Veneto, una nuova centrale idrica darà ai cittadini acqua priva di Pfas

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La nuova centrale idrica è il primo degli interventi strutturali messi a punto dalla regione Veneto per rispondere alla contaminazione delle falde acquifere da Pfas provenienti dalla produzione della vicina Miteni

Sei pozzi e 18 chilometri di acquedotto. È stata inaugurata la nuova centrale idrica di Belfiore che garantirà ai cittadini acqua priva di Pfas. Si tratta del primo degli interventi finanziati dalla regione Veneto per rispondere alla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche nei territori delle province di Vicenza, Verona e Padova. La nuova opera va da Belfiore fino a Lonigo tristemente noto per essere uno dei comuni più colpito dalla contaminazione.

L’impianto è poi collegato al nuovo acquedotto che, attraverso condotte interrate di grande portata con diametri che variano dai 600 ai 1000 millimetri, porterà l’acqua prelevata fino a Lonigo, attraversando i comuni di San Bonifacio e di Arcole. Il beneficio che l’opera apporterà al sistema acquedottistico della fascia orientale della provincia di Verona e non solo sarà decisamente importante: la nuova fonte consentirà di convogliare continuativamente un flusso idrico di 150 litri al secondo, che potranno arrivare a 250 litri al secondo (22mila metri cubi d’acqua al giorno) una volta a pieno regime, di acqua controllata e di buona qualità, assicurando l’approvvigionamento di diversi comuni interessati dalla contaminazione da Pfas.

Può dunque iniziare il progressivo spegnimento dei pozzi ai Almisano (Lonigo) che attingono dalla falda compromessa. Processo che terminerà quando andranno a compimento anche le opere in via di realizzazione da parte degli altri gestori coinvolti nel progetto.

Come scrive Legambiente Veneto, la contaminazione  delle acque superficiali, delle acque di falda e degli acquedotti pubblici da  sostanze perfluoroalchiliche, indicate comunemente come PFAS, ha come fonte principale lo scarico industriale della Miteni spa, un’industria chimica situata nel comune di Trissino (Vi) (Fonte ARPA Veneto-Vicenza  prot.0075059/00.00 del 11/07/2013). Questo stabilimento chimico  a partire della metà degli anni sessanta, prima come RIMAR (gruppo Marzotto) e attualmente come Miteni  spa, produce composti fluorurati. E’ perciò plausibile che questo tipo di inquinamento si sia protratto nel tempo, almeno per una quarantina d’anni. Ed infatti la prima indicazione di un inquinamento delle falde da  fluoruri  attorno al sito Rimar, oggi Miteni, viene fatta risalire intorno al 1977.

La scoperta dell’inquinamento in corso è avvenuta  a seguito di uno studio commissionato nel 2011 dal Ministero dell’Ambiente  e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) al Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) che il 25  marzo 2013precisava come “Nel bacino di Agno e Fratta Gorzone, anche a monte dello scarico del collettore A.Ri.C.A., sono state misurate concentrazioni di PFOA molto elevate, spesso superiori a 1000ng/l, che destano una certa preoccupazione dal punto di vista ambientale. Ancora più preoccupazione desta la misura della concentrazione di queste sostanze nelle acque potabili campionate da punti di erogazione pubblici e privati. Nel bacino di Agno-Fratta Gorzone vi sono concentrazioni  crescenti da nord a sud che raggiungono valori di PFOA superiori a 1000ng/l e di PFAS  totale superiore a 2000ng/l. I ricercatori concludevano evidenziando “Un possibile rischio sanitario per le popolazioni che bevono queste acque, prelevate dalla falda.

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I limiti obiettivo (limiti di performance) fissati attualmente dall’Istituto Superiore di Sanitàe recepiti dalla Regione Veneto sono i seguenti  500ng/l per i PFOA, 30ng/l per i PFOS e 500ng/l totali per gli altri PFAS. Il 18 agosto 2015 l’ISS su richiesta della Regione Veneto ha dato parere favorevole all’innalzamento dei limiti di performance per altre due componenti dei PFAS: il PFBA il PFBS portando la soglia del limite per ciascuno a 500ng/l.