Quando vedo le prime muffe butto o pulisco? Le nostre prove di laboratorio

MUFFE

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“Ciò che non si vede non esiste” dunque non è un pericolo. Questo aforisma del gesuita spagnolo Baltasar Gracian potrebbe calzare a pennello per le muffe e micotossine, considerate fra i maggiori pericoli per la nostra salute ma anche uno di quelli meno percepiti come tali. Quanti di noi, infatti, di fronte all’immancabile alimento che emerge dal frigo con qualche muffa visibile si limitano a togliere la parte evidentemente immangiabile e consumano in tutta tranquillità il resto? La tentazione, un po’ per risparmiare, un po’ per non sprecare è tanta in un periodo in cui il riciclo è un valore. E quanti, al contrario, gettano nell’umido il cibo in cui si vedono le prime spore facendo i conti con il senso di colpa e l’interrogativo “avrò fatto bene”?

Il nostro studio sulle muffe

Per il nostro studio, condotto nei laboratori del Gruppo Maurizi, specializzato in sicurezza alimentare, abbiamo preso in esame: pane in cassetta, formaggio emmentaler, marmellata di mirtillo e salame stagionato. Questi prodotti sono stati posti più del dovuto in frigorifero (i prodotti deperibili) e a temperatura ambiente (i non deperibili) dall’inizio della conservazione fino alla comparsa delle prime muffe visibili. I campioni sono stati poi aperti per accelerare i processi di degradazione e lo sviluppo di muffe e osservati al microscopio ottico (con un ingrandimento di 40x). Abbiamo studiato quindi la velocità di penetrazione della muffa stessa.

MUFFE
Tutti i risultati di laboratorio sulle muffe trovate in formaggi, salami, marmellate e pane in cassetta li trovate sul Salvagente di aprile. In edicola o in digitale qui

Cosa abbiamo trovato

Ciascun campione è stato posto in un contenitore diverso per evitare possibile contaminazione di muffe tra un alimento e l’altro.
I campioni sono stati analizzati dopo circa un mese dall’acquisto, una volta che si erano sviluppate muffe visibili, analizzando la parte dove non erano presenti muffe in superficie.
Dalle analisi microbiologiche, come era prevedibile, emerge la presenza di muffe su tutte le tipologie di prodotti.
Nel pane in cassetta c’è anche una presenza importante di lieviti. La concentrazione delle muffe nella parte di pane all’apparenza pulita, è dell’ordine di un milione di unità formanti colonia per grammo, indice di una rapida penetrazione e diffusione della muffa.
La concentrazione di muffe nel salame è dell’ordine, invece, delle centinaia di unità. Una quantità contenuta ma va tenuto presente che si tratta di Aspergillus e Penicillium, muffe più di rilievo rispetto a quelle rilevate sugli altri alimenti.
Per la parte non visibile della marmellata abbiamo raggiunto le 10mila unità, mentre nel formaggio la concentrazione è stata bassa e non preoccupante (centinaia di unità).

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Le spore nascoste

Le muffe rilevate all’interno degli alimenti e identificate successivamente al microscopio, appartenevano alla stessa specie visibile a occhio nudo nell’alimento e osservata direttamente al microscopio. Dunque, al di là della valutazione che può fare ognuno di noi quando “pulisce” un cibo contaminato tirato fuori dal frigorifero, al suo interno c’è sempre una concentrazione di muffe non visibili che potrebbero costituire un rischio, in funzione della loro concentrazione e della tipologia.
È importante anche ricordare che alcune muffe penetrano velocemente all’interno dell’alimento, altre meno. Questo in base soprattutto alla tipologia di cibo, all’umidità, al valore di acqua libera e di pH. Le muffe pericolose – come detto – possono produrre micotossine, cioè sostanze tossiche fungine che possono causare malattie gravi.
A questo punto vediamo quali sono quelle rilevate nelle tipologie di campioni che abbiamo sottoposto ad analisi. La muffa identificata nel pane è Rizophus spp. Si tratta di un agente patogeno fungino che infetta i cereali e prodotti derivati. Il nostro studio ha verificato che la concentrazione di muffe è maggiore nel pane, rispetto ad altri prodotti che quindi va gettato all’istante perché oramai il fungo che lo ha contaminato è penetrato in profondità. Si raccomanda sempre di sanificare anche il porta pane che lo contiene, che sarà a sua volta contaminato.
Nel salame stagionato sono state rilevate specie del genere Peniciullium spp, seguite da alcune del genere Aspergillus spp. Generalmente infatti i penicilli prevalgono nei primi stadi della maturazione, mentre gli aspergilli si sviluppano in un secondo tempo. In questo caso, essendo trascorso del tempo sono stati riscontrati entrambi. Mentre i penicilli possono avere anche effetti benefici sui salumi, gli aspergilli per la loro azione cellulosolitica possono danneggiare gli involucri superficiali dei salami.
Nel caso di formaggi stagionati, come il campione del nostro caso-studio, è sufficiente eliminare la parte ammuffita, meglio ancora se consumati cotti per qualche ripieno. Infatti la concentrazione delle muffe all’interno della parte di formaggio dove non era presente muffa visibile ha presentato una concentrazione non rilevante di microrganismi. Se si fosse trattato di latticini freschi però sarebbe stato meglio gettare l’intero prodotto poiché le tossine eventualmente contenute nella muffa si sarebbero propagate molto più rapidamente come fanno sempre nei cibi umidi e freschi.

Pericolo (poco) light

Notizie poco positive anche per chi non è abituato a consumare velocemente le marmellate. Nella confettura del nostro test la concentrazione di spore nella parte dove non erano visibili si mostra già preoccupante. C’è da ricordare che in generale lo zucchero della marmellata si lega con l’acqua e inibisce la formazione di tossine, quindi, la muffa che si può presentare generalmente non è dannosa. La marmellata da noi presa in esame, però, era una marmellata dietetica con basso contenuto di zucchero, che quindi non conferisce la sicurezza sulla mancata tossicità della muffa ed è bene gettare l’intero alimento.
Va ricordato infine che le spore si trovano nell’aria e nell’ambiente circostante, quindi conviene sempre coprire gli alimenti con pellicole e coperchi o conservarli in contenitori chiusi ad uso alimentare, che ne evitino il loro proliferare. E sanificare spesso il luogo dove con più facilità possono crescere: il frigorifero.