
Per prevenire il rischio botulino il ministero della Salute chiede che i piatti pronti vegetali siano bolliti per almeno 5 minuti. Il risultato? Un cibo poco invitante e un elettrodomestico bocciato per questi prodotti. Come mostrano le nostre prove nel numero in edicola
Contro il rischio botulino, che a Roma ha causato una vittima, il ministero della Salute ha sancito che i tempi per riscaldare al microonde indicati dai produttori sulle zuppe pronte sono insufficienti: “Devono bollire per almeno 5 minuti”. Fin qui un’attesa “umana”, si potrebbe pensare. Ma quanto tempo impiega il prodotto a raggiungere l’ebollizione? Dai 7 agli 11 minuti a seconda della composizione della zuppa, come ci confermano le stesse aziende. Dunque per essere sicuri dovremmo riscaldare queste prodotti dai 12 ai 16 minuti. Il Salvagente, come mostrano le prove pubblicate nel numero in edicola e in digitale, ha usato proprio questi tempi per mettere alla prova più di una zuppa. Con quale risultato? La prova fotografica laqui sotto: in sintesi, le zuppe diventano immangiabili e il microonde risulta davvero poco adatto perché alla fine si “mangia” il prodotto, ossia lo rende secco e poco appetitoso.
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Riscaldare non basta
Nei mesi scorsi sono stati registrati diversi casi di intossicazione da botulino e a ottobre la morte di una donna a Roma è stata associata al consumo di una vellutata ai carciofi acquistata al supermercato. Dopo questa tragedia il ministero della Salute e Iss, l’Istituto superiore di sanità, hanno messo in evidenza che i tempi di riscaldamento indicati sulle confezioni delle zuppe pronte – in media 3-5 minuti al microonde – non tutelano il consumatore dall’insorgenza del botulino. In una circolare indirizzata il 31 ottobre scorso alle associazioni di categoria, il ministero della Salute, sentito l’Iss, scrive: “In attesa di eventuali ulteriori approfondimenti tecnico-scientifici da parte dell’Iss, la soluzione più rapida e più prudenziale appare essere quella di indicare nell’etichetta del prodotto, e in caratteri ben evidenti, la dicitura ‘far bollire il prodotto per almeno 5 minuti’”.
Il risultato immediato è che tutte le indicazioni sulle tempistiche di preparazione oggi riportate dai principali produttori di zuppe pronte refrigerate (questi piatti sono tecnicamente chiamati REPFEDs – REfrigerated Processed Food with Extended Durability) sono sbagliate, ovvero sottostimati e quindi non in grado di poter disattivare il batterio killer e dunque vanno modificate. I produttori, come hanno spiegato al Salvagente, si sono adeguati riportando in etichetta le tempistiche suggerite dalle autorità sanitarie. Ma il problema sembra tutt’altro che risolto.
Il botulino in questi prodotti può insorgere perché non viene rispettata la catena del freddo lungo la filiera (soprattutto una volta acquistata al supermercato e trasportata a casa) o perché le modalità di preparazione non sono idonee.
Partiamo da alcuni punti deboli di questi piatti pronti. Scrive ancora il ministero della Salute sulla base delle indicazioni ricevute da Iss: “I trattamenti termici di pastorizzazione (90°C per almeno 10 minuti o trattamenti equivalenti) non sono in grado di disattivare le spore di C. botulinum del gruppo I”. Non solo. “La sicurezza microbiologica rispetto al pericolo clostridi produttori di BoNTs (la tossina botulinica, ndr) è assicurata soltanto se viene scrupolosamente rispetta la catena del freddo (conservazione a temperatura ≤ 6°C) per tutta la shelf life del prodotto”. Tuttavia, rileva Iss, “le temperature medie dei frigoriferi domestici sono comprese fra 8,5°C e 9,5°C”. Ovvero troppo alte.
Sulle modalità di preparazione poi le autorità sanitarie rilevano altre criticità: “I REPFED a base di prodotti vegetali (come ad esempio vellutate, zuppe, zuppe con cereali) devono essere considerati ready to heat (prodotti da rigenerare) e in etichetta dovrebbero essere riportate anche le indicazioni di temperatura efficaci per la distruzione termica delle BoNTs (che sono maggiori rispetto a 70°C per 2 minuti necessarie per la disattivazione di Listeria monocytogenes). Non essendo presenti in letteratura dati certi sui tempi minimi di denaturazione termica delle BoNTs nelle varie referenze di REPFED, l’indicazione di sicurezza più prudenziale appare essere ‘far bollire il prodotto per almeno 5 minuti’. Questa tipologia di indicazione è facilmente attuabile sia in cucina sia in luoghi come quelli di lavoro in cui possono essere presenti solo piastre scaldanti o forni a microonde. L’ebollizione è facilmente identificabile e non richiede l’utilizzo di un termometro per verificare il raggiungimento della temperatura minima necessaria per la disattivazione termica delle BoNTs”. Bontà loro, ci viene da esclamare: riscaldare per 15 minuti una zuppa pronta non solo creerà ingorghi in sala mensa, ma soprattutto, come mostra la nostra prova, il microonde, a queste condizioni, non risulta adatto, perché rende secca e quasi bruciata la zuppa.
Il contenitore cosa cederà?
Il ministero della Salute tuttavia con la circolare mette le mani avanti e chiede in via prudenziale ai produttori di indicare ai consumatori tempi di cottura più lunghi. Con quali conseguenze sui contenitori in plastica? Sono idonei quelli attuali a non rilasciare nell’alimento contaminanti plastici per tempistiche superiori ai 3 minuti e per temperature necessarie all’ebollizione di 5 minuti? Le domande sono più che legittime anche se le prove di cessione alle quali le vaschette in polipropilene (PP5) usate per le zuppe pronte devono resistere senza rilasciare contaminanti sono molto severe (un’ora a 121 gradi): allungare di 10-12 minuti il riscaldamento dunque non dovrebbe compromettere l’uso dei contenitori in plastica, visto che sono sottoposti a stress termici più lunghi e intensi.
Le aziende: “Le vaschette sono sicure”
Una questione che preoccupa i consumatori è proprio il rischio che con tempi più lunghi il contenitore in plastica ceda contaminanti all’alimento. Per questo abbiamo sentito le aziende leader del settore DimmidiSì, Euroverde e Zerbinati (le risposte complete sono nel numero in edicola).
Da Zerbinati spiegano: “Secondo le indicazioni dell’OM5, per essere messi in commercio, tutti i contenitori dei nostri prodotti sono stati testati a temperature superiori a quelle necessarie alla cottura in microonde e quindi garantiscono l’assenza di cessione anche aumentando tempi e temperature”.
Da DimmidiSì confermano: “I nostri contenitori sono sottoposti a prove di migrazione in condizioni OM5. Sono stati testati a temperature superiori a quelle necessarie all’utilizzo in microonde e quindi garantiscono l’assenza di cessione”.
Le prove OM5 previste dai regolamenti europei sui Moca, (i materiali che entrano in contatto con gli alimenti), su queste vaschette prescrivono che devono resistere (quindi non deformarsi e soprattutto non rilasciare sostanze tossiche) fino a un’ora di “cottura” a 121 gradi. Dalle nostre prove di sicuro fino a 16 minuti di cottura i contenitori non si sono deformati. Non possiamo però garantire sull’assenza di cessione perché, come ci spiega un tecnico del settore, “tutte le vaschette oggi in commercio andrebbero sottoposte a nuovi test, alla luce del le indicazioni del ministero della Salute. Risolvere il problema con una semplice ri-etichettatura non può escludere il rischio di migrazione di componenti nel cibo”.