionate, ma deve risponderne personalmente anche il presidente o amministratore delegato o altro responsabile dell’azienda, che rischia fino a sette anni di detenzione e 700mila euro di multa. In Italia solo l’impresa è sanzionabile, e le società accantonano in partenza delle somme da utilizzare proprio in questi casi. Le multe, quindi, sono solitamente del tutto innocue. I consumatori vittime di informazioni ingannevoli o pratiche commerciali sleali debbono avere diritto all’equo compenso, qualora non si trovi un accordo tra l’azienda e l’utente, rappresentato da un’associazione di consumatori, ed ho già presentato in Europa una proposta in tal senso. Si tratta di un meccanismo sperimentato nel settore bancario e autostradale, quindi abbiamo acquisito esperienza.
Come si pone in questo contesto la produzione autonoma di energia da parte degli utenti?
Si tratta di una scelta molto importante ed oggi è molto meno costosa di qualche anno fa. Con le tecnologie odierne si possono installare i pannelli fotovoltaici per essere autonomi sul piano dell’energia, ma permane la necessità di risolvere il problema di poter vendere direttamente l’energia inutilizzata invece di immetterla nel sistema e poi riprenderla da là. C’è poi un’altra questione, meno semplice da affrontare: l’aumento della produzione autonoma di energia da parte dei partecipanti al sistema elettrico impone che i costi generali debbano essere ridistribuiti unicamente tra coloro che invece non producono autonomamente. È impensabile però porre gli oneri di sistema unicamente a carico di quei pochi: dovrebbero comunque essere sostenuti da tutti. Lo so, è un discorso scomodo ma va fatto. Infine, si sta ponendo la questione del costo elevato e dello smaltimento delle batterie; sicuramente l’autoproduzione è destinata a crescere, anche a livello condominiale come succede all’estero
Cosa possono fare le associazioni dei consumatori, qualora il mercato di maggior tutela venga effettivamente cancellato?
Alle associazioni consumeristiche dico “Mettiamoci assieme per chiedere al premier Gentiloni di ripensare questa scelta. È un obiettivo che possiamo realizzare”. Qualora dovessimo fallire, possiamo percorrere la strada cui accennavo prima delle Energy Community e dell’acquisto dei pacchetti prepagati di energia. C’è poi eventualmente la soluzione, ampiamente già utilizzata in altri Paesi europei che hanno già subito la liberalizzazione del mercato senza previe consultazioni, degli switch organizzati. L’associazione dei consumatori valuta cioè le offerte sul mercato, sceglie la più vantaggiosa ed organizza per i propri iscritti il passaggio ad un altro fornitore, con il quale ha contrattato tariffa, trasparenza e servizi. Orientativamente, il contratto in logica di switch potrebbe valere un anno, al termine del quale effettuare una nuova ricerca di mercato ed eventualmente cambiare ancora fornitore; naturalmente, qualora nell’arco della vigenza contrattuale l’impresa non rispettasse le condizioni pattuire, il consumatore dovrebbe poter cambiare.
Bonus energia elettrica e gas, quanto ne sanno le famiglie italiane?
Poco. Questo strumento è poco utilizzato dagli aventi diritto. Attualmente circa quattro milioni di famiglie si trovano in stato di povertà (vivono cioè con meno di mille euro al mese); ma le persone che godono del bonus energia elettrica e gas sono meno della metà (solo una famiglia su tre). C’è quindi un primo grande problema di informazione, che va risolto affinché tutti coloro che hanno i requisiti possano usufruire di questa agevolazione; le associazioni dei consumatori ed i Caf sono a disposizione per fornire ogni chiarimento. Le associazioni dei consumatori, però, debbono muoversi per affrontare il problema degli scaglioni Isee: per il 2017 hanno diritto al bonus i nuclei familiari che hanno una certificazione Isee fino a 8.107,5 euro o a 20.000 se con più di tre figli a carico. In questo modo, rimane escluso chi si trova nella fascia intermedia; bisogna rivedere gli scaglioni, correggendo la struttura delle regole attuali.