Le conseguenze della tensione geopolitica in Ucraina pesano già sulla produzione italiana e rischiano di travolgere anche i consumatori. In queste ore gli autotrasportatori hanno incrociato le braccia a causa del caro carburante, e il pastificio La Molisana ha conseguentemente annunciato lo stop della produzione, chiedendo un intervento della politica a sostegno dei lavoratori. Nelle ultime ore, invece, è il pastificio Divella ad annunciare che il navi con il carico di grano sono bloccate nel mare d’Azov e che la produzione di pasticceria è a rischio. Il quadro è dunque complesso e in evoluzione. Per questo abbiamo chiesto un parere a Maurizio Mazziero, esperto di mercati ed economia che si occupa di analisi finanziarie.
Dottor Mazziero, quali sono i beni che rischiano di creare seri problemi all’Italia dopo l’invasione russa in Ucraina?
Innanzi tutto il gas. L’Italia dipende da quello russo per il 40% del fabbisogno. Il problema immediato non è tanto la riduzione della fornitura del gas, ma il prezzo che sale e va a impattare sulle bollette di luce e gas in una maniera per cui il governo avrà difficoltà a intervenire.
E il petrolio?
Sì. La Russia è inoltre un grande produttore petrolifero. Noi non riceviamo tanto petrolio da loro, ma la situazione farà alzare i prezzi a livello globale, impattando sul carburante. Si consideri che l’85% delle merci in Italia viaggia su gomma. Questo vuol dire che con un effetto domino questi rialzi si andranno a spalmare su tutti i prezzi dei beni di consumo.
Poi c’è il grano, che l’Italia importa dall’Ucraina.
Prevedo problemi non tanto per il grano duro necessario per la pasta, che importiamo in buona parte da altre parti, o produciamo in casa nostra, ma per quello utilizzato per pane, biscotti, eccetera. Potrebbero esserci conseguenze serie anche per le importazioni di mais e soia. Il primo viene usato soprattutto per il mangime negli allevamenti avicoli, il secondo in quelli bovini e suini. Un aumento dei prezzi, combinato con la peste suina, potrebbe mettere in seria difficoltà la nostra produzione. E non dimentichiamo che il gas naturale è uno degli elementi usati per produrre i fertilizzanti. Alcune aziende si sono fermate proprio per l’aumento dei costi di produzione.
Quali altri beni rischiano di finire nel fuoco incrociato delle sanzioni?
Ci sono poi i metalli industriali, di cui la Russia è un esportatore globale. Parliamo di rame, alluminio e palladio, che importiamo per il 45% da lì. Il palladio, nello specifico, serve a produrre le marmitte catalitiche. Anche il platino fa parte di questi metalli importanti, ma non ne utilizziamo tanto, anche se serve a ottenere l’idrogeno. Oggi il gas lo paghiamo, per dare un’idea, otto volte in più di quanto lo pagano gli Stati Uniti.
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Le sanzioni sembrano l’unica arma a disposizione dell’Ue per evitare una guerra globale e dissuadere la Russia.
Il problema delle sanzioni è che andranno a colpire in primo luogo noi. Diciamo che è l’arma della disperazione. Si veda l’esempio del gasdotto Nord Stream 2, per cui Germania e Russia hanno speso 10 miliardi di euro, che dovrebbe portare il gas in Europa, e che non è mai partito.
Quali saranno le ricadute sui consumatori italiani da qui a qualche mese?
Saranno serie. I beni energetici, cioè luce, gas e carburante, pesano nel bilancio delle famiglie più svantaggiate il doppio che in quello delle famiglie benestanti. Dunque questa situazione non fa che aumentare le diseguaglianze. Dovendo investire una parte maggiore del reddito in beni energetici, l’italiano consumerà di meno, e questo si vedrà sul Pil, che difficilmente crescerà come previsto. Oltretutto, in fasi di crisi come questa, i nostri connazionali tendono a lasciare i risparmi in banca. Ma con l’inflazione che cresce, il loro potere d’acquisto viene intaccato anche nel conto corrente. Senza contare che mentre negli Usa i salari vengono in qualche modo agganciati all’inflazione, qui in Italia non è così. Anzi, Confindustria insiste perché non si intervenga sui salari, per non ridurre la competitività delle aziende.
La politica cosa può fare in tal senso?
Il governo non ha molte armi. Si, si può cercare di evitare di prendere il gas dalla Russia, e in quel caso arriverebbero delle navi dagli Usa con dei rifornimenti, magari. Ma non sarebbero sufficienti. Dipendiamo da Mosca per il 40%, è tanto. E anche cercare altrove le materie prime, è difficile sia una soluzione, visto che i prezzi salgono a livello globale.
Dunque, non ci resta che restare a guardare l’evoluzione dell’avanzata russa in Ucraina?
C’è da capire che intenzioni ha Putin, dove arriveranno le sanzioni Ue e soprattuto se ci sarà una mossa della Cina. Probabilmente, in un primo tempo Pechino si è sfregata le mani per l’allontanamento della Russia dall’Europa e l’avvicinamento a sé, ma con un quadro così peggiorato, credo che tema che l’economia europea ne possa risentire troppo. Cosa che non converrebbe nemmeno a lei.