
Nuovi studi spiegano perché gli alimenti ultraprocessati danneggiano la salute oltre le calorie: additivi, packaging e progettazione industriale alterano metabolismo, fertilità e microbiota, sollevando interrogativi su regolazione e sanità pubblica
Non è solo una questione di calorie, né di zuccheri o grassi in eccesso. Gli alimenti ultraprocessati danneggiano la salute attraverso meccanismi molto più complessi, legati al modo in cui vengono prodotti, confezionati e progettati per essere consumati. È questa la conclusione di un nuovo e articolato rapporto scientifico firmato da Mathilde Touvier e pubblicato su Nature Reviews Endocrinology, che segna un possibile punto di svolta nella ricerca sugli UPF (ultraprocessati).
Da anni gli studi epidemiologici mostrano un’associazione solida tra consumo di cibi ultra-processati e obesità, diabete, malattie cardiovascolari, infertilità, disfunzioni del sistema immunitario e riduzione dell’aspettativa di vita. Ma il dato continuava a sorprendere: anche a parità di apporto calorico, chi mangia più ultraprocessati sta peggio. Ora iniziano ad arrivare le spiegazioni.
Non solo cosa mangiamo, ma come viene fatto
Secondo il rapporto, il problema non risiede soltanto nel profilo nutrizionale di questi prodotti, ma nei processi industriali che li trasformano. Gli UPF vengono ottenuti scomponendo e ricomponendo gli alimenti, modificandone la struttura fisica e chimica. Questo influisce sulla velocità di consumo, sull’assorbimento dei nutrienti e sui segnali di sazietà.
Snack salati, dolci confezionati e cereali da colazione ultra-processati non sostituiscono solo alimenti più sani come frutta, verdura o cereali integrali: sono progettati per favorire il sovraconsumo. Ingredienti raffinati, zuccheri, grassi e additivi rendono questi prodotti iper-appetibili, al punto da attivare i circuiti cerebrali della ricompensa in modo simile alle sostanze che creano dipendenza.
Additivi e sostanze che migrano dal packaging
Un altro elemento chiave riguarda gli additivi e i contaminanti. Gli alimenti ultra-processati contengono spesso coloranti, emulsionanti, conservanti e dolcificanti che per anni sono stati considerati innocui, almeno se valutati singolarmente. Le ricerche più recenti indicano invece che alcune di queste sostanze possono interferire con il metabolismo, alterare il microbiota intestinale e aumentare il rischio di malattie croniche.
A questo si aggiunge l’esposizione ai composti chimici degli imballaggi. Gli UPF sono conservati a lungo, spesso per mesi o anni, e talvolta riscaldati direttamente nel contenitore. In queste condizioni, sostanze come gli ftalati possono migrare nel cibo e finire nell’organismo.
Gli studi che cambiano il quadro
Touvier passa in rassegna studi osservazionali di lungo periodo, trial clinici randomizzati e sperimentazioni di laboratorio. Tra i risultati più rilevanti, un trial clinico ha mostrato che una dieta ricca di alimenti ultraprocessati compromette la salute cardiometabolica e riproduttiva “indipendentemente dall’eccesso calorico”. Giovani uomini sani sono aumentato di peso, peggiorato il profilo lipidico e mostrato alterazioni ormonali legate all’energia e alla produzione di spermatozoi.
Nello stesso studio sono emersi segnali di esposizione a sostanze chimiche del packaging e una riduzione dei livelli di litio nel sangue, un minerale essenziale per il funzionamento del cervello. Altri lavori hanno collegato alcuni emulsionanti a modifiche del microbiota e a un aumento del rischio di diabete di tipo 2, mentre studi su adolescenti mostrano che bastano poche settimane di dieta ultra-processata per aumentare il consumo di cibo anche in assenza di fame.
Il problema delle miscele ignorate dai regolatori
Il rapporto punta il dito anche contro un limite strutturale delle valutazioni di sicurezza. Le autorità regolatorie, come Efsa e FDA, continuano a basarsi su test concepiti decenni fa, focalizzati sulla tossicità a breve termine e su singole sostanze. Ma nella vita reale gli additivi non vengono consumati uno alla volta.
Uno studio prospettico su oltre 108mila adulti ha infatti collegato specifiche combinazioni di additivi – non i singoli ingredienti – a una maggiore incidenza di diabete di tipo 2. Un lavoro di laboratorio del 2025 ha mostrato che le miscele di additivi possono avere effetti tossici su cellule umane che non emergono quando le sostanze vengono testate separatamente.
Un tema di sanità pubblica
Il consumo globale di alimenti ultraprocessati è cresciuto per decenni, sostenuto da strategie industriali aggressive, marketing e lobbying. Secondo Touvier, le evidenze scientifiche oggi disponibili sono sufficienti per considerare gli UPF una questione di sanità pubblica.
Negli Stati Uniti, nel 2025, sono state presentate oltre cento proposte di legge a livello statale per limitare o vietare alcuni ingredienti, mentre San Francisco ha avviato la prima causa pubblica contro i grandi produttori di cibi ultra-processati. Segnali che indicano come il dibattito stia uscendo dai laboratori per entrare nel terreno delle politiche sanitarie.
La ricerca, conclude il rapporto, ha ormai chiarito che gli effetti degli alimenti ultraprocessati vanno ben oltre le calorie. E che continuare a valutarli solo con gli strumenti del passato significa ignorare una parte rilevante del rischio.









