Cereali, legumi, frutta secca: portano benefici, ma anche rischi per la salute. L’acido fitico può essere un elemento positivo, ma anche molto negativo. Bastano alcune accortezze per bilanciare la sua presenza nei cibi cosiddetti della salute.
Esistono sostanze riconosciute come antinutrienti che, se assunte singolarmente, possono interferire con i processi di digestione e assorbimento da parte dell’organismo umano. Tra questi vi è l’acido fitico, (detto anche acido inositol-esafosforico, o ancora estere esafosforico del mesoinositolo). Questa sostanza è la principale forma di deposito di fosforo in molti tessuti vegetali, soprattutto nella crusca, nei semi e nella frutta secca come mandorle e noci, croce e delizia della nostra alimentazione.
L’acido fitico è stato considerato da sempre un antinutriente in grado di limitare in maniera significativa l’assorbimento intestinale di alcuni minerali quali ferro e zinco, ma anche calcio e magnesio. Tuttavia, come spiega il biologo nutrizionista Maurizio Tommasini, può avere anche effetti decisamente positivi.
Dove si trova l’acido fitico
La categoria di cibi molto ricchi di acido fitico è certamente quella dei cereali e legumi. Questo nutriente è presente anche in altri alimenti. Si trovano nella parte fibrosa degli alimenti integrali, perciò gli acidi fitati sono totalmente assenti nei prodotti raffinati. L’acido fitico è più presente in:
- Cereali e legumi.
I cereali lo accumulano soprattutto nei granuli di aleurone, in quantità diverse a seconda delle varietà, mentre nei legumi l’acido fitico si trova soprattutto nell’endosperma e nei cotiledoni, anche qui con valori che dipendono dalle varietà considerate.
- Soia e derivati.
Sono fonte importante di acido fitico.
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- Semi di girasole, di lino e di colza.
- Frutta secca: mandorle, nocciole, noci e noci del Brasile (Possiedono spesso valori di acido fitico il doppio, se non addirittura il triplo di quelli di cereali e legumi). A proposito delle noci vale la pena rileggere qui i risultati del test de Il Salvagente.
Quanto acido fitico contengono questi alimenti?
In media, 100 grammi di riso, contiene 0,06 grammi di acido fitico.
La crusca ne contiene 7 grammi per 100 grammi di prodotto.
Con le mandorle si sale addirittura a 10 grammi.
Questi valori però dipendono dalla varietà di prodotti coltivati, dall’importanza del clima e del terreno e dai processi di germinazione e maturazione dei vegetali.
Questi valori si scontrano anche con le tecniche analitiche utilizzate per misurarli. Tecniche che – osserva Tommasini – sono difformi e purtroppo ancora non standardizzate.
Quanto acido fitico possiamo assumere?
Anche su questo punto di domanda non ci sono risposte chiare. Il nutrizionista Tommasini fa notare che “sono pochi gli studi sistematici sull’assunzione giornaliera di acido fitico. In Italia alcuni lavori danno un consumo medio di circa 290 milligrammi al giorno, con estremi che vanno dai 130 mg fino ai 1300 mg quotidiani.
Sensibili le variazioni anche tra le diverse zone del Paese con un consumo medio più elevato nel nord-est (320 mg), e più ridotto nel centro-sud, intorno ai 260 mg.
La principale fonte di acido fitico nella dieta italiana è rappresentata dai cereali, con contributi decisamente più modesti da legumi, semi e noci.
Acido fitico: quali sono i rischi per la salute
L’esperto biologo spiega che soprattutto in diete povere, quelle ricche di cereali o legumi non fermentati o germogliati, esiste il rischio concreto che un’elevata assunzione di acido fitico possa causare una riduzione dell’apporto di alcuni minerali con potenziali carenze che potrebbero sfociare in vere e proprie patologie. Quali:
- Rachitismo;
- Osteomalacia;
- Problemi nell’accrescimento nei più giovani.
Non a caso, queste malattie sono diffuse nelle aree di India e Pakistan, zone in cui la dieta si basa per oltre l’80% su legumi e cereali.
I rischi maggiori aumentano per chi sceglie una dieta paleo, per molti scienziati assolutamente priva di fondamento.
Acido fitico: quali sono i benefici
Questa sostanza si comporta come un antiossidante. Studi recenti lo indicano come protettivo nei confronti di alcune tipologie di tumore. Contribuirebbe a proteggerci da patologie cardiovascolari, formazione di calcoli renali, e Alzheimer.
Come ridurre i rischi da acido fitico?
Per coglierne l’essenza dei benefici dobbiamo ridurre l’acido fitico negli alimenti. Tommasini spiega come questo sia possibile. Ecco come fare:
- Cereali e legumi vanno tenuti a mollo da 20 minuti a 12 ore. I fitati, infatti, sono solubili in acqua. Meglio ancora se si sostituisce spesso l’acqua di ammollo, favorendo ulteriore eliminazione dei fitati.
- Cereali e legumi possono anche essere fatti germogliare.
- Anche lievitazione e fermentazione possono ridurre il contenuto di acido fitico nei cereali e legumi.
- Esistono anche preparati a base di ftasi di origine fungina, che se aggiunti, possono degradare i fitati presenti nell’alimento.