Peste suina africana, così le misure di prevenzione possono spegnere i focolai

peste suina africana

La peste suina africana è diffusa in Europa e attualmente rappresenta una minaccia per milioni di suini domestici e di cinghiali. Può essere trasmessa ai suini sani, attraverso gli alimenti o se si entra in contatto con animali o carcasse infette. Non è trasmissibile agli esseri umani ma possibili ondate hanno pesanti ripercussioni economiche nei Paesi colpiti

La peste suina in Europa

La peste suina è una malattia molto contagiosa per i suini, ha fatto la sua prima comparsa in Italia nel 1978 in Sardegna.

Come per ogni epidemia, si assiste nel corso del tempo, ad ondate che colpiscono diversi paesi. Dal 2014 si sono verificati focolai in diversi Stati membri dell’Ue tra cui Belgio e Germania ed in paesi terzi confinanti. A gennaio di quest’anno la malattia è stata confermata anche in alcune regioni italiane. In Piemonte, nella provincia di Alessandria, in Liguria, nelle provincie di Genova e Savona e, a maggio, nel Lazio, isolata in un cinghiale ritrovato a Nord di Roma.

Il virus riscontrato in queste regioni italiane è geneticamente diverso dal quello esistente in Sardegna e corrisponde a quello circolante in Europa da alcuni anni.

Le misure legislative per prevenire la peste suina

Le ondate di peste suina che colpiscono l’Europa hanno portato all’adozione di una strategia comunitaria di prevenzione e controllo della malattia, il Regolamento di Esecuzione (UE) 2021/605 stabilisce misure speciali di controllo della peste suina africana considerata una minaccia permanente per le popolazioni nell’Unione che confinano con i paesi dove c’è in atto l’epidemia. Un rischio sanitario reale considerando i movimenti di partite di suini e di prodotti ottenuti da suini, in tutti i paesi.

Il regolamento si è tradotto a livello nazionale, in un Piano di Sorveglianza che contiene le misure volte al raggiungimento dell’eradicazione e della prevenzione della peste suina, nonché indicazioni utili, sui comportamenti da adottare in caso di contagio.

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Le misure principali del Piano Nazionale

  • Sorveglianza passiva nel settore domestico e in quello selvatico;
  • Applicazione di biosicurezza in allevamento;
  • Attività di formazione ed informazione rivolta a tutti i soggetti interessati: gli allevatori, i cacciatori, i veterinari, turisti ed escursionisti che accidentalmente possono entrare in contatto con alimenti o con cinghiali selvatici e carcasse.

Uno dei passi cruciali del piano di intervento e sorveglianza nazionale, è appunto, l’attenzione alla sorveglianza passiva che deve riguardare non solo gli allevamenti ma la prevenzione della peste suina nel selvatico.

Per quello che riguarda, invece, gli allevamenti dei suini, diverse sono le misure di prevenzione da adottare. Il piano nazionale impone agli allevatori che appartengono a zone infette per l’alto rischio di contagio, di non praticare nessuna attività agro-forestale; di impedire l’accesso del pubblico, tenendo conto che la malattia è trasmissibile attraverso le movimentazioni di animali, persone, veicoli e materiali contaminati. Di adottare misure di biosicurezza necessarie alla prevenzione dell’infezione e che prevedono operazioni di pulizia e disinfezione dell’azienda ed una corretta gestione delle norme igienico-sanitarie del personale e di chiunque possa entrare in contatto con i suini. Inoltre, gli allevatori sono tenuti a segnalare immediatamente ogni segnale sospetto di malattia e far sottoporre a controllo diagnostico, i suini deceduti in azienda.

Le raccomandazioni del piano di sicurezza

Le campagne di informazione rivolte ad allevatori, cacciatori e addetti del settore hanno avuto un ruolo determinante nel miglioramento della situazione epidemiologica, dal 2018, infatti, non sono stati più registrati focolai, né negli allevamenti domestici, né fra i cinghiali.

Adottare comportamenti corretti e seguire le precauzioni suggerite, può prevenire la diffusione della malattia.

Tra le raccomandazioni del piano nazionale vi è quella di non portare in Italia, dalle zone infette comunitarie, prodotti a base di carne suina o di cinghiale che non siano etichettati con bollo sanitario ovale. Di smaltire i rifiuti alimentari in contenitori idonei e chiusi e non somministrarli per nessuna ragione ai suini domestici o ai cinghiali. Non lasciare rifiuti alimentari in aree accessibili ai cinghiali. Informare tempestivamente i servizi veterinari o le forze dell’ordine, del ritrovamento di una carcassa di cinghiale.

L’implementazione del piano di eradicazione, con le attività di sorveglianza negli allevamenti, la verifica dell’applicazione delle misure di biosicurezza, la lotta all’allevamento illegale e alla pratica del pascolo brado, ha consentito da una parte l’innalzamento degli standard di allevamento, dall’altra, un contenimento netto dell’epidemia.