Meno miele e meno olio, ecco come i cambiamenti climatici minacciano la nostra tavola

CAMBIAMENTI CLIMATICI

I cambiamenti climatici influiscono (negativamente) anche sulla nostra alimentazione causando la diminuzione della produzione di alcuni prodotti tipici del nostro territorio. Per fare qualche esempio, il miele è calato fino al 95% mentre l’olio dell’80% in alcune regioni del centro-nord. La fotografia è tracciata al Wwf nel rapporto  “2021 effetto clima: l’anno nero dell’agricoltura italiana”  presentato oggi in occasione della Giornata Internazionale dell’Alimentazione

“La crisi climatica, con i suoi molteplici effetti, sta minacciando la capacità produttiva dei sistemi agricoli a livello globale, compromettendo la loro capacità di nutrire adeguatamente l’umanità. È necessario affrontare questo cambiamento in maniera coerente e coordinata. I nostri comportamenti a tavola e fuori sono determinanti, non possiamo più ignorare il nostro ruolo all’interno del sistema globale”, afferma Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità del WWF Italia.  

Con circa 1500 eventi estremi, il 2021 fa registrare in Italia un aumento del 65% di nubifragi, alluvioni, trombe d’aria, grandinate e ondate di calore rispetto agli anni precedenti. Secondo i dati riportati dal WWF, alcune colture sono state penalizzate in modo generalizzato, come il miele che è arrivato a perdere addirittura il 95% della produzione rispetto all’anno precedente e la frutta che vede un calo medio del 27%, con picchi di -69% come quello registrato dalle pere (in pratica più di un frutto su quattro è andato perduto a causa degli effetti di eventi estremi e imprevedibili quali gelate, siccità e grandinate). Ma anche il riso (-10%), il vino (che in alcune regioni ha subìto cali fino al 50%) e l’olio che ha fatto registrare in alcune regioni del centro-nord i danni più gravi: fino all’80% in meno in un anno che doveva segnare invece una produzione in crescita rispetto all’anno precedente. Anche le filiere di trasformazione sono state messe in crisi: il caldo torrido di questa estate ha accelerato la maturazione del pomodoro, superando la capacità logistica per raccoglierlo, trasportarlo e lavorarlo: il 20% del raccolto è andato così perduto.