Nel primo rapporto della Commissione europea sull’applicazione della direttiva contro le pratiche commerciali sleali nel settore agroalimentare, l’Italia figura tra gli undici paesi che non hanno ancora recepito la direttiva entro il limite previsto di maggio 2021, e che dunque come gli altri ritardatari come la Spagna, è in procedura di infrazione.
C’è chi si è portato avanti con il lavoro
Come riporta l’Ansa, “il rapporto si occupa solo dei paesi che hanno recepito e applicato la direttiva. La grande maggioranza di questi ha adottato norme più rigorose di quelle stabilite dalle norme Ue, individuato autorità amministrative per la sua applicazione e fissato sanzioni per chi utilizza pratiche sleali, come pagamenti ritardati, cancellazione all’ultimo minuto di ordini per prodotti deperibili, mancanza di chiarezza sulle condizioni di fornitura di prodotti che poi finiscono in promozione.
L’Italia a metà del guado
Lo scorso agosto, dopo la lettera di Bruxelles che annunciava l’apertura dell’infrazione contro 12 paesi in ritardo, l’Italia aveva approvato il decreto di recepimento della direttiva. Ma mancano ancora le disposizioni attuative per rendere operativa la normativa. Il decreto legislativo reca disposizioni per la disciplina delle relazioni commerciali e per il contrasto delle pratiche commerciali sleali nelle relazioni tra acquirenti e fornitori di prodotti agricoli ed alimentari, tra cui ritardi nei pagamenti e annullamenti di ordini dell’ultimo minuto per prodotti alimentari deperibili alle modifiche unilaterali o retroattive ai contratti fino al rifiuto dei contratti scritti fino al divieto di pagare al di sotto dei prezzi di produzione e le aste a doppio ribasso.
Il giallo dell’eccezione per cooperative e Op
Secondo Dario Dongo di greatitalianfoodtrade.it, lo schema di decreto legislativo volto ad attuare la direttiva UE sulle pratiche commerciali sleali “ambisce a escludere dal suo campo di applicazione le vendite degli imprenditori agricoli alle cooperative e organizzazioni dei produttori (OP) di cui essi siano soci”. Il sito, che ha consultato lo schema di decreto legislativo, sostiene che questo esclude dalla nozione di ‘contratti di cessione’ – e così, dall’applicazione delle regole – ‘i conferimenti di prodotti agricoli e alimentari da parte di imprenditori agricoli e ittici a cooperative di cui essi siano soci e a organizzazioni di produttori’ (articolo 2.1.e). Solo che il legislatore europeo non ha previsto alcuna deroga in tal senso, anzi la direttiva specifica: “il termine «fornitore» può includere un gruppo di tali produttori agricoli o un gruppo di tali persone fisiche e giuridiche, come le organizzazioni di produttori, le organizzazioni di fornitori e le associazioni di tali organizzazioni”. Per Dongo, “Una pericolosa deviazione dalle regole UE, in un Paese ove il mondo cooperativo è protagonista nelle filiere di produzione agricola e alimentare. E le organizzazioni dei produttori hanno a loro volta un ruolo importante, destinato a crescere anche e proprio per rafforzare il potere negoziale dei produttori così aggregati”.