Mandorle contaminate, un trattamento può farle tornare commestibili?

MANDORLE

Il caso dei 20mila chilogrammi di mandorle californiane bloccato nel porto di Vado Ligure ha destato molta impressione. Abbiamo chiesto alla professoressa Luana Izzo, dell’Università di Napoli di farci capire se un trattamento prima del consumo può far scomparire le micotossine in un alimento.

Il caso, lo ricorderete, aveva fatto molto scalpore: un carico di 20mila chilogrammi di mandorle californiane destinato al consumo umano con “parti marce, presenza di rancidità, danni da insetti, larve, muffe e bave sericee” bloccato nel porto di Vado Ligure dall’Agenzia delle Dogane e dagli ispettori del ministero della Salute. L’importatore la Alfrus di Bari, con sede anche a Udine, controllata dal colosso Usa Pomona Farming, aveva presentato un ricorso sostenendo che “il preteso danno alla salute umana sarebbe necessariamente da escludersi, in considerazione del fatto che i prodotti non verrebbero commercializzati tal quali nel canale di vendita business to consumer (B2C), e che, anteriormente alla vendita business to business (B2B), sono soggetti a lavorazioni e trattamenti idonei ad eliminare qualsiasi rischio per la salute umana”. Le operazioni normalmente effettuate in questo caso sono “fumigazioni, lavaggi ad alte temperature e pelatura”, atte a rendere commestibili le stesse mandorle.

Ma possibile che si possano commercializzare mandorle contaminate se poi vengono sottoposte a lavorazione e trattamenti idonei? Ed è pensabile che la contaminazione sparisca?

Abbiamo chiesto una risposta a queste domande – che in molti si sono posti – a Luana Izzo, docente di chimica degli alimenti presso il dipartimento di farmacia dell’Università Federico II di Napoli.

“I limiti normativi sui livelli significativi di micotossine negli alimenti e nei mangimi – ci dice la dottoressa Izzo – sono stabiliti da varie autorità in tutto il mondo come la Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l’Organizzazione per l’agricoltura alimentare (FAO) e l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). In Europa, l’attuale normativa in vigore che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari è il Regolamento (CE) N. 1881/2006”.

Un “trattamento” può far scomparire una contaminazione importante?

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Spiega Luana Izzo: “Le micotossine sono tra le tossine più importanti e pericolose associate alla sicurezza alimentare, la maggior parte di esse rimane chimicamente e termicamente stabile durante le diverse tecnologie di lavorazione degli alimenti. Nella lotta alle micotossine, la prevenzione è la strategia più importante da applicare in tutte le fasi di pre e post-raccolta, incluse materie prime e alimenti trasformati. I metodi di disintossicazione applicabili come, ad esempio, il trattamento con ozono utilizzato per disinfettare cereali, verdure e frutta o per disintossicare le micotossine, o la disintossicazione enzimatica che unisce le caratteristiche del trattamento chimico e biologico, o il trattamento con ammoniaca, idrossido di sodio e di potassio spesso utilizzati nella degradazione dell’AFB1 (la temibile aflatossina, ndr) nell’olio contaminato, così come tanti altri disponibili, possono ridurre la contaminazione ma non eliminarla in maniera esaustiva. E se la matrice risulta già notevolmente contaminata oltre ai limiti consentiti dai regolamenti in vigore, una riduzione della contaminazione non sarà chiaramente idonea a garantire la totale eliminazione e conseguenzialmente la sicurezza di un consumo sicuro”.