“Mai prima di un anno”. Ma dopo che latte vaccino per i nostri bambini? Il test

26 marche di latte vaccino analizzate per il contenuto di glutammina e acido glutammico, due aminoacidi di cui è molto ricco quello materno. E dal confronto emerge un quadro molto interessante e la possibilità di scelta

Il latte vaccino è uno degli alimenti più facilmente disponibili in Italia. Ce n’è uno per ogni esigenza, uno per qualunque gusto e abitudine ed è comprensibile che, al momento dello svezzamento, ci siano genitori che pensano di passare da quello materno a quello di vacca. Per questo il Salvagente, ha deciso di fare un approfondimento, portando in laboratorio 26 latti vaccini delle marche più vendute in Italia, con un taglio particolare: quanto differisce il latte vaccino che troviamo sul mercato da quello materno?
Assieme al prezioso contributo di Alberto Ritieni, professore di Chimica degli alimenti del dipartimento di Farmacia dell’Università Federico II di Napoli, abbiamo scelto di quantificare glutammina e acido glutammico di latti freschi interi, biologici, microfiltrati, fieno e delattosati.

I due aminoacidi essenziali per la loro crescita

Perché questi due aminoacidi in particolare? Perché come spiega il professor Ruggiero Francavilla dell’Università di Bari nel servizio, si tratta di due proteine fondamentali per

I risultati delle analisi su 26 latti vaccini, interi, microfiltrati, fieno, biologici e delattosati, li trovate nel numero in edicola a novembre del Salvagente e in edizione digitale qui

la crescita e la salute della prima infanzia e non a caso ne è molto ricco il latte materno, l’alimento che rappresenta chiaramente il formulato ideale per ogni bambino.
Proprio dal confronto con il primo cibo di ogni neonato, come scoprirete dalle tabelle pubblicate nel numero in edicola del Salvagente (in digitale qui), si scopre facilmente come quello vaccino sia più che carente di queste due sostanze: nel caso migliore si arriva appena al 4%, nel peggiore non si totalizza neppure l’1% di glutammina e acido glutammico di quanto contenuto nel latte materno.
Non solo. All’interno del nostro confronto ci sono variazioni anche molto forti tra un prodotto e l’altro e se mettiamo a confronto la quantità di queste due proteine rispetto agli acidi grassi essenziali (quelli che dobbiamo necessariamente assumere dai cibi, visto che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare da solo) troviamo una scala di valori che può aiutarci nella scelta.

Come scegliere il latte dopo l’anno di vita

Infatti, anche dopo l’anno di vita, quando l’allattamento al seno può terminare, il bambino di certo non diventa un piccolo adulto. Quello che gli faceva bene prima dei 12 mesi, insomma, continua a essere utile anche dopo, dato che gli adattamenti fisiologici sono sempre lenti.
Ragione sufficiente per scegliere un prodotto che, seppure non si avvicina minimamente al latte materno, abbia almeno una quantità maggiore di quelle sostanze che madre natura ha previsto – e non a caso – nell’alimentazione materna.

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Il professor Ritieni: “Abbiamo cercato il meno lontano da quello materno”

Il professor Alberto Ritieni parte da una considerazione: “In media il latte bovino contiene poco più di 30 grammi per litro di proteine e per molti viene considerato una buona fonte di amminoacidi essenziali ovvero di quei mattoni alla base delle nostre proteine che non sappiamo costruire da soli.

I dati delle nostre analisi raccontano della valutazione degli amminoacidi liberi presenti nelle diverse tipologie di latti bovini e, in particolare, della concentrazione di due amminoacidi come l’acido glutammico e la glutammina. Due amminoacidi non essenziali, ma che rappresentano un buon metro di similitudine dei vari latti commerciali nei confronti del latte materno. L’obiettivo non era  di cercare ciò che più somigliasse al latte materno, ma piuttosto quello che meno se ne discostava“.

Una risposta ai tanti genitori che si chiedono dopo un anno come scegliere il latte per il proprio figlio: “Il nostro approccio da questo punto di vista è originale, tant’è che in letteratura ben poco esiste, perché tiene conto di una realtà spesso incontrovertibile per cui si introduce il latte bovino in tempi precoci per il bambino in crescita. Si è voluto valutare quanto questo contenuto possa essere, per un bambino oltre l’anno di età, più o meno impattante sulla sua futura salute”.

Le conclusioni, da parte del professore di Chimica degli alimenti sono chiare: “I dati raccolti confermano che il latte materno è un unicum che non è possibile imitabile, ma dimostrano anche che i vari latti bovini non sono fra loro identici, che la specie, la nutrizione degli animali, che il periodo di mungitura e mille altri fattori possono determinare delle differenze. La possibilità che offre questo studio è quella di evidenziare delle differenze e di conseguenza stimolare la scelta di un latte bovino il meno diverso possibile rispetto al materno per quanto riguarda la presenza di questi amminoacidi liberi, naturalmente, rispettando le linee guida della nutrizione pediatrica”.

Senza dimenticare l’obiettivo, spiega Ritieni, “di fornire agli allevatori un ulteriore parametro che può essere o meno condiviso in prospettiva di latti bovini più adatti alla crescita del bambino in fase di svezzamento”.

 

Il pediatra: “Questi dati lo confermano: mai prima di un anno”

Il Salvagente ha chiamato a studiare e commentare i dati ottenuti dal test Ruggero Francavilla, Ordinario Clinica pediatrica I Dipartimento interdisciplinare di medicina Università degli Studi Aldo Moro – Bari e Responsabile UOS Gastroenterologia ed epatologia pediatrica Ospedale pediatrico Giovanni XXIII, Bari.
Osserva il professore: “I latti che scegliamo sugli scaffali di un qualunque negozio sono tutti uguali? Superficialmente potremmo dire di sì; tuttavia se li analizziamo nel dettaglio ci accorgiamo che la composizione non è adatta a tutte le età. Di questo ce ne dà dimostrazione lo studio condotto per il Salvagente dal professor Alberto Ritieni. Perché questa analisi dovrebbe interessarci? Il motivo deve essere ricercato nella abitudine a utilizzare il latte vaccino anche nel primo anno di vita, pratica questa che va contro le linee guida delle società scientifiche internazionali ma che tuttavia accade ancora troppo spesso. Questa recente scoperta ci permette di fare alcune osservazioni importanti in merito alla alimentazione infantile.”

Francavilla scende nel dettaglio: “Sappiamo bene che il latte materno è l’alimento ottimale per tutti i lattanti sani e che tale alimento dovrebbe essere utilizzato fino al primo anno di vita. Per tutti quei lattanti che non possono essere gratificati dal latte materno sono in commercio delle formulazioni di latte che cercano nel migliore dei modi di imitare il latte materno. L’adozione di queste formule è regolamentata e documenti scientifici sconsigliano fortemente il consumo del latte vaccino prima dei 12 mesi di vita.
I motivi per i quali il latte vaccino deve essere somministrato dopo l’anno di vita sono molteplici. In primo luogo latte vaccino è caratterizzato da una quantità eccessiva di proteine (circa il triplo del latte materno) che incrementa significativamente il rischio di sviluppare sovrappeso e obesità negli anni successivi. Inoltre il latte vaccino ha un eccesso di sali minerali che può determinare un sovraccarico della funzione renale, contiene livelli di ferro bassi e poco assorbibili aumentando la probabilità di andare incontro a un’anemia o a una carenza di ferro che possono influire negativamente anche sullo sviluppo psicomotorio e comportamentale del bambino”.
E aggiunge: “Infine, il latte vaccino non contiene a sufficienza acidi grassi essenziali e vitamine per il normale sviluppo delle ossa, della vista e del sistema immunitario. Pertanto le più recenti linee guida delle varie società scientifiche, raccomandano che, fino ai 12 mesi, a tutti i lattanti che non possono essere gratificati dal latte materno non sia somministrato latte vaccino bensì una formula adattata.

Troppa variabilità

Osserva il professor Ruggero Francavilla: “I dati del professore Ritieni aggiungono un tassello importante a questa raccomandazione. Il latte vaccino ha una concentrazione variabile dei vari aminoacidi liberi, diversa da una marca e l’altra e che in alcuni casi come ad esempio l’acido glutammico le differenze tra i vari latti sono enormi. I motivi sono facilmente giustificati dalla varietà dei latti che vengono utilizzati, dall’età delle vacche dalla loro alimentazione dello stato nutrizionale dall’essere o meno in gravidanza e dai metodi di preparazione utilizzati prima di portare il prodotto sulla tavola del consumatore.
Se rapportiamo questi dati con l’alimentazione di un lattante nel primo anno di vita le considerazioni acquistano un significato particolare”.

L’importanza di glutammato e glutammina

Il pediatra spiega: “La letteratura scientifica ha chiaramente definito quanto importante sia per la salute e il normale accrescimento funzionale e morfologico dell’intestino di un lattante la presenza di alcuni aminoacidi quali glutammato e la glutammina, oggetto dello studio del professor Alberto Ritieni. Infatti questi aminoacidi rappresentano più del 50% della somma totale degli aminoacidi liberi presenti nel latte materno.
Poiché è generalmente accettato che qualsiasi componente presente nel latte materno è “a priori” benefico per il lattante, la rilevanza nutrizionale di questi aminoacidi liberi non dovrebbe essere sottostimata. Questi aminoacidi infatti svolgono delle importanti funzioni non solo per la nutrizione dell’intestino ma anche perché sono una fonte di pronta energia e si comportano anche come substrato funzionale a livello cerebrale e del sistema immunitario. Variazioni della concentrazione di questi aminoacidi nella alimentazione di un soggetto adulto non rappresentano un problema, dato che l’alimentazione è molto variabile e l’apporto proteico ben differenziato. Tuttavia un lattante che ha come fonte proteica prevalente è quella del latte è bene che riceva una alimentazione controllata ed adatta alla sua età”.

Il messaggio ai genitori

Per il pediatra i dati di queste pagine sono “attuali e offrono un nuovo quadro scientifico a supporto della corretta alimentazione del lattante, soprattutto in considerazione della diffusa abitudine ad anticipare la somministrazione del latte vaccino prima di quanto consigliato. Una convinzione spesso anche suggerita dalle caratteristiche riportate relativamente alla bontà della dizione biologico. Per una crescita in salute è fondamentale sensibilizzare le mamme affinché non diano latte vaccino ai loro lattanti, almeno prima del compimento dell’anno di vita”.