Pfas, Lione in tribunale contro Daikin e Arkema: “Il polo industriale inquina le falde acquifere”

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La città metropolitana di Lione si rivolge al giudice contro i gruppi Arkema France e Daikin Chemical France. Secondo Le Monde, infatti, è stata depositata una richiesta per una perizia sull’inquinamento da Pfas delle acque circostanti il polo industriale. Intanto Greenpeace li ha trovati nel distretto cartario di Lucca

La città metropolitana di Lione si rivolge al giudice contro i gruppi Arkema France e Daikin Chemical France, a capo dei poli industriali con sede nella “valle della chimica”, a sud della capitale della Gallia. Secondo Le Monde, infatti, la comunità ha depositato una richiesta per una perizia sull’inquinamento da Pfas delle acque circostanti.

La produzione di Pfas

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Secondo le informazioni di Le Monde , la comunità presieduta dall’ecologista Bruno Bernard ha depositato martedì 19 marzo un atto di citazione sommaria presso il tribunale di Lione. Questa procedura civile mira a stabilire la realtà, la durata, l’entità e la fonte di questi “eterni inquinanti”, interferenti endocrini e in alcuni casi potenziali cancerogeni, generati dall’attività industriale attribuita ai due gruppi. Daikin, marchio conosciuto in Italia soprattutto per gli elettrodomestici, produce anche materiali chimici tra cui Pfas.

“L’onere della prova va invertito”

Spiega Bruno Bernard, presidente (Les Ecologistes) della città metropolitana di Lione: “L’area attorno alla “valle della chimica” è senza dubbio il settore più inquinato d’Europa da Pfas. Finora i produttori affermano di essersi sempre attenuti ai limiti normativi e che i loro prodotti sostitutivi non presentano alcun pericolo. Insomma, declinano ogni responsabilità. Voglio che l’onere della prova sia invertito. Rispettare le regole va benissimo, ma non basta. Devono dimostrare che i loro prodotti non sono pericolosi. Se sono loro all’origine di questo gigantesco problema di salute pubblica, dovremo assumerne la responsabilità”.

Le analisi di Greenpeace in Toscana

Intanto, dopo il Veneto, la Lombardia e il Piemonte, si apre un caso contaminazione da Pfas anche in Toscana. “Lo scorso gennaio, con una troupe della trasmissione Presadiretta di Rai3, siamo andati in diverse province toscane per analizzare la concentrazione di queste sostanze nei corsi d’acqua vicini agli scarichi dei distretti dell’industria conciaria, tessile, florovivaistica e della carta, e per verificare se la presenza di questi distretti contribuisca alla contaminazione ambientale. Il quadro di contaminazione che emerge dalle nostre analisi è tutt’altro che rassicurante” spiega Greenpeace, facendo riferimento alle immagini mandate in onda lunedì 18 marzo dalla trasmissione di Raitre.

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I risultati dei campionamenti

I campionamenti sono stati effettuati per lo più nei fiumi sia a monte che a valle di questi noti impianti di depurazione industriale:

  • il consorzio Torrente Pescia e Aquapur (distretto carta);
  • i depuratori del distretto conciario (depuratore Aquarno) e del cuoio (depuratore Cuoio-Depur, che scarica nel Rio Malucco);
  • i fiumi Ombrone, Bisenzio e Fosso Calicino (distretto tessile);
  •  il torrente Brana (distretto florovivaistico).

Le concentrazioni più elevate sono state rilevate nel Rio Malucco, nel Fosso Calicino, nel fiume Ombrone e nel Rio Frizzone a Porcari a valle del depuratore Aquapur.

Nel fiume Ombrone la concentrazione a valle del distretto tessile è risultata circa 20 volte superiore rispetto a monte, mentre nel Rio Frizzone a valle del depuratore la presenza di PFAS era di circa 9 volte rispetto a monte. È possibile consultare tutti i dati nel report integrale.

Oltre a rilevare alcune delle singole molecole di Pfas più utilizzate, le analisi di laboratorio hanno permesso di effettuare anche una stima della presenza di tutti i PFAS – un gruppo di oltre diecimila molecole differenti – rilevando il totale del fluoro organico adsorbibile (AOF). “L’applicazione di questa tecnica analitica ha evidenziato le contaminazioni più preoccupanti a valle di uno dei depuratori del distretto tessile a Prato, quello di Calice (4.800 nanogrammi/litro), seguito dal canale Usciana a valle del depuratore Aquarno che riceve gli scarichi del distretto conciario (4.500 nanogrammi/litro) e nel Rio Frizzone a valle del depuratore Aquapur (3.900 nanogrammi/litro) a Porcari, nel distretto cartario lucchese” scrive Greenpeace. 

“Una contaminazione già nota da tempo e ignorata”

Secondo l’associazione ambientalista, “Alcune contaminazioni che emergono dalle nostre analisi sono casi ben documentati da almeno dieci anni, ma la Regione Toscana non ha mai affrontato seriamente il problema, né adottato un provvedimento sugli scarichi industriali”.  In Toscana gli impatti dell’industria conciaria, tessile, florovivaistica e del cuoio erano infatti già stati evidenziati da uno studio del 2013 del CNR-IRSA e dai rilievi annuali di ARPAT. “Le nostre analisi provano tuttavia che anche il distretto cartario lucchese contribuisce all’inquinamento da Pfas. Una scoperta che non sorprende, considerato che l’impiego di queste molecole nell’industria della carta è ben noto, ma la questione non è mai stata approfondita dagli enti preposti toscani” conclude Greenpeace.