Spreco alimentare domestico, in Italia ogni anno 67 chili pro capite finiscono nella spazzatura. Conseguenze anche per l’ambiente

spreco alimentare

Nonostante l’attenzione sia cresciuta negli ultimi anni, i dati sullo spreco alimentare domestico raccontano che la strada da fare è ancora molta. Secondo la nuova ricerca delle Nazioni Unite, il Food Waste Index Report 2021 del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep) e dell’organizzazione Wrap, infatti nel 2019 931 milioni di tonnellate di cibo, il 17% del totale a disposizione dei consumatori, sono finiti nei bidoni dei rifiuti di famiglie, rivenditori, ristoranti e altri servizi alimentari.

L’Italia sotto la media

Come riporta Adnkronos, il Food Waste Index Report 2021 esamina i rifiuti alimentari che si verificano nei punti vendita, nei ristoranti e nelle case, contando sia il cibo che le parti non commestibili come ossa e gusci. Il rapporto presenta la più completa raccolta di dati, analisi e modellazione sui rifiuti alimentari ad oggi e offre una metodologia per i Paesi per misurare i rifiuti alimentari. In totale, sono stati identificati 152 punti di dati sullo spreco alimentare in 54 Paesi. Secondo il rapporto la maggior parte dello spreco alimentare proviene dalle famiglie: a livello globale pro capite, 121 chilogrammi di cibo vengono sprecati ogni anno, con 74 chilogrammi sprecati a livello familiare, 32 a livello di servizi di ristorazione e 15 a livello di vendita. L’Italia fortunatamente è sotto questa media, segno che i nostri connazionali sono più attenti, con una media di 67 chili pro capite all’anno in ambito familiare, per un totale di 4 059 806 tonnellate stimate. Sono numeri ancora alti, comunque.

Le conseguenze ambientali

Le conseguenze dello spreco sono anche ambientali Secondo il report, l’8-10% delle emissioni globali di gas serra sono associate al cibo che non viene consumato. Secondo Inger Andersen, direttore esecutivo dell’Unep, “La riduzione degli sprechi alimentari ridurrebbe le emissioni di gas serra, rallenterebbe la distruzione della natura attraverso la conversione dei terreni e l’inquinamento, aumenterebbe la disponibilità di cibo e quindi ridurrebbe la fame e risparmierebbe denaro in un momento di recessione globale. Se vogliamo affrontare seriamente il cambiamento climatico, la perdita degli spazi naturali e della biodiversità, l’inquinamento e i rifiuti, le imprese, i governi e i cittadini di tutto il mondo devono fare la loro parte per ridurre gli sprechi alimentari”.