Qual è l’impatto ambientale di un inceneritore

INCENERITORE

Quanto inquina un inceneritore e qual è l’alternativa più efficace e sostenibile ai termovalorizzatori

Gli inceneritori sono complessi deputati all’incenerimento, tramite combustione, dei rifiuti. Gli obiettivi di un inceneritore sono essenzialmente due:

  • eliminare, utilizzandoli come combustibili, i rifiuti;
  • produrre energia con il calore prodotto dalla combustione.

In considerazione di questo secondo obiettivo, si sente spesso parlare, in alternativa al corretto termine “inceneritore”, di termovalorizzatori. Il termine, tuttavia, è utilizzato in maniera impropria e spesso fuorviante. Di fatto, la quantità energetica ricavabile dal processo di combustione dei rifiuti è di molto inferiore al rendimento di qualsiasi centrale elettrica tradizionale; inoltre, l’intero processo di incenerimento (dalla raccolta allo smaltimento delle ceneri di scarto) consuma molta più energia di quanta ne occorrerebbe valorizzando il rifiuto con il riuso (raccolta differenziata, trattamento e riciclo).

L’intervento dell’Accademia della Crusca

Sul punto si è espressa anche l’Accademia della Crusca, portando l’attenzione sullo strumentalità insita alla preferenza per la denominazione di “termovalorizzatore“. “Si tratta – spiegano gli esperti della Crusca – di impianti di incenerimento in cui i rifiuti vengono smaltiti mediante un processo di combustione ad alta temperatura che produce ceneri, polveri e gas come quelli (gli impianti) preesistenti, con la differenza che il calore prodotto viene recuperato e utilizzato per produrre vapore e quindi energia elettrica”.

Sempre la Crusca sostiene che “questo spostamento semantico” viene “appoggiato dall’intenzione, da parte di produttori degli impianti e di amministratori, di allontanare nell’opinione pubblica l’idea della pericolosità ambientale e sottolineare il richiamo al valore dell’energia prodotta”.

Come funziona un inceneritore?

Il funzionamento di un inceneritore potrebbe essere suddiviso in sei fasi:

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  1. Arrivo dei rifiuti: provenienti dagli impianti di selezione del territorio, i rifiuti vengono stoccati in un’area dell’impianto dotata di sistemi di aspirazione, per evitare il disperdersi di cattivi odori. Mediante una gru, i rifiuti vengono poi depositati nel forno;
  2. Combustione: a questo scopo, il forno è solitamente dotato di una o più griglie mobili per permettere il continuo movimento dei rifiuti durante la combustione. Una corrente d’aria forzata viene inserita nel forno per apportare la necessaria quantità di ossigeno che permetta la migliore combustione, mantenendo così molto alta la temperatura Qualora il potere calorifico del combustibile sia basso, viene immesso gas metano;
  3. Produzione del vapore: la forte emissione di calore prodotta dalla combustione di metano e rifiuti porta a vaporizzare l’acqua in circolazione nella caldaia posta a valle;
  4. Produzione di energia elettrica: il vapore generato mette in movimento una turbina che, accoppiata ad un motoriduttore ed alternatore, trasforma l’energia termica in energia elettrica;
  5. Estrazione delle ceneri: le componenti dei rifiuti non combustibili (circa il 10% del volume totale ed il 30% in peso rispetto al rifiuto in ingresso) vengono raccolte in una vasca piena d’acqua posta a valle dell’ultima griglia. Le scorie, raffreddate in questo modo, sono quindi estratte e smaltite in discariche speciali, mentre le polveri fini (circa il 4% del peso del rifiuto in ingresso) intercettate dai sistemi di filtrazione sono normalmente classificate come rifiuti speciali pericolosi;
  6. Trattamento dei fumi: dopo la combustione, i fumi caldi passano in un sistema multi-stadio di filtraggio per l’abbattimento del contenuto di agenti inquinanti sia chimici che solidi. Dopo il trattamento e il raffreddamento, i fumi vengono rilasciati in atmosfera a circa 140° C

Qual è l’impatto ambientale di un inceneritore?

Già il citato intervento della Crusca permetterebbe di supporre che, lungi da quanto si voglia far credere, l’impatto ambientale degli inceneritori è ben lontano dall’essere nullo. Certo è che le cose sono cambiate negli ultimi anni e le scarse performance della prima generazione di inceneritori non sono paragonabili a quelle degli impianti di ultima generazione, che recuperano sotto forma di energia elettrica l’85% del calore prodotto dalla combustione dei rifiuti. Nonostante tutto, trattandosi di impianti industriali, gli effetti emissivi sono quelli tipici di un processo di combustione sia in termini di microinquinanti (tra cui Ipa, diossine, furani e idrocarburi aromatici), macroinquinanti (tra cui NH3 e PM2,5), e particolato (Pm10), come rileva uno studio condotto dall’Ispra, soprattutto nella sua frazione fine.

Ma come si calcola l’impatto di un inceneritore? Le misurazioni e i campionamenti delle emissioni vengono effettuati in una sezione adeguata del camino di espulsione, quindi non sono possibili interferenze da altre fonti. I sensori che rilevano gli inquinanti vengono posizionati direttamente nel “tubo di scarico” degli impianti.

Se è quindi vero che l’inceneritore produce energia, altrettanto vero è che produce anche anidride carbonica ed altre sostanze nemiche del clima. L’emissione di carbonio dell’incenerimento è tra i 650 e gli 800 grammi di anidride carbonica fossile per ogni kWh prodotto. In considerazione del fatto che le caratteristiche peculiari di un inceneritore sono la combustione, con conseguente rilascio in atmosfera di inquinanti sottilissimi e dannosi alla salute, e la produzione di ceneri di scarto che, rappresentano in peso il 30% del rifiuto in ingresso bruciato, quel che rimane sono dati preoccupanti: al termine del processo di incenerimento, i rifiuti in entrata vengono eliminati solo per il 70% del loro volume, creando quindi un ulteriore problema, quello dello smaltimento delle ceneri stesse.
Per quanto riguarda le emissioni inquinanti, questi impianti sono dotati di sistemi di controllo che dovrebbero garantirne un rilascio ridotto, anche se permangono dei dubbi sull’effettiva efficacia di tali sistemi di contenimento, poiché le altissime temperature utilizzate nel processo di combustione producono nanoparticelle finissime che sfuggono al controllo.

Nel considerare il possibile impatto ambientale degli inceneritori, basta pensare al fatto che tali impianti operano costantemente per 24 ore al giorno nell’arco di un intero anno, ad eccezione dei momenti dedicati alle attività di manutenzione. In questo modo, ogni inceneritore comporta l’immissione in atmosfera di milioni di metri cubi di fumi tossici al giorno costituiti, oltre che dalle diossine, da almeno 200/250 differenti composti chimici che possono creare problemi di salute. Le polveri fini e finissime, per esempio, che sono sempre prodotte attraverso un processo di combustione, riescono ad entrare nell’organismo a causa delle dimensioni piccolissime, determinando problemi respiratori, metabolici e alterando la funzionalità di specifici organi-bersaglio.

Impatto sulla salute

Per rispondere alla domanda sull’effettivo impatto sulla salute degli inceneritori si prendano in considerazione alcuni dati. Tra questi,uno studio condotto da Zero Waste Europe (ZWE) prende in esame tre termovalorizzatori di ultima generazione: per quantificarne gli effetti sulla salute misura il bioaccumulo degli inquinanti (il processo attraverso cui sostanze tossiche si accumulano all’interno di un organismo) nelle zone intorno agli impianti. In particolare, lo studio si è concentrato sugli Idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), noti per le loro proprietà mutagene e cancerogene. Gli Ipa trovati sugli aghi di pino vicino all’inceneritore di Pilsen (Repubblica Ceca) sono 87 volte superiori alla quantità rilevata negli aghi di pino in altre zone della città. I policlorobifenili (Pcb, sostanze cancerogene per l’uomo) sono risultati tre volte superiori alla media in tutti i casi di studio. Le analisi condotte dimostrano che nella maggior parte dei casi si superano i limiti definiti dall’Ue per la sicurezza alimentare.

I risultati di questo studio potrebbero essere contestati – e lo sono stati – da tutti coloro sostengano che “diverso è il caso dei monitoraggi dell’aria ambientale che possono risentire delle immissioni di diverse fonti”. Si sostiene, infatti, che se la maggiore fonte di alcune sostanze inquinanti è il traffico veicolare, e le misurazioni relative un impianto avvengono in aree in cui il vento porta sistematicamente i fumi di scarico delle auto che corrono sulla vicina autostrada, è difficile stabilire una relazione causale tra le concentrazioni misurate e l’impianto di incenerimento. Lo studio ZWE, tuttavia, ha tenuto conto anche di questo nel monitorare l’inceneritore di Pilsen che, sorgendo in un’area di campagna isolata e dunque poco influenzata da altri agenti inquinanti, ha riportato dati empirici significativi alla tesi secondo cui gli inceneritori inquinano.

Conclusioni: il rapporto “Rifiuti urbani 2021”

Per dare un’opinione avvalorata da dati quantitativi sull’argomento, si citano i dati Ispra del rapporto “Rifiuti urbani 2021, secondo il quale i rifiuti prodotti in Italia dall’incenerimento dei rifiuti urbani sarebbero così costituiti:

  • 73% da ceneri pesanti e da scorie non pericolose;
  • 14,1% da rifiuti pericolosi provenienti da processi di abbattimento dei fumi;
  • 10,2% da ceneri leggere, ceneri pesanti e scorie pericolose;

In quanto agli inquinanti presenti nei fumi prodotti dagli inceneritori, essi comprendono:

  • composti tipici del processo di combustione in senso generale – particolato e alcuni gas acidi come SO2 e Nox;
  • sostanze specifiche della combustione del rifiuto, altri gas, tracce di alcuni metalli pesanti come cadmio e mercurio, diossine, furani e idrocarburi.

Diossine e furani sono le sostanze considerate più pericolose dalla normativa e sui cui livelli di emissione si basano principalmente i procedimenti autorizzativi per l’apertura di un termovalorizzatore.