Imballaggi monouso, Bruxelles presenta il divieto graduale. L’industria italiana protesta

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il nuovo regolamento sul packaging presentato dalla Commissione Ue, prevede lo stop a bustine di zucchero, mini-flaconi di sapone liquido e shampoo negli hotel, imballaggi monouso per frutta e verdura. Aspre critiche anche dal ministero dell’Ambiente

 

“Nessuno vuole mettere fine alle pratiche di riciclo che funzionano bene o mettere in pericolo gli investimenti sottostanti. So che in Italia moltissimo già è stato fatto sul riciclo, vogliamo ancora di più, non di meno, non c’è competizione tra i due approcci”. Se il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans durante la conferenza stampa di presentazione delle nuove norme che vieteranno gran parte degli imballaggi monouso, ha deciso di fare questo passaggio parlando in italiano, è perché sa benissimo che per la filiera produttiva tricolore la nuova norma potrebbe avere un impatto pesante. Eppure, se l’intenzione è quella di ridurre l’enorme mole di imballaggi, di plastica ma non solo, che quotidianamente invadono l’ambiente, inquinando pesantemente aria, terra e acqua, la direzione non può che essere questa.

Stop a bustine, mini shampoo e monouso per frutta

E infatti, il nuovo regolamento sul packaging presentato dalla Commissione Ue, prevede lo stop a bustine di zucchero, mini-flaconi di sapone liquido e shampoo negli hotel, imballaggi monouso per frutta e verdura e per il consumo sul posto in bar e ristoranti. L’impegno che si chiede a ogni paese membro è un taglio del 15% pro-capite entro il 2040 dei rifiuti di imballaggio rispetto ai livelli del 2018, declinato con percentuali diverse a seconda dei settori. L’obiettivo deve essere raggiunto in modo graduale: 5% di riduzione rispetto al 2018 entro il 2030 e 10% entro il 2035. Entro il 2040, per esempio, l’80% delle vendite di bevande da asporto dovrà essere servito in imballaggi riutilizzabili o usando i contenitori dei clienti.

Capsule compostabili e té rimangono fuori

La misura non riguarda invece bustine da tè, capsule e cialde di caffè compostabili e prevede anche l’introduzione di sistemi obbligatori di cauzione-rimborso per le bottiglie di plastica e le lattine di alluminio. Entro il 2030, in generale, tutti gli imballaggi dovranno essere riciclabili e dovrà aumentare la quantità di plastica riciclata utilizzata secondo obiettivi vincolanti.

Le proteste dell’Italia

Alla notizia, non sono mancate le critiche, arrivate soprattutto dalla filiera degli imballaggi. Secondo l’ex presidente di Confindustria, Antonio D’Amato, industriale nel settore del packaging con la Seda, società che opera a livello internazionale nella produzione di imballaggi alimentari, il regolamento sugli imballaggi su cui sta lavorando la Commissione Europea “sarebbe devastante per l’ambiente, per l’economia e per milioni di lavoratori”, ed è “assolutamente contraddittorio con gli obiettivi di riduzione dell’impatto ambientale che la stessa Commissione cerca di portare avanti”. D’Amato aggiunge: “La scelta di previlegiare il riuso rispetto al riciclo è un cambiamento di direzione estremamente pregiudizievole per l’ambiente. Specialmente per l’imballaggio alimentare abbiamo dati scientifici, inoppugnabili, certificati, documentati anche con tutte le più stringenti richieste della Comunità europea in termini di studi di impatto ambientale, che dimostrano chiaramente che il monouso in carta, soprattutto nella ristorazione e nella ristorazione veloce, è nettamente migliore dal punto di vista della produzione di CO2 e del consumo di acqua, ed in modo significativo, parliamo parlando dicirca quattro volte in meno per emissioni di C02 e di oltre cinque o sei volte in meno per consumo di acqua.”

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Anche il viceministro dell’Ambiente totalmente contrario

Colpisce, però, che anche la viceministra all’Ambiente, Vannia Gava, sia così schiacciata sulla posizione dell’industria contro la misura, definendola “un muro ideologico”, e sottolineando “l’assenza di aperture al confronto e l’inadeguatezza davanti a situazioni di eccellenza come quella del nostro Paese”, mentre per Tiziana Beghin, capodelegazione del M5S al Parlamento Ue «è la strada giusta”. La proposta sarà esaminata dal Parlamento Ue e dal Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria.