Se Tim ci mette un anno per “digerire” una disdetta

TIM VODAFONE

Caro Salvagente, sono in contestazione con Tim per la disdetta della mia linea fissa richiesta attraverso posta certificata nel luglio del 2019. Nonostante la Pec, sono riuscito ad ottenerla solo nel maggio del 2020, quasi un anno dopo. In questo lasso di tempo ho continuato a pagare le bollette (tranne 2) senza mai usare la linea Tim. La società mi impone il pagamento delle due bollette e la mancata consegna del modem. Non tenendo assolutamente conto della mia prima richiesta di disdetta (luglio 2019) e nemmeno della seconda. Dopo ben due raccomandate mie, è stata accettata la mia disdetta di linea telefonica come se fosse stata una grande concessione. Pensavo che la storia fosse finita e che avrei ricevuto indietro quanto pagato (in totale circa 500 euro) per le bollette successive alla prima disdetta (luglio 2019) . Nulla di tutto questo. Ho ricevuto questa settimana una seconda richiesta di recupero crediti, ma dei circa 500 euro pagati in più nessuna menzione.

Nicola Cipriani

 

Caro Nicola, è davvero molto grave il ritardo con cui Tim, nel suo caso, prende atto della legittima volontà di cambiare gestore da parte di un utente. Vediamo l’analisi che Valentina Masciari, responsabile utenze dell’associazione dei consumatori Konsumer Italia, su casi come questi.

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Facciamo il punto: il signor Cipriani invia la richiesta di cessazione del contratto Tim per la linea di rete fissa, il 7 luglio 2019, tramite pec. La regola stabilisce che entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta, quindi in tal caso entro il 7 agosto 2019, la linea vada cessata.

È corretto, che in seguito alla chiusura della linea, il cliente riceva una fattura finale, con l’addebito dei costi di periodo, fino alla cessazione e, l’addebito delle spese di chiusura della linea stessa. Il rapporto si interrompe in quel momento e null’altro è dovuto.

Purtroppo, siamo di fronte all’ennesimo caso in cui la regola, che in effetti è anche abbastanza lineare, non viene rispettata.

In questo caso il lettore ha continuato  anche a pagare fatture di periodo che venivano emesse, tranne credo le ultime due, ma che non erano dovute e, nonostante i vari solleciti e contestazioni fatte, non ha ottenuto alcuna risposta. L’unica cosa che gli viene comunicata dal servizio clienti, è di inviare nuovamente la richiesta di cessazione, che a quanto capisco, il signor Cipriani ha inviato per almeno altre due volte fino a quando, viene finalmente chiuso il contratto, ma a maggio 2020, dopo quasi un anno…

È evidente, però, che è la prima pec, quella di luglio 2019, che fa fede per la richiesta di cessazione e a questa bisogna rifarsi quale riferimento temporale della chiusura contratto.

A questo si aggiunge anche l’intervento di un recupero crediti esterno, a cui Tim ha ceduto il credito, a dimostrazione che non si è tenuto in minima considerazione quanto sollevato dall’utente. L’unico modo per porre fine a tale stato di cose, è ricorrere ad un tentativo di conciliazione, tramite il quale richiedere il rimborso di tutte le fatture pagate e non dovute e, lo storno di quelle, giustamente, non saldate.

Rimane poi, sempre la speranza che questo tipo di pratiche dei gestori telefonici, che chiaramente rispondono a loro particolari logiche interne,  finiscano ma, d’altro canto, la nostra associazione consumatori, Konsumer Italia, continuerà a segnalarle e a battersi per far rispettare i diritti dei consumatori