Coltivo il tè a Lucca, resiste al freddo e i cinesi vengono a studiare le mie piante

Tè LUCCA

Guido Cattolica, agronomo, ha una piantagione a Sant’Andrea di Compito: “Ci sono voluti tanti anni per adattare una pianta subtropicale a un clima rigido ma ho vinto la mia sfida”. Il suo racconto nel numero in edicola con il test su 14 tè (gran parte bocciati per glifosato)

Ci sono voluti quattro anni per il primo raccolto, ma sono servite molto di più la passione, la testardaggine e la competenza per adattare una pianta tipicamente subtropicale a un clima decisamente più freddo e selezionare una linea di pianta del tè resistente alle nostre temperature. “Oggi ho 2.500 piante e produco 12-15 chili ogni anno, circa 1.500 confezioni di quattro tipi di tè” ci racconta Guido Cattolica, il signore del tè dell’Antica Chiusa Borrini la prima piantagione sorta in Italia a Sant’Andrea di Compito vicino Lucca.

Lo abbiamo intervistato nel numero in edicola e in digitale dove abbiamo pubblicati i risultati di un test su 14 tè commerciali scoprendo che ben in 11 c’è glifosato (qui per leggere l’anticipazione dei risultati).

Agronomo e grande appassionate di camelie, Cattolica ha il tè nel sangue: alcuni suoi antenati avevano addirittura gestito una piantagione in India, nella regione di Assam, per conto degli inglesi. “Leggendo poi i diari del mio quadrisavolo Angelo Borrini è cresciuta una grande curiosità per questa coltivazione. Devo dire che mi sono sempre piaciute le camelie – tuttora le coltivo – e del resto la pianta del tè è la Camelia sinensis. Ho lavorato per anni nell’Orto botanico di Lucca e li mi sono imbattuto in due piante di tè. Durante l’inverno dell’85, freddo e nevoso, le piante non hanno resistito ma avevo dei semi e dei germogli e ho provato nel 1986 a piantarli nella mia tenuta. Diciamo che li è cominciata la fase di acclimatazione. Il primo raccolto è arrivato solo nel 1990 ma avevo vinto la prima sfida: selezionare una pianta resistente al freddo”.
In Europa all’epoca c’erano solo due piantagioni di tè: alle isole Azzorre e a Sant’Andrea di Compito, quella del dottor Cattolica. “Negli anni sono cresciute anche grazie ai miei input e così oggi c’è una coltivazione sul Lago Maggiore e altre tre tra Francia e Scozia”.

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Come si coltiva il tè in Italia? “Diciamo che i cambiamenti climatici consentono negli ultimi anni di avere degli inverni meno freddi ma la mia linea ha dimostrato di resistere anche a meno 12 gradi centigradi, tanto che anche alcune delegazioni cinesi vengono a farmi visita per capire come ho selezionato la pianta per renderla così resistente alle rigide temperature”.

La tenuta dell’Antica Chiusa Borrini oggi conta 2.500 piante distribuite su cinque terrazzamenti. “Il tè lo coltivo in campo aperto: durante l’estate sono ricoperte da un ombrario per ripararle dal sole mentre d’inverno le scopro. Non uso prodotti chimici e nessun trattamento di sintesi: dalla coltivazione al raccolto fino al confezionamento faccio tutto io a mano. Le scatole le stampo in una tipografia e poi le ricompongo così come i filtri li faccio produrre con un tessuto particolare in Germania”.
Sono quattro le tipologie di tè prodotto dal dottor Cattolica – bianco, verde, Oolong e nero – ma ovviamente la pianta è sempre la stessa. “Il tè cambia non in base alla specie della pianta ma al processo di ossidazione alle quali sono sottoposte le foglie: assente nel bianco e nel verde, presente nelle altre due tipologie”. Anche il numero di foglie raccolte non cambia mai: “Sono solo tre e prendono il nome dalla denominazione cinese tip, orange e pekoe. Sono i giovani germogli raccolti in aprile per il tè bianco e verde, ai primi di maggio per fare l’Oolong e all’inizio di luglio per ottenere il nero”. Dalla raccolta al confezionamento passano circa tre giorni, ma le procedure sono diverse. “Le foglie per il tè bianco e verde sono subito sottoposte a un trattamento termico veloce, chiamato stabilizzazione, che dura circa tre minuti e raggiunge i 100 gradi: così facendo si evita l’ossidazione del raccolto”. Diverso il procedimento per il tè Oolong e nero: “Le foglie sono sottoposte a rollatura, cioè si rompono e vengono lasciate 8-10 ore all’aria per farle ossidare”. Finiti i trattamenti vengono “rotte” e fatte essiccare – “così facendo le rendi immuni dalle muffe” – per disidratare completamente il composto.
A quel punto il prodotto è pronto per finire nei filtri e poi in scatola.
Il diverso procedimento seguito incide anche sugli aspetti nutrizionali. “L’ossidazione riduce notevolmente il contenuto di polifenoli e di alcune vitamine che invece ritroviamo maggiormente nei tè bianchi e verdi. Tuttavia l’ossidazione conferisce al tè un gusto più forte e deciso, tipico dell’Oolong e del nero”.

Non c’è dubbio che il tè dell’Antica Chiusa Borrini sia un’eccellenza tutta italiana. “Il tè di alta qualità lo si produce raccogliendo solo le prime tre foglie della pianta e non fino alla sesta come fanno i produttori industriali”.
Qual è il segreto per gustare un ottimo tè? “Scegliere un prodotto di qualità è importante ma soprattutto usare un’acqua acidula e per niente calcarea”. Prima di congedare il signore del tè gli chiediamo se ha ancora una sfida da portare a termine. “Ho acquistato un piccolo appezzamento sulle isole Azzorre e sto avviando una coltivazione per produrre tè Oolong, una tipologia che non viene prodotta in loco. Il clima e il terreno di origine vulcanica creano in quelle isole le condizioni ideali per coltivare il tè. Inoltre – conclude il nostro interlocutore – l’alta piovosità consente di non irrigare le piante. Insomma spero anche questa volta di riuscire nell’impresa!”.