Decreto ammazza bio, si aprono le prime crepe tra i produttori sui limiti di contaminazione

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Dopo la denuncia di Wwf Italia e Salvagente sulla bozza di decreto del ministero guidato da Lollobrigida, comincia a incrinarsi il fronte compatto dei produttori: Aiab e Anaprobio, uscita da Federbio dopo la scalata di Coldiretti, disposte a rivedere l’articolo 5 che ammetterebbe la contaminazione di pesticidi nel bio

Dopo la denuncia di Wwf Italia e Salvagente sulla bozza di decreto del ministero guidato da Lollobrigida, comincia a incrinarsi il fronte compatto dei produttori: Aiab e Anaprobio, uscita da Federbio per la vicinanza di Coldiretti, disposte a rivedere l’articolo 5 che ammetterebbe la contaminazione di pesticidi nel bio.

Cosa dice il decreto

Riassumendo, il “decreto ammazza bio” è il provvedimento al quale lavorano i tecnici del ministero di Lollobrigida con il quale da un lato si invoca la tolleranza zero per i pesticidi nei cibi biologici anche quando la concentrazione è al di sotto della quantificazione analitica (0,01 mg/kg), ovvero sotto lo “zero tecnico”.  Dall’altra parte (articolo 5 del decreto ministeriale in gestazione, atteso al parere della Conferenza Stato-Regioni e che dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio prossimo) invece si aprono le maglie – finore ben strette – e si concede una tolleranza su quelle che sono contaminazioni accidentali più marcate (maggiori di 0,01 mg/kg) che farebbe pericolosamente assomigliare il bio al convenzionale più evoluto.

Le prime crepe nel mondo del bio

Dopo la conferenza stampa con cui il Salvagente e il Wwf hanno attirato l’attenzione sul decreto e durante la quale la deputata Pd Eleonora Evi ha presentato un’interrogazione parlamentare rivolta al ministro Lollobrigida per chiedere chiarimento, i mal di pancia tra le associazioni di produttori sono aumentati fino a produrre le prime crepe in un fronte che fino ad allora aveva minimizzato la questione, e perfino accusato il Salvagente e il Wwf di fare facili allarmismi.

Mammuccini (Federbio) e la posizione ambigua sui limiti

Intervistata dal Gambero rosso,  la presidente di Federbio, Maria Grazia Mammuccini, che in un colloquio con il Salvagente aveva definito le modifiche introdotte dall’articolo 5, una “minima tutela rispetto alle contaminazioni accidentali”, e “un piccolo tentativo di tutelare i coltivatori biologici che purtroppo lavorano in condizioni svantaggiate e con il rischio di incappare in multe salatissime”, adesso invece sostiene: “Non avere un limite definito e stretto per le contaminazioni accidentali da sostanze non ammesse in bio, soprattutto in questo momento in cui ci sono altri metodi di agricoltura sostenibile che puntano ad abbassare i residui di agrofarmaci, sarebbe un clamoroso boomerang. Perché si rischia di rinunciare al valore dell’intero comparto, che si basa anche sul divieto di impiego delle sostanze chimiche di sintesi ammesse nell’agricoltura convenzionale”. Sembra un passo avanti, o almeno di lato, ma in effetti nella stessa intervista, Mammuccini, sembra cambiare tutto (nel ragionamento) perché nulla cambi (nella posizione sostanziale di Federbio), aspicando che “il prodotto non possa essere certificato nel caso in cui la contaminazione superi i livelli massimi di residui, secondo le modalità previste dal testo del decreto”. Dunque, articolo 5 sì o no? Impossibile capirlo.

I due poli contrapposti

L’altro fronte delle associazioni di rappresentanza del bio, è quello che vede al suo interno l’Associazione italiana agricoltura biologica (Aiab), Anaprobio di Copagri, Confagricoltura, tre centrali cooperative, Upbio, Associazione Biodinamica. Sono, per intendersi, le realtà che non si riconoscono nel polo il cui perno è costituito da Federbio, ma il cui peso preponderante, negli ultimi anni, è divenuto quello di Coldiretti, a cui si è avvicinata anche la Cia-Agricoltori italiani.

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Aiab risponde a Federbio: “Noi allarmisti? Loro pro norme punitivite”

Anche il decreto ammazza bio, è un’occasione per punzecchiarsi, come dimostra la dichiarazione di Giuseppe Romano, presidente Aiab, al sito Agricolae.eu: “Riguardo alla presa di posizione di Federbio espressa dalla sua presidente Maria Grazia Mammuccini in un articolo uscito sulla testata Gambero Rosso che definisce i toni di Aiab ‘eccessivi’ siamo dispiaciuti ma non stupiti. Del resto la Federazione, che peraltro appoggia pienamente l’architettura punitiva nazionale (Decreto legislativo 148/2023, Decreto non conformità e altri), che costituisce il reale problema di legittimazione del settore, continua a inserire elementi divisivi all’interno di un comparto che ora più che mai dovrebbe invece essere unito nella richiesta di un cambio di passo da parte della politica”.

Quando parla di architettura punitiva, spiega lo stesso Romano al Salvagente, si riferisce al decreto 148 che istituisce “sanzioni per tutta una serie di casistiche delle multe, anche pesantissime per le aziende, sia agricole di produzione primaria che già ad oggi sono state multate per non conformità che erano un tempo gestite da un punto di vista amministrativo”. Un problema, quello delle sanzioni, sentito anche da Ignazio Cirronis, presidente di Unaprobio, che spiega: “Non si capisce in base a quale logica per la stessa irregolarità un agricoltore bio deve rischiare una sanzione più pesante di uno convenzionale”.

La richiesta di un tavolo tecnico con il Masaf

Ma qui siamo all’interno della cornice normativa che con il decreto ammazza bio rischierebbe di dare una mazzata definitiva allo sviluppo del settore. Lo stesso decreto per cui il polo che ruota attorno ad Aiab e Anaprobio ha chiesto al ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste un tavolo tecnico di confronto.

Anaprobio e Aiab, insieme ma non sulla stessa posizione

Con che posizioni, chiediamo a Cirronis e Romano, sui due articoli contestati? Se per entrambi il 3, che blocca il prodotto bio per una semplice contaminazione infinitesimale, è da “cancellare” (Romano) o “superare” (Cirronis), sull’articolo 5 le posizioni si fanno più sfumate. Giuseppe Romano dice che andrebbe “ampiamente rivisto”, ma quando chiediamo di essere più specifico, chiarisce: “Posto che sulla questione la discussione tra associazioni è ancora in corso, perché vogliamo arrivare al tavolo con una posizione unitaria, per Aiab l’articolo 5 dovrebbe essere più chiaro quando parliamo di percentuali di limiti di contaminazione ammesse, non che gli stessi limiti dovrebbero essere ridotti”Cirronis, invece, parla di revisione e dice che “potremmo anche arrivare a chiedere la cancellazione dell’articolo 5″. Insomma, non esattamente lo stesso obiettivo.

Ferroni (Wwf): “Il mondo del bio si è rassegnato ai pesticidi”

Netto il commento di Franco Ferroni, responsabile agricoltura Wwf Italia: “Sembra che le associazioni del biologico italiano si siano rassegnate alla convivenza con i pesticidi. Si preoccupano di differenziare i rispettivi posizionamenti sul contenuto del decreto, invece di preoccuparsi degli effetti, soprattutto dell’articolo 5, sulla credibilità del biologico e sulla tenuta del settore”.

Una guerra di posizionamento

Del resto, come spiega lo stesso presidente di Anaprobio, che lo scorso anno uscì da Federbio in polemica con la scalata di Coldiretti, le scaramucce sul decreto ammazza bio sono “i soliti giochini che fanno tutti per posizionarsi e aumentare la propria rappresentatività nel settore”. Sta di fatto, però, che quando si parla della bozza di decreto sulle contaminazioni accidentali, oggi è grande la confusione sotto il cielo del bio italiano.