Bollette a 28 giorni, il Tar annulla le multe dell’Antitrust

BOLLETTE A 28 GIORNI

Il Tar del Lazio ha annullato le sanzioni che a gennaio del 2020 l’Antitrust aveva inflitto a Fastweb, Tim, Vodafone e WindTre per aver messo in atto un’intesa nel passaggio alla fatturazione a 28 giorni. La vicenda ha origini lontane: nel 2015, infatti, le compagnie decisero di modificare il periodo di fatturazione accorciando il mese a 28 giorni che ha comportato un aggravio di spesa per i consumatori. “Una vergogna!” commenta Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori: “Che la giustizia non funzioni in questo Paese è cosa nota, ma ora si è toccato il fondo”.

“Il Tar continua ad assecondare la politica dilatoria delle compagnie telefoniche, che si arrampicano sui muri e sugli specchi a caccia di cavilli legali pur di poter fare i loro comodi in barba a quanto hanno deciso le Authority: Agcom e Antitrust. Una decisione che ci lascia sgomenti!” conclude Dona.

Dal momento che si trattò di un cambio che interessò tutte le compagni, l’Antitrust intervenne intravedendo un’intesa anticoncorrenziale e sottolineando, altresì, che “l’unità temporale per la cadenza di rinnovo e per la fatturazione dei contratti di rete fissa dovesse essere il mese e che, per la telefonia mobile, non potesse essere inferiore ai 28 giorni”.

Gli operatori non si adeguarono alle prescrizioni e si rivolsero al Tar. A parere del Tar, le considerazioni raccolte “al più, deporrebbero per l’individuazione di una pratica scorretta ai sensi del Codice del Consumo, i cui effetti lesivi si manifestano a danno dei consumatori ma che non sono idonee a sostenere l’esistenza di una pratica concordata fra gli operatori per mantenere fermo l’aumento al preciso scopo di evitare la fuoriuscita di clienti verso la concorrenza”. In sostanza, “mancano nel Provvedimento elementi indiziari, gravi precisi e concordanti, tali da delineare un quadro sufficientemente chiaro”; mentre al contrato è stata fornita “una spiegazione plausibile dei ricostruiti incontri e scambi di informazioni, alternativa a quella ricostruita dall’Agcm”. La ricostruzione dell’Autorità, poi, “non fornisce evidenze istruttorie adeguate a contrastare la tesi delle Parti”, la cui spiegazione “in assenza di altri elementi esogeni più diretti e specifici, appare plausibile e, quindi, alternativa a quella, seguita dall’Agcm, volta alla ricognizione di un’intesa anticoncorrenziale”.