Da Federbio a Demeter, la scalata di Coldiretti al biologico italiano

La maggiore organizzazione agricola si scopre “ossessionata” dal biologico, nonostante le posizioni tutt’altro che oltranziste su pesticidi e sostenibilità. Cosa c’è dietro le acquisizioni strategiche di Coldiretti

 

Di Coldiretti sono conosciute soprattutto le posizioni in difesa del made in Italy agroalimentare (chi non ricorda le immagini delle proteste degli allevatori che rovesciano ettolitri di latte per strada contro le quote Ue?), ma a parte questo, difficile rintracciare altri temi particolarmente a cuore alla maggiore associazione di rappresentanza agricola italiana. Soprattutto su alcuni temi scottanti, come l’uso dei pesticidi, glifosato su tutti, allevamenti intensivi e nuovi Ogm, Coldiretti si è sempre ben guardata da opposizioni, preferendo posizioni sfumate e ondivaghe. Stupisce per tanto la manovra di accerchiamento che il gigante di cui è segretario Vincenzo Gesmundo almeno da un po’ di tempo a questa parte sta facendo nei confronti del bio. Una vera e propria scalata, a cui il Salvagente ha dedicato una lunga inchiesta nel numero di febbraio, in un settore a cui per tanti decenni ha riservato un’attenzione molto blanda.

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Il diavolo e l’acqua santa

Nel giro di pochi mesi, Coldiretti è diventata attore principale di Federbio, la maggiore federazione di settore italiana e di Demeter, il marchio di certificazione delle aziende che producono con metodo biodinamico. Da una parte la storica difesa della necessità dei pesticidi, dall’altra i piedi nella componente del biologico ritenuta dai detrattori “più estremista”: come e perché Coldiretti ha deciso di conciliare il diavolo e l’acqua santa? Tra i perché ci sono sicuramente i numeri e le prospettive.

Numeri che fanno gola

Nonostante i lunghi anni di crisi economica che accompagnano il paese almeno dal 2008, il biologico è uno dei pochi mercati che ha continuato a crescere. Al 31 dicembre 2022 la superficie biologica italiana supera i 2,3 milioni di ettari con un incremento su base annua del +7,5%. L’aumento degli ettari coltivati bio è stato del 111% (oltre 1,2 milioni) rispetto al 2010. Nell’ultimo triennio l’incremento medio registrato di superfici bio è stato del +5,6% e analogamente è cresciuto il numero di operatori biologici totali (+4,8%), secondo i dati dell’osservatorio pubblico Sinab. Mentre secondo il Rapporto Bio Bank 2022 il valore complessivo del mercato bio italiano è salito a 8,4 miliardi di euro nel 2022 (+12% sul 2021, +134% in dieci anni).

Il biologico al centro delle politiche Ue

Numeri allettanti per Coldiretti ma forse non quanto le prospettive politiche: secondo la strategia “Farm to Fork”, entro il 2030 il 25% di superficie agricola europea dovrà essere convertita a biologico. E per spingere alla rivoluzione verde, l’Unione europea e gli Stati mettono in campo cifre enormi: tra il Piano strategico nazionale per la Pac 2023-2027, il Pnrr, il fondo per il biologico istituito dalla Finanziaria del 2020 e il nuovo fondo per la ricerca e l’innovazione, la legge sul biologico approvata definitivamente il 2 marzo 2022 sblocca 3 miliardi di euro di nuovi finanziamenti per il settore. E nel 2024, la Commissione europea stanzierà 185,9 milioni per finanziare attività di promozione dei prodotti agroalimentari sostenibili e di alta qualità dell’Ue nell’Unione e nel mondo. Un piatto ricchissimo in cui, per ragioni politiche ed economiche, è diventato essenziale mettere le mani. Anche a costo, secondo alcune delle voci che abbiamo raccolto, di metodi a dir poco spregiudicati.

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L’ingresso in Federbio

Una data che rappresenta probabilmente il cambio strategico di Coldiretti nei confronti del bio è il protocollo di intesa firmato con Federbio nel 2019. L’anno successivo viene costituita Coldiretti Bio, la cui presidenza viene affidata a Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Marche e componente della giunta nazionale dell’organizzazione, di cui fa parte anche Enrico Amico, anche lui tra i fondatori di Coldiretti Bio nonché all’epoca presidente di Demeter Italia, ad oggi l’unico marchio certificatore dei prodotti da agricoltura biodinamica italiano, riconosciuto a livello internazionale. Da una parte, secondo quando raccontano al Salvagente delle fonti interne a Federbio, Coldiretti tasta il terreno in più occasioni per portare la stessa Gardoni alla presidenza della federazione, ma di fronte all’opposizione della base degli associati, decide di accontentarsi di appoggiare l’elezione di Maria Grazia Mammuccini, e della vicepresidente per la presidente di Coldiretti Marche, in attesa che ci siano i numeri per formalizzare l’ascesa nella casella più in alto dell’organigramma.

Le associazioni che sono uscite da Federbio per polemica

Cresce il malcontento, anche e soprattutto per un’altra mossa che potrebbe spiegare l’improvvisa apertura di Federbio a Coldiretti, almeno secondo Ignazio Cirronis, presidente di Anaprobio Italia, associazione dei produttori biologici di Copagri, uscita pochi mesi fa da Federbio: “Sono state fatte delle scelte per cui alla fine non si teneva nella uguale considerazione tutte le organizzazioni. In modo particolare, la decisione di cedere praticamente la maggioranza del capitale di Federbio servizi ai Consorzi agrari”. Federbio servizi è una divisione nata per fornire consulenze e formazione, che però non è mai decollata, mentre Consorzi agrari d’Italia (Cai Spa), ha tra i soci più influenti Bonifiche ferraresi Spa che a sua volta controlla la Società italiana sementi (Sis), tutte realtà nell’orbita di Coldiretti.

Il peso economico

“Federbio servizi era in rosso – spiega Cirronis – e noi abbiamo posto il problema, anche ammettendo la possibilità che forse si trattava di un’attività che non necessariamente potesse essere redditizia in questo momento. Ma detto ciò, in ogni caso, non si dà la maggioranza di Federbio servizi a un’altra struttura che non ha niente a che vedere con Federbio”. A mal digerire la decisione che apre le porte a Coldiretti è anche UpBio, l’Unione nazionale dei produttori biologici e biodinamici, così come la Cia-agricoltori italiani. Ma mentre quest’ultima trova un equilibrio tale da accettare un ruolo gregario rispetto a quello che sarebbe un competitor naturale come Coldiretti, Anaprobio e Upbio lasciano Federbio.

Il problema dell’egemonia

La goccia che fa traboccare il vaso è l’assemblea nazionale dei produttori di Federbio del luglio 2023. Per la prima volta si svolge a Palazzo Rospigliosi, storica sede di Coldiretti, con affaccio sul Quirinale. “Va bene far entrare Coldiretti – spiega Cirronis – ma non potevamo pensare che lo scopo fosse quello di dargli la predominanza. Che tutti gli interventi principali siano delegati a Coldiretti non ci sta bene, perché non si dà un’immagine plurale di una Federazione che a questo punto è chiaro che non rappresenta tutto il mondo biologico. Così come non va bene che il manifesto dei produttori bio, non lo fai leggere a loro o alla presidente di Federbio ma alla presidente di Coldiretti Bio”. Insomma, l’assemblea viene registrata da molti come un segnale del passaggio di consegne politiche al colosso dell’agricoltura italiana e causa la fuoriuscita di Anaprobio e Upbio.

Anche Demeter entra nell’orbita

Nel frattempo, però, Coldiretti non si accontenta, ed entra con decisione anche dentro Demeter, l’ente certificatore del biodinamico. In un’assemblea che si svolge nei primi mesi del 2022, e che una fonte interna ci racconta come drammatica, bisogna decidere la rielezione del presidente. L’assemblea è spaccata sulla figura di Enrico Amico, che fa parte anche di Coldiretti bio. “Alla fine, con una modalità che per l’opposizione interna è irregolare, – spiega la nostra fonte – viene rieletto Amico e il nuovo consiglio d’assemblea. C’è stato anche un avvio di causa. Che poi si è fermato perché il tribunale non ha accettato la richiesta di aprire un procedimento d’urgenza, e con il percorso ordinario, considerando che la carica di un Consiglio dura tre anni, e conoscendo i tempi della giustizia italiana, non valeva la pena proseguire”.

Quali sono le conseguenze dell’ingresso di Coldiretti in Demeter? Anche qui grosse spaccature e mal di pancia, soprattutto all’interno dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica, che fino a questo momento è un tutt’uno per storia e intenti con Demeter. Il presidente, Carlo Triarico, che abbandona la vicepresidenza di Federbio durante la fase di avvicendamento con Coldiretti, spiega: “Ho accettato inizialmente di far parte del comitato scientifico di Coldiretti bio, ma poi ho preferito farmi da parte”. Tra i soci serpeggia il malcontento, e non solo perché lo scorso dicembre, con un’assemblea straordinaria, Demeter cambia lo statuto e dispensa l’Associazione biodinamica dalle verifiche preliminari sulle aziende che vogliono il marchio, ma anche per una vera o presunta pressione affinché tutte le iniziative culturali coinvolgano in bella vista esponenti di Coldiretti.

Il ruolo di Bonifiche ferraresi

Un’altra fusione che rientra nella scalata al bio di Coldiretti è la partnership tra Bonifiche ferraresi ed EcorNaturaSì, proprietaria della maggiore catena di distribuzione specializzata in bio, con oltre 320 punti vendita in tutta Italia. Con l’ingresso nel capitale, Bf Spa dà una solidità ai conti che la catena non aveva, e aggiunge un tassello strategico. Del resto, tutto si tiene: Marco Paravicini Crespi fa parte del consiglio nazionale di Coldiretti Bio, di quello di Demeter ed è socio di EcorNaturaSì. Inoltre, durante l’ultima votazione è stato eletto vicepresidente di Federbio.

Le ragioni della strategia

Dopo aver fatto un quadro delle principali mosse strategiche di Coldiretti per “prendersi il bio italiano”, sorge spontanea una domanda: perché ora e perché proprio queste mosse? I soldi c’entrano, come sempre. La mole impressionante di finanziamenti messi in campo dall’Ue, che con la strategia europea Farm to fork mira alla conversione del 25% dei terreni agricoli europei al bio, è un inevitabile richiamo della foresta per un’organizzazione che rappresenta i produttori agricoli.

Le organizzazioni interprofessionali

Ma non solo, c’è una parola tecnica che da sola riesce a spiegare molti passaggi: “Organizzazioni interprofessionali”. Le Oi raccolgono intere sezioni o la totalità di una filiera: agricoltori, trasformatori, distributori e dettaglianti, con lo scopo di riunire i soggetti attivi nell’intera catena produttiva. Possono svolgere un ruolo utile facilitando il dialogo tra gli attori della filiera, promuovendo le buone pratiche e la trasparenza del mercato. La legge sul biologico, approvata dal Parlamento il 9 marzo del 2022, prevede la nascita di un’interprofessionale non della singola filiera, ma dell’intero settore del biologico, purché l’Oi rappresenti il 30% dei soggetti rispettivamente in tre settori: produttori agricoli, distributori e trasformatori. Con le realtà legate a Federbio e Demeter, questi obbiettivi vengono raggiunti con più facilità. “E avere in mano l’interprofessione di settore, vuol dire essere quasi l’unico interlocutore del governo su regole, leggi, standard e criteri di finanziamento futuri di provenienza nazionale, tagliando fuori altre grosse organizzazioni professionali come Confagricoltura o le grandi cooperative” ci spiega senza girarci intorno il nostro insider.

Giardina (Coldiretti Bio): “Siamo organizzati, per questo sbaragliamo”

Francesco Giardina, direttore di Coldiretti Bio, risponde (in una lunga intervista nel giornale in cui ha risposto alle principali questioni sollevate) al Salvagente: “Il settore del biologico in generale ha perso molto di quello che era lo spirito agricolo, per questo abbiamo messo a disposizione il nostro lavoro. E poi, anche all’interno di Coldiretti, i numeri del bio sono importanti”, e approfondisce: “Si portano idee forti, con organizzazioni forti, e una rappresentanza forte. Il resto sono tutte polemiche che conosciamo. Se noi abbiamo la capacità di ragionamento, di pianificazione, di confronto interno e abbiamo quindi dei temi forti e condivisi con un numero di aziende che li sostengono, è chiaro che poi quando li porti al tavolo con gli altri, sembra chissà che cosa […] La forza di Coldiretti e la capillarità che ha, tutta la sua capacità di rappresentanza è perché arriva sul territorio e coinvolge gli agricoltori. Una forza incredibile che se la metti sul tavolo, sbaragli”.