Quanto pagheremo il rialzo del costo del denaro deciso dalla Bce

MUTUI

La Bce ha deciso il rialzo dei tassi di 0,25 punti a luglio e probabilmente di 0,5 punti a settembre. Il risultato immediato è un rincaro di 75 euro su un mutuo di 120mila euro a 20 anni. Vediamo gli altri effetti, cercando di capire se questa manovra avrà davvero effetto sull’inflazione

Un quarto di punto per luglio e, probabilmente, mezzo punto a settembre. Il rialzo del costo del denaro da parte della Banca centrale europea interrompe anni di costo del denaro sotto zero e segna un’inversione di una tendenza al ribasso che proseguiva dal 2011.

Come inciderà questa svolta decisa dalla Bce sulle nostre tasche?

Se gli obiettivi – contenere l’inflazione e gli aumenti – sono nobili ma per nulla automatici, quello con cui certamente dovranno fare i conti gli italiani a partire da luglio e un effetto sull’Euribor, l’indice di riferimento per i mutui a tasso variabile. Qui sì che è davvero un aumento delle rate dei mutui italiani, ma di quanto?

Non si tratta di poca cosa, almeno a giudicare dalle stime di Facile.it che ha fatto alcune alcune simulazioni stimando che, da qui al prossimo anno, la rata mensile di un mutuo variabile medio potrebbe salire di circa 120 euro rispetto ad oggi.

Per l’analisi il portale ha preso come riferimento un finanziamento da 120.000 euro da restituire in 20 anni e ha simulato i possibili cambiamenti, tenendo in considerazione i cosiddetti futures sull’Euribor, che rappresentano l’aspettativa che gli operatori hanno sull’andamento dell’indice nei prossimi 5 anni.

Che succede a chi ha un mutuo variabile

Inutile dire che chi ha stipulato un mutuo a tasso fisso non vedrà aumentare la propria rata e altrettanto succederà a tutti gli altri prestiti già erogati per altri motivi agli italiani.

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Oggi mediamente il Tan, il tasso variabile medio di un mutuo come questo, è pari allo 0,85% e la rata mensile pagata è di 544 euro. Secondo i futures sull’Euribor, entro fine anno l’indice Euribor a 3 mesi sfiorerà l’1% (oggi si trova a -0,30%) e questo farà salire il tasso variabile a circa 2,20%, con una rata mensile più pesante di circa 75 euro.

Ancora più preoccupante la stima della rata del mutuo variabile ipotizzata da qui a un anno: la prossima estate l’aumento potrebbe lievitare a 120 euro al mese per chi sta pagando un variabile.

Previsioni che, come tutte quelle che circolano in questo periodo, non considerano la variabile inflazione. In teoria se il dato europeo dovesse scendere entro il 2% (oggi è al 6,5%) la Banca centrale potrebbe interrompere il rialzo forzato del costo del denaro, cosa a cui gli analisti di Facile.it non sembrano credere, almeno non nell’immediato.

Paradossalmente aumenti minori si registrerebbero per i pochi che in Italia hanno ancora un mutuo ancorato al costo del denaro della Bce. Qui gli aumenti seguiranno i soli rialzi del costo stabiliti dalla Bce. Ma va ricordato che la stragrande maggioranza dei mutui variabili è legata all’Euribor, che viene pubblicato giornalmente dalla Federazione Bancaria Europea e rappresenta il tasso medio delle transazioni finanziarie in euro tra le principali banche europee. Qui oltre alle manovre della Bce pesa anche la percezione delle banche sulla situazione economica e di certo si tratta di una percezione tutt’altro che ottimista.

Cosa cambia per chi deve accendere un mutuo

Qui i costi delle proposte delle banche italiane stanno già seguendo un trend al rialzo da qualche mese e sono già oggi più costose.

Gli indici di riferimento IRS – cui sono agganciati i tassi di interesse per i mutui a tasso fisso che oggi riguardano oltre il 90% delle erogazioni dei nuovi mutui – sono letteralmente schizzati nel corso del primo trimestre 2022, raggiungendo livelli prossimi a quelli di 36-48 mesi fa.

Considerando ad esempio l’IRS di durata 20 anni, spiegano dalla società bolognese Crif, il valore dell’indice è passato da uno 0,6% medio di gennaio 2022 a un 1,6% dello scorso maggio. Segno che pur in assenza di rialzi ufficiali, le banche hanno già fatto scontare il probabile aumento del tasso del denaro da almeno inizio anno.

Facile prevedere che i mutui a tasso fisso (e i prestiti al consumo) continueranno ad aumentare.

Serve davvero l’aumento del costo del denaro per frenare l’inflazione?

Gli economisti spiegano che se l’economia di un paese è in crescita c’è una maggiore disponibilità di liquidità e dunque una maggiore propensione alla spesa con l’effetto che i prezzi salgono e cresce l’inflazione. In caso di crisi, invece, circola meno denaro e l’inflazione scende, a volte fino dar luogo ad una recessione. Manipolando il tasso d’interesse della valuta, ossia il costo che deve pagare chi la prende in prestito per restituirla, la Bce dovrebbe governare l’inflazione.

Il problema, a giudizio di molti economisti, è che la crescita dell’inflazione di questo ultimo anno è legata non tanto a economie stabili o forti, ma in buona parte alla crescita dei costi energetici. Non molto sensibili al costo del denaro. Il rischio è che gli europei finiscano per pagare entrambi i costi, quelli dell’inflazione sugli acquisti di tutti i giorni e quelli che spingeranno in alto i tassi di mutui e prestiti.