Pollo, con l’allevamento intensivo raddoppiati i grassi. Test su 18 petti

POLLO GRASSI TEST

La carne di pollo non è più magra come pochi anni fa. Tra razze a rapida crescita, alimentazione squilibrata e poco spazio a disposizione, la composizione nutrizionale è molto cambiata. I risultati delle nostre analisi nel nuovo numero in edicola

Bianca, magra, bilanciata. Sulla carne di pollo non ci sono mai stati dubbi. Eppure a vedere i risultati delle nostre analisi su 18 petti di pollo, interi e a fette, pubblicati nel nuovo numero in edicola e in digitale (acquista qui), le valutazioni vanno sicuramente ritarate, almeno per quanto riguarda il contenuti di grassi. Un petto di pollo crudo, secondo le tabelle di composizione degli alimenti del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, dovrebbe contenere 0,8 grammi di lipidi per 100 grammi di carne.

I nostri risultati mostrano tutt’altro: accanto a petti in linea con le tabelle nutrizionali ufficiali (Todis e Fileni bio, rispettivamente 0,7 e 0,9 grammi di grasso, sono risultati i più magri) troviamo campioni che superano anche di tre volte la soglia: Aia sottilissime di pollo e il filetto di pollo a fette di Esselunga hanno fatto registrare ben 2,5 grammi di sostanza grassa. Tenori lipidici consistenti sono stati riscontrati anche nel Conad petto di pollo a fette (2,2 grammi per 100 g di carne) e Md Bontà di Italia petto di pollo a fette (2,1). I marchi testati sono:

aia, amadori, carrefour, carrefour biocoop, coop viviverde, conad, conad verso natura, elite, esselunga, esselunga smart, eurospin, fileni, in’s, lidl, md

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Al di là dei singoli risultati già la media riscontrata sul nostro campione – 1,6 grammi rispetto agli 0,8 grammi di riferimento del Crea – deve farci riflettere sulla qualità nutrizionale di una carne ottenuta perlopiù da animali allevati in modo intensivo, selezionati per sviluppare il petto e raggiungere in poche settimane (40 giorni per il convenzionale) il peso di macellazione. L’alimentazione e la scarsa possibilità di muoversi – per assenza di spazio ma anche perché lo sviluppo asimmetrico dei pettorali rispetto alle zampe induce gli animali alla sedentarietà – completano il quadro: il pollo è diventato oggi molto più grasso rispetto a qualche anno fa.
“La carne di pollo resta più magra rispetto a quella di suino o bovino, ma negli ultimi 10-15 anni registriamo un aumento della componente lipidica” ci conferma il professor Massimiliano Petracci, docente al Dipartimento di Scienze e tecnologie agro-alimentari dell’Università di Bologna, con il quale conversiamo nelle prossime pagine.
Se confrontiamo i nostri risultati con i dati della tabella nutrizionale di alcuni tagli di bovino la rapida trasformazione del pollo appare più lampante: per il Crea nella fesa di bovino ci sono 1,8 grammi di grassi, nella noce 2,3. Numeri che rischiano non di far impallidire i nostri petti ma di farli “arrossire”, nel senso di assomigliare come apporto di lipidi ad alcuni tagli di carne rossa. Del resto già nel 2017 in un test analogo avevamo registrato l’aumento della componente grassa nella carne di pollo, un fenomeno sempre più correlato all’impiego negli allevamenti di razze a rapida crescita. A preoccupare però, come ci spiega Debora Rasio, oncologa, nutrizionista e ricercatrice all’Università La Sapienza di Roma, non è tanto la quantità ma la qualità di questi lipidi: “Non ci deve preoccupare tanto la ricchezza in grassi quanto il loro profilo: la carne di pollo oggi, infatti, è fortemente squilibrata verso un eccesso di acidi grassi pro-infiammatori Omega-6. E questo dipende dalla dieta degli animali e dal modo in cui sono allevati”.
Il settore avicolo rimane l’unico autosufficiente della zootecnia italiana e il nostro paese risulta ampiamente autosufficiente tra produzione e consumo di queste carni. Con quasi un milione di tonnellate di pollo macellato ogni anno, la filiera riesce a soddisfare la domanda di consumo interna. Ogni anno, in media, ciascun italiano, consuma oltre 16 chili di carni e trasformati di pollo. Una cifra ragguardevole che spesso non fa però con i conti con il modo in cui vengono allevati questi animali e con la trasformazione nutrizionale avvenuta in questi anni.

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Pollo e grassi: le nostre analisi in laboratorio

Biologici, convenzionali, a lenta crescita, interi e a fette: il campione che abbiamo selezionato per il test di questo mese è ben rappresentativo dell’offerta di supermercati e discount. Nel complesso sono 18 i petti di pollo che abbiamo portato in laboratorio per verificare il contenuto di grassi, l’unico valore preso in considerazione per la comparazione.

Origine

Tutti i campioni analizzati sono nati, cresciuti e macellati in Italia. Del resto la filiera avicola è l’unica nel comparto zootecnico autosufficiente per il consumo interno.

Indicazioni

In questa voce sono stati riportati i claim, le dichiarazioni riportate dai produttori in etichetta riferite al tipo di razza impiegata, all’alimentazione e ai criteri di allevamento degli animali. Fileni bio e Carrefour bio sono le uniche due che indicano l’impiego di polli “allevati almeno 81 giorni” il primo e a “lenta crescita” il secondo.

Grassi

Essendo “prodotti non trasformati che contengono un solo ingrediente” il Regolamento 1169/11 “Informazioni sugli alimenti per i consumatori” esonera le confezioni di carne cruda dall’obbligo di riportare la tabella nutrizionale in etichetta. Per questo motivo non ritroviamo sulle confezioni di pollo le dichiarazioni sul contenuto di grassi. Fanno eccezione alcuni produttori che volontariamente riportano la tabella nutrizionale: nel nostro panel sono Lidl e Fileni. Va ricordato che i produttori hanno dei margini di tolleranza analitica molto generosi rispetto ai valori nutrizionali dichiarati in etichetta. Le linee guida sulle tolleranze analitiche del ministero della Salute ammettono un margine di incertezza nella misura di più o meno 1,5 grammi per quantità di grassi inferiori a 10 grammi per 100 grammi di prodotto. Tradotto: se il contenuto di grassi è pari a 3 grammi ad esempio, in caso di controlli ufficiali, il produttore può far valere un margine di errore di 1,5 grammi, in eccesso o in difetto.
Veniamo ai risultati delle nostre analisi. L’idea di valutare il contenuto dei grassi nasce dalla curiosità di capire come le razze a rapida crescita da un lato e l’allevamento intensivo dall’altro avessero influito nella composizione nutrizionale delle carni. Non potendo avere un riscontro in etichetta abbiamo deciso di far analizzare i petti di pollo in laboratorio. E i risultati sono stati molto interessanti. È da premettere che il margine di errore del nostro laboratorio è di 0,1 grammi in più o in meno rispetto al risultato analitico. Una volta ottenuti i risultati sono stati confrontati con il valore nutrizionale dei lipidi presente nella tabella di composizione degli alimenti “pollo, petto, crudo” del Crea, che riporta “0,8 g/100 g”. Possiamo dire che ci sono alcuni campioni in linea con il valore “ufficiale” dei grassi, a cominciare dal pollo Todis e Fileni. La scala però sale facilmente. Nel petto di pollo acquistato da Eurospin abbiamo rilevato 2 grammi di grassi, ovvero più del 150% rispetto al valore di riferimento. Percentuale a tre cifre anche per il petto di pollo acquistato da MD: +162%. Lo scostamento si fa ancora più vistoso con i tenori riscontrati nelle sottilissime di pollo Aia e nel filetto di pollo a fette dell’Esselunga: in entrambi i casi i grassi sono risultati pari a 2,5 grammi, ovvero il 212% in più rispetto al valore di lipidi registrato nelle tabelle nutrizionali del Crea. Davvero una concentrazione elevata.

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