Dal guacamole all’harissa, il tripudio di additivi nelle salse industriali

GUACAMOLE HARISSA

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Non solo maionese, ketchup e senape. Oggi il reparto salse del supermercato è incredibilmente popolato dalle varianti più disparate.
Più diventa complessa la ricetta, maggiore è la possibilità di trovare i più svariati additivi tecnologici.
La Biffi, tanto per fare un esempio, ha creato una linea dedicata allo street food delle diverse culture: dalla guacamole messicana alla harissa maghrebina e poi la thailandese e la greca.
La salsa guacamole è un tripudio di ingredienti, tra cui lo sciroppo di glucosio-fruttosio, amido modificato, acidificanti, gomma di xanthano e per riportare all’occhio del consumatore il colore verde di quel misero 6% di avocado che compone la miscela, il produttore utilizza un blu, l’E133 e un giallo, l’E101 che uniti “resuscitano” il colore verde.
L’E133 (Blu Brillante FCF) è un colorante autorizzato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (l’Efsa), di cui abbiamo parlato tanto nelle inchieste passate sul Salvagente per la potenziale tossicità dei suoi sottoprodotti di decomposizione e i possibili effetti sull’iperattività nei bambini.
Ci sono poi le salse barbecue, di cui abbiamo parlato ampiamente in un’inchiesta pubblicata nel numero di ottobre 2020 (un articolo che ha portato alla revisione di un’etichetta da parte di una nota multinazionale). Queste salse, nate semplicemente per arricchire di aromi le carni grigliate sul barbecue, contengono già al loro interno l’aroma di affumicatura (fumo liquido), conferendo in questo modo il sapore di “brace” senza necessariamente accendere il barbecue.
Lo sciroppo di glucosio-fruttosio quasi sempre presente nelle salse greche, nella remoulade (simile alla salsa tartara) è uno degli zuccheri più graditi da parte dell’industria (prezzo basso, elevato potere dolcificante, alta solubilità), ma per il consumatore è davvero da evitare. Questo sciroppo oltre a contenere molecole di glucosio e fruttosio legate tra di loro (saccarosio), presenta anche i singoli monosaccaridi liberi. Il glucosio libero ha l’indice glicemico più alto in assoluto e quindi è pericoloso per i diabetici. Il fruttosio libero invece, non fa salire la glicemia, ma favorisce la sintesi di trigliceridi e, se assunto in eccesso, spinge a mangiare molto di più, eludendo il meccanismo della sazietà.
Rimanendo in tema dietetico, non sottovalutiamo che una salsa, una volta aperta, va conservata in frigo per un tempo limitato. Questo induce a incrementare il consumo per evitare lo spreco.
Il suggerimento è imparare a fare le salse in casa nella quantità sufficiente per il pasto.
Oramai sul web di ricette ce ne sono a bizzeffe, basta solo cercare. E farne uso sporadico, se non altro per non stravolgere il sapore dei piatti che cuciniamo.

“Quello che l’etichetta non dice” è il libro di Dario Vista per il Salvagente. Un viaggio dietro le quinte dell’industria alimentare tutto da seguire.

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