Lo studio “Vegan”: i cereali fermentati possono fornire abbastanza vitamina B12

cereali fermentati

I cereali fermentati con Propionibacterium freudenreichii, batteri solitamente utilizzati come coltura di maturazione nel formaggio di tipo svizzero, hanno abbastanza vitamina B12 per essere nutrizionalmente significativi e potrebbero essere potenzialmente più economici della aggiunte comprate in farmacia. A dirlo è uno studio dell’Università di Helsinki, come riportato da FoodNavigator. La notizia catturerà l’interesse soprattutto di vegani, che per integrare questa vitamina così importante soprattutto in fase di sviluppo, devono ricorrere spesso a fialette sintetiche.

Una vitamina che si trova nei derivati animali

La B12, infatti, si trova naturalmente nei prodotti di origine animale tra cui latte, formaggio e uova, ma non in alimenti come frutta, verdura e cereali. Lo studio suggerisce che con l’aiuto del processo di fermentazione, ai vegani può essere garantito un apporto di vitamina B12 sufficiente e sicuro direttamente dal cibo a base di cereali, senza pillole. Nella sua tesi di dottorato – scrive FoodNavigator – Chong Xie della Facoltà di Agraria e Selvicoltura dell’Università di Helsinki, ha utilizzato 11 diversi materiali a base di cereali tra cui cereali, pseudocereali e legumi e li ha fermentati con Propionibacterium freudenreichii, l’unico microrganismo che produce B12 accettato per prodotti alimentari.

Il batterio che cambia tutto

Il Propionibacterium freudenreichii, il microbo essenziale del formaggio Emmental, ha prodotto quantità nutrizionalmente significative di vitamina B12 nella maggior parte dei cereali fermentati. Durante il processo di fermentazione di tre giorni, la crusca di riso e la crusca di grano saraceno hanno prodotto la più alta produzione di B12. L’aggiunta di Lactobacillus brevis – un tipo di batteri lattici presenti nei prodotti lattiero-caseari e in alcune piante quando si decompongono – è stata in grado di dominare i microbi indigeni durante la fermentazione e quindi di migliorare notevolmente la sicurezza microbica durante il processo di fermentazione. In generale, le crusche e le farine di legumi hanno dimostrato una maggiore produzione di vitamina B12 rispetto alle farine di cereali e pseudocereali. Xie ha affermato che l’aggiunta di crusche fermentate nei prodotti alimentari può essere un modo promettente per fornire vitamina B12 ai consumatori. Ad esempio, sostituendo il 15% della farina di frumento con crusca d’avena fermentata, 2 fette di pane (40-60 g) al giorno possono fornire una quantità sufficiente di vitamina B12. Tuttavia, ha sottolineato che dovrebbero essere studiate anche la stabilità della vitamina B12 sintetizzata in diversi processi e la sua biodisponibilità per il corpo umano.

Potenzialmente più economica della B12 sintetica

Xie anche aggiunto che la fermentazione era potenzialmente più economica della fortificazione: “Poiché la sua sintesi chimica è eccessivamente complicata e costosa, la vitamina B12 commerciale utilizzata per l’arricchimento degli alimenti viene prodotta esclusivamente tramite un processo biotecnologico. Rispetto alla fortificazione con questa forma commerciale di vitamina B12, la fortificazione in situ tramite fermentazione può essere un’alternativa più conveniente. In quanto alimento di base comunemente consumato, i cereali sono eccellenti veicoli per l’arricchimento con micronutrienti”.

Può aiutare anche chi non ha accesso alla carne

Ma la scoperta fatta dai ricercatori potrebbe aiutare anche le persone non in grado di ottenere abbastanza vitamina B12 da fonti animali: “I prodotti alimentari di origine animale sono la principale fonte alimentare di vitamina B12. Pertanto, lo sviluppo di prodotti alimentari di origine vegetale che sono fortificati con vitamina B12 può fornire non solo un modo per aumentare l’assunzione alimentare della vitamina nelle persone con accesso limitato ai prodotti animali, ma anche aiutare a soddisfare le crescenti esigenze nutrizionali, causate dall’attuale tendenza di sostituire i prodotti alimentari di origine animale con alternative a base vegetale”. Rimane certamente il bisogno del Lactobacillus brevis, un batterio presente nei prodotti caseari (che i vegani non mangiano) per stabilizzare il processo, e costituisce una piccola contraddizione, ma è di sicuro un passo avanti per chi non vuole essere corresponsabile della crudeltà nei confronti degli animali usati per produrre cibo.

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