Nel Regno Unito è scoppiata una polemica dopo che alcune catene di supermercati, tra cui Tesco, Aldi e Morrisons, hanno aderito alla sperimentazione dell’additivo Bovaer, somministrato alle mucche da latte per ridurre le emissioni di metano. I sospetti sulla sua tossicità fanno discutere. Un altro caso “carne coltivata”?
In Inghilterra è scoppiata la guerra del latte che vede da una parte i consumatori (non tutti) e dall’altra alcune catene di supermercati. L’oggetto del contendere è il latte prodotto da mucche che hanno ingerito un additivo in grado di ridurne le emissioni di metano. L’additivo si chiama Bovaer, è prodotto da DSM Nutritional Product Ltd e promette di ridurre le emissioni di metano enterico delle vacche da latte fino al 30%.
A novembre 2021 il gruppo Feedap dell’Efsa ha espresso un parere positivo sulla sicurezza e l’efficacia sul Bovaer per ruminanti destinati alla produzione di latte e alla riproduzione e da aprile 2022 è stato autorizzato dalla Commissione europea come additivo nell’alimentazione animale in UE.
A maggio scorso anche la Food & Drug Administration (Fda) ha affermato di non avere dubbi sulla efficacia (effetto previsto) dell’additivo e ritiene che abbia un basso rischio per l’uomo al dosaggio consigliato, ossia di 60-80 mg per kg di sostanza secca della razione per le vacche in lattazione.
Al di là della sua efficacia, la polemica che è scoppiata circa un mese fa riguarda le sostanze contenute da questo additivo e i possibili effetti sull’uomo. Bovaer è composto da biossido di silicio, glicole propilenico e dal composto organico 3-nitroossipropanolo (noto come 3-NOP). I dubbi riguardano proprio quest’ultimo principio attivo che, secondo la Food Standards Agency del Regno Unito, pur essendo sicuro da usare negli additivi per mangimi e non corrosivo per la pelle, “deve essere considerato corrosivo per gli occhi, irritante per la pelle e potenzialmente dannoso per inalazione”.
Consumatori contrari, minacciano di boicottare i prodotti
La tempesta mediatica, come ha raccontato nel dettaglio la rivista specializzata Ruminantia, è iniziata quando, lo scorso 26 novembre, la grande multinazionale lattiero-casearia Arla Foods, che annovera il latte Cravendale e il Lurpak tra i suoi prodotti più popolari, ha annunciato pubblicamente una sperimentazione di 90 giorni nel Regno Unito di Bovaer negli allevamenti legati alla cooperativa, in partnership con i colossi della vendita al dettaglio Morrisons, Tesco e Aldi. La sperimentazione, che coinvolge inizialmente 30 allevamenti, è parte dell’impegno di Arla per ridurre l’impatto della produzione lattiero-casearia coinvolgendo l’intera filiera attraverso un approccio collettivo che può fare davvero la differenza.
Ma i consumatori si stanno trovando di fronte all’eterno dilemma ovvero se abbracciare questa novità, a beneficio dell’ambiente, o se tutelare la propria salute da eventuali effetti collaterali (che per ora sono esclusi). Alcuni utenti sostengono falsamente che il Bovaer contamini il latte e comporti rischi per la salute, come il cancro e problemi di fertilità. Queste affermazioni, perora infondate, hanno portato a video di persone che buttano via prodotti Arla e a richieste di boicottaggio. C’è chi ha già minacciato di boicottare i supermercati Tesco, Aldi e Morrisons che partecipano alla sperimentazione con Arla Foods, mentre altre aziende lattiero-casearie del Regno Unito, tra cui Yeo Valley Organic e caseifici biologici locali, hanno confermato di non utilizzare l’additivo precisando che “i componenti principali che compongono il Bovaer non sono inclusi nell’elenco dei prodotti/composti approvati e, di conseguenza, il Bovaer non sarebbe consentito secondo gli standard biologici e per l’uso nell’agricoltura biologica”.
A dicembre Lady Sheehan, presidente del comitato per l’ambiente e il cambiamento climatico della Camera dei Lord, ha invitato i ministri inglesi ad agire mentre infuria la polemica sull’uso prospettico dell’additivo Bovaer. “Il governo ha le prove che può utilizzare” per dimostrare la sicurezza del prodotto – ha dichiarato – Capisco perché il governo potrebbe non voler supportare esplicitamente una delle opzioni di additivi per mangimi disponibili, dato che ne esistono altre, ma può fare riferimento alle prove attuali che mostrano come la FSA lo abbia autorizzato e rassicurato sulla sua sicurezza.” Sheehan ha attribuito la polemica a “disinformazione e cattiva informazione” diffusa sui social media e ha aggiunto che “il governo deve continuare con le sperimentazioni che sta conducendo per restare al passo e garantire di comprendere gli effetti a lungo termine.”
Dall’altro lato il gruppo Animal Rising ha criticato Bovaer definendolo una “falsa soluzione” che potrebbe indurre le persone a pensare di poter continuare a mangiare carne senza conseguenze. Anche l’associazione Pasture for life è contraria all’uso di integratori che sopprimono il metano nella dieta dei ruminanti e scrive che qualsiasi azienda agricola certificata Pasture for Life non può utilizzare additivi per mangimi, come Bovaer, e deve alimentare il bestiame esclusivamente con pascolo e foraggi, come definito nei nostri standard. Pasture for Life riconosce l’urgenza di decarbonizzare l’economia, ma considera l’uso di additivi per mangimi un approccio “di ordinaria amministrazione”, rappresentando un’altra soluzione industriale a un problema derivante dall’agricoltura industriale e, nel migliore dei casi, solo un intervento a breve termine. Inoltre, fornendo una soluzione presunta a una sola parte del problema – il carbonio – gli additivi rischiano di causare effetti collaterali indesiderati su altre questioni, come il benessere animale o la biodiversità. Secondo l’associazione è essenziale adottare un approccio olistico nella valutazione del problema e nella progettazione delle soluzioni, e l’uso di additivi per mangimi non soddisfa questi criteri.
Bovaer in Italia
Anche nel nostro Paese sono state realizzate alcune prove sull’utilizzo di Bovaer nei bovini da latte, come quella condotta nella stalla sperimentale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Piacenza (CERZOO), per conto di Parmalat che dovrebbe essere la prima azienda lattiero-casearia a sperimentare in Italia questa innovazione. Staremo a vedere se anche da noi ci sarà una reazione contraria o se la novità verrà vista in modo positivo.