Olio extravergine, così la corsa dei prezzi penalizza la qualità

OLIO EXTRAVERGINE

In due anni i prezzi sono aumentati fino al 56%. “È crollata la produzione spagnola e ha innescato la spirale inflattiva”, spiega Alberto Grimelli di TeatroNaturale. “In calo le vendite e le bottiglie restano più tempo sugli scaffali, con il rischio di irrancidirsi”. Il nostro test in edicola su 20 bottiglie di olio extravergine

In due anni il prezzo medio di un litro di miscela di oli comunitari – senza considerare le promozioni – è aumentato del 56% passando da 4,15 euro agli attuali 6,49. In netto rialzo anche i listini del 100% italiano: seguendo le indicazioni di TeatroNaturale.it, portale di riferimento per il settore oleario in Italia, un litro made in Italy nell’ultimo biennio è rincarato di quasi il 25%, passando da 7,25 euro a quasi 9 euro. Il tutto a discapito della qualità come mostrano i risultati del nostro test su 20 bottiglie di oli extravergine pubblicato nel numero del Salvagente in edicola: ben 11 sono risultati dei semplici oli vergini.

Ci spiega Alberto Grimelli, agronomo e direttore di TeatroNaturale: “Il vertiginoso calo di produzione in Spagna soprattutto, ma anche in Italia e Tunisia ha provocato una scarsa disponibilità della materia prima con conseguente riflesso sui prezzi”. Nella campagna olearia 2022-2023 la produzione iberica – primo produttore al mondo – si è dimezzata passando dalle “normali” 1,5 milioni di tonnellate alle 780mila di quest’anno. Nello stesso periodo sono mancate 150mila tonnellate di olio italiano – a fronte delle 300-350mila prodotte in media – e circa 100mila dalla Tunisia. In controtendenza la produzione greca che però non è stata minimamente sufficiente a compensare il crollo di olio a disposizione dei paesi del Mediterraneo. “Il risultato – aggiunge Grimelli – è disastroso: c’è poco olio, mediamente quello spagnolo e tunisino quest’anno è di cattiva qualità, a causa di problemi climatici, siccità e alte temperature in primis, e questi deficit li stiamo pagando con prezzi elevati sugli scaffali”.

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Una situazione inflattiva destinata a perdurare. “Per due motivi” spiega l’esperto: “Le scorte stanno finendo e i primi indicatori dicono che anche la prossima campagna olearia in Spagna sarà magra”. Le ultime quotazioni spagnole parlano di un litro di olio comunitario venduto all’ingrosso a 5,50 euro: “Un prezzo – chiosa l’esperto – che non si è mai raggiunto negli ultimi 20 anni. Anche la corsa dell’olio italiano non si sta fermando visto che siamo arrivati a 6,50 euro all’ingrosso”.
I contraccolpi sulle vendite si fanno sentire tutti. Nel primo trimestre 2023 rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, si registra un calo di vendite nei supermercati soprattutto di miscele comunitarie (i meno cari) che va dal 10 al 25% a seconda della zona (più marcato al Nord, meno evidente al Sud).

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Olio sullo scaffale per più tempo: rischio di irrancidirsi

I carrelli si svuotano e le bottiglie restano sugli scaffali con evidenti effetti sulla qualità dell’extravergine. “In media – ci spiega il direttore di TeatroNaturale la vita a scaffale di una miscela di oli comunitari è di circa 3 mesi: la rotazione è alta, anche grazie alle promozioni. Ora i prezzi alti e in generale la crisi economica spinge i consumatori a comprare di meno e gli oli stazionano in media da uno a un mese in mezzo in più nei supermercati”. Con quali conseguenze sulla qualità contenuta in bottiglia? “L’olio è un prodotto vivo, sul quale influiscono le condizioni esterne, luce e calore in particolare, del luogo in cui viene conservato. Più tempo passa su uno scaffale, più viene esposto ai neon, maggiore è il pericolo di provocare il difetto di rancido dell’extravergine. Se è vero che è difficile attribuire le cause a questo tipo difetto organolettico, è pur vero che l’esposizione alla luce è una delle condizioni che provoca l’irrancidimento degli oli extravergini”.

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