Un nostro lettore si chiede se l’indicazione dell’origine del grano sia obbliagatoria sulle confezioni di farine. Ecco cosa prevede la normativa comunitaria e quella nazionale
Caro Salvagente
se la dicitura sulla provenienza del grano sui pacchi di farina è obbligatorio perché non lo è sulla farina? Per le farine valgono disposizioni legislative diverse? Oppure è previsto ma le aziende non lo riportano? Ve lo chiedo perché trovo strano questa differenza.
Daniele Lapenna, Cagliari
La domanda del nostro lettore ci consente di fare un po’ di chiarezza su quali cibi è obbligatorio indicare l’origine della materia prima. Chiariamolo subito: sulla pasta sì, sulla farina no, nonostante a titolo volontario diversi produttori indicano anche sulle confezioni di farina la provenienza del grano tenere.
Il governo italiano dal 2017 in virtù di quanto previsto dal Regolamento 1169/2011 – ovvero quando uno Stato membro registra l’interesse dei consumatori di conoscere la provenienza della materia prima di un certo alimento confezionato può in via sperimentale introdurre l’obbligo in etichetta – ha introdotto via via con i cosiddetti decreti Origine (il primo sulla pasta dall’allora ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina) l’obbligo in via sperimentale per i seguenti alimenti:
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- Grano/pasta;
- Riso;
- Derivati e conserve di pomodoro;
- Latte Uht, burro e formaggi;
- Carne suina come ingrediente (salumi e insaccati);
Tale obbligo di etichettare l’origine è stato confermato anche per l’anno in corso dai ministeri competenti.
In tutto questo la farina purtroppo non rientra e quindi i produttori non sono obbligati a indicare il paese di origine di coltivazione e di molitura del grano come avviene invece con la pasta, recentemente confermato dal Tar del Lazio che ha rigettato il ricorso presentato dai produttori, Barilla, Rummo, De Cecco e Molisana in primis.