Sicurezza alimentare: i passi indietro dell’Europa e l’incubo dei sovranisti

SICUREZZA ALIMENTARE

Nella giornata mondiale della sicurezza alimentare è il caso di tracciare un bilancio della fallimentare gestione europea della von der Layen e una previsione di quello che ci aspetterà dalla prossima Commissione europea dopo il voto dell’8 e 9 giugno

 

Una manciata di giorni e avremo il nuovo Parlamento europeo, quello uscito dalle elezioni dell’8 e 9 giugno prossimi. Qualcosa in più ci vorrà per le inevitabili trattative che daranno vita alla maggioranza e al nuovo esecutivo di Bruxelles.

Cosa può entrarci questo con la giornata della sicurezza alimentare che cade oggi e a cui è dedicato questo articolo, si chiederanno giustamente i lettori?

C’azzecca, avrebbe detto in altri tempi Di Pietro, perché parte della sicurezza di quello che mangiamo viene dalle politiche europee sia nei confronti della produzione interna che verso quanto importiamo da fuori Continente.

Per questo vale la pena tracciare a bocce ferme un bilancio di quanto prodotto dalla vecchia Commissione presieduta da Ursula von der Leyen. E premettiamo che il bilancio, a nostro giudizio, non può che essere deludente.
Dopo aver illuso con un pacchetto di norme a difesa dell’ambiente, del cibo e del clima, infatti, l’esecutivo europeo lo ha smontato pezzo per pezzo. Il Green deal, il Farm to fork e tante altre misure per ridurre l’uso (e l’impatto) della chimica in campo sono state rese più blande passaggio legislativo dopo passaggio legislativo e sono definitivamente state sotterrate dai cortei dei trattori che protestavano a Bruxelles e su tante strade comunitarie.
Un fuoco su cui hanno soffiato le destre europee, definendo continuamente i provvedimenti come ideologici, miopi e lontani dai cittadini. A ben guardare, però,  il cuore della politica comunitaria, fatto dei soldi della Politica agricola comune, è sempre rimasto appannaggio dei grandi dell’agricoltura, a prescindere dall’impatto ambientale che hanno avuto e che avranno.
Paradossalmente alla rabbia di agricoltori che non riescono a garantire un prezzo equo ai prodotti che coltivano, si è risposto annullando qualunque progresso delle loro pratiche, invece di finanziare un cambiamento che avrebbe assicurato più reddito e tutelato la salute dei lavoratori e delle loro terre oltre a quella di chi consuma il frutto dei loro sforzi o abita in vicinanza delle loro aziende.
I passi indietro, invece, non si contano in questa legislatura: dalla nuova autorizzazione al glifosato, al via libera ai nuovi Ogm, fino all’esclusione degli allevamenti intensivi dalle cause delle alterazioni climatiche.
A rimanere in piedi è rimasto ben poco. C’è la questione delle case green e delle regole per diminuirne l’impatto energetico. Ma anche in questo caso, invece di un approccio realistico (fatto anche di aiuti a chi dovrà affrontare le inevitabili spese che comporta) si è scelta una contrapposizione, questa sì, ideologica. A molti, tanto per fare un esempio, sarà capitato di vedere i manifesti di Salvini che promette la “difesa delle case e delle auto italiane”, cavalcando la battaglia contro le auto elettriche e per l’appunto contro le case green.
Sondaggi alla mano, sembra davvero difficile che anche il provvedimento che raccontiamo nel numero in edicola non finisca ulteriormente indebolito o definitivamente accantonato da un nuovo esecutivo che si profila più vicino ai sovranisti e alle destre.
Sappiamo bene che il voto, qualunque esso sia, non è argomento che scalda i cuori in Italia, a maggior ragione se si tratta di elezioni europee. Ma, per quanto possa sembrare banale riaffermarlo, quello dell’8 e 9 giugno sarebbe fondamentale anche per capire cosa mangeremo, cosa respireremo e come affronteremo i cambiamenti climatici coi quali dovevamo già fare i conti da tempo.
Il convitato di pietra che ci aspetta seduto al tavolo, convinto che il posto d’onore sia ancora il suo, è sempre lo stesso: chi fa grandi affari con un modello di sviluppo che porta benefici a pochi e ignora i diritti di molti. Riflettiamoci.

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Ps. Un lettore molto attento mi ha molto gentilmente redarguito per aver dimenticato di citare, nell’editoriale sul numero di giugno di citare “le tesi finto ecologiste contestate da tutto il movimento degli agricoltori, sostenute da Vecchioni, De Castro, Coldiretti, Fratelli d’Italia e Crea nel convegno del 30 gennaio 2024, mentre tantissime aziende bio erano in piazza con i loro trattori insieme agli agricoltori convenzionali, vittime della stessa logica che ha visto la chiusura di 168 aziende agricole al giorno nel solo primo trimestre dell’anno”.

Lo faccio volentieri, cosciente che dalle pagine del Salvagente più volte abbiamo ricordato quanto proprio queste posizioni abbiano fatto l’interesse esclusivo proprio di quel convitato di pietra più volte citato nell’editoriale. Repetita iuvant, come dicevano i latini, ricordiamocelo quando avremo in mano le schede elettorali