
Nelle campagne italiane, ci ancora 150 ghetti. La legge contro il caporalato, e la Rete del lavoro agricolo di qualità, hanno portato miglioramenti, “ma serve premiare le aziende virtuose”, spiegano i sindacati di settore, “anche con un marchio di qualità etica sui prodotti”
Nelle campagne italiane, ci ancora 150 ghetti. La legge contro il caporalato, e la Rete del lavoro agricolo di qualità, hanno portato miglioramenti, “ma serve premiare le aziende virtuose”, spiegano i sindacati di settore, “anche con un marchio di qualità etica sui prodotti”. Il confronto si è tenuto durante il convegno “Lavoro precario e caporalato: le frontiere dello sfruttamento contemporaneo”, che si è tenuto a Roma il 28 maggio, organizzato dall’ex ministra del lavoro, Nunzia Catalfo e dal vicepresidente della Camera dei Deputati, Sergio Costa.
Aumentare la convenienza per le aziende che aderiscono alla rete del lavoro agricolo di qualità
Secondo Costa, “Bisogna far in modo di rendere più applicabile la parte sulla rete del lavoro agricolo di qualità. Ad oggi sono 6mila aziende su 200mila ne fanno parte. Come fare? Aumentando la convenienza per le aziende che aderiscono, come per esempio con misure premiali, per esempio punteggio nei bandi per il Programma di sviluppo rurale. Ma bisogna anche negoziare a Bruxelles affinché i benefici della Pac non valgano per le aziende che usano lavoro irregolare, anzi vengano restituiti qualora già dati. Serve poi una banca dati in cui incrociare offerta e domanda di lavoro e in ultimo – esclama Costa – basta con la Bossi-Fini. È il sistema che finisce con il dare la vita di questi lavoratori in mano a criminalità e personaggi che li sfruttano”. Un settore, quello dell’agricoltura, dove – come sottolinea Nuncia Catalfo, le donne percepiscono anche il 30% in meno degli uomini, arrivando a guadagnare 6mila euro l’anno quando l’impiego e irregolare.
Con più controlli aumentano anche i contratti di lavoro
Fortunatamente qualcosa si muove in positivo, come spiega Enrica Mammuccari, segreteria generale Uila,”Con il sistema unico dei controlli, entrato in vigore lo scorso anno, cominciamo a vedere i primi risultati, così come con la banca dati degli appalti. Nel 2024 per il primo anno c’è stato un incremento di 23mila unità tra gli occupati. Nelle aree dove sono aumentati i controlli, sono aumentati i contratti di lavoro”.
Click day, lotterie inaccettabili
“I click day per i flussi sono una lotteria inaccettabile che alimenta la criminalità. Lo scorso anno c’erano 41mila quote a disposizioni e 250mila domande. – spiega Mammuccari per sottolineare come mettere nuovi paletti serva eccome ad ottenere risultati – Con l’introduzione delle black list delle aziende, l’imposizione dei 7 giorni entro cui confermare il nulla osta, e in generale maggiori controlli, le domande sono diminuite”.
Sospendere aziende previene morti bianche
Il generale Antonio Bandiera, Comandate dei carabinieri per la tutela del lavoro, contribuisce con dei numeri positivi: “Dal 2016 abbiamo avviato quasi 1200 indagini e trovato 470 persone in flagranza di reato, con 4mila sospensioni solo l’anno scorso. E ricordiamoci che quando si sospende un’azienda per lavoro nero o mancata sicurezza nel lavoro, non siamo di fronte a un atto solamente repressivo, ma anche preventivo. Perché è possibile che in quella azienda sarebbe morto un lavoratore, senza il nostro intervento2.
I nodi da risolvere
Rimangono altre cose da risolvere. Per esempio, quando si trova un’azienda che usa caporalato e si procede con la sospensione, che fine fanno i lavoratori impiegati? Se lo chiede Mammuccari: “Perché i permessi di soggiorno per grave sfruttamento non scattano subito, con degli automatismi? Perché non viene attivato il recupero del furto salariale? Questi lavoratori si trovano spesso dopo anni senza contributi pagati. Eppure esiste la circolare Tridico (circolare INPS n. 56 del 23 aprile 2020, ndr), che se ne occupa. Perché non viene applicata?” La segretaria generale Uila fa una proposta chiara: “Bisogna creare un marchio distintivo che indichi la qualità del lavoro nella filiera”.
Riprendersi gli spazi ceduti dallo stato ai caporali
Giovanni Mininni, segretario generale Flai-Cgil prova ad allargare lo sguardo: In questi 10 anni la legge contro il caporalato è servita anche per altri settori. Si guardi alle varie inchieste della procura di Milano sulla logistica, l’alta moda, il tessile, che sfrutta proprio delle fattispecie introdotte dalla legge 199″. Anche se non rinuncia a un bagno di realismo: Bisogna cominciare da una consapevolezza: il caporale spesso offre un sistema efficiente per aziende e lavoratori. Lo stato deve riprendersi spazi che ha lasciato vuoti e che sono stati occupati dal caporalato. Il collocamento in agricoltura deve funzionare in maniera diversa dagli altri settori. Se mi serve una squadra in più, mi serve per oggi, per stanotte, non ho tempo, perché i frutti marciscono. Il caporale trova la soluzione. Fino agli anni 70 lo faceva lo stato, perché oggi non può?”.
Gli esempi virtuosi
Riguardo i sistemi premianti per chi aderisce alla Rete, Mininni ricorda che Emilia-Romagna, Campania e Sicilia hanno già inserito meccanismi del genere nei bandi per il Psr. “Ma non fermiamoci a questo: perché le mense scolastiche o ospedaliere devono avere cibo di qualità, e non anche etico, che non passa per lo sfruttamento del lavoro?”
L’attacco a Lollobrigida sulle statistiche
Non manca una critica a Lollobrigida, titolare del dicastero delle Politiche agricole: “Il ministro dice che i controlli sono aumentati e reati di caporalato sono diminuiti, ma non abbiamo ancora capito come sono stati fatti questi calcoli. forse si fa confusione tra ispezioni e accessi. Se io vado cinque volte nella stessa azienda virtuosa, sto facendo 5 accessi, ma di fatto sto ispezionando solo un’azienda, Magari in quella nota per frequenti irregolarità non vado, e dal punto di vista statistico risulta che i reati sono diminuiti”.