Se basta la scritta “nuovo” in confezione per vendere

Glii italiani sono i consumatori europei più attratti dalle novità che trovano nei punti vendita e i più propensi a provarli. La conferma arriva dalla quinta edizione dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, lo studio che ogni sei mesi analizza più di 100 informazioni presenti sulle etichette dei 100mila prodotti di largo consumo.
Tra le altre cose messe in evidenza da questo, Nielsen rivela che nel 2018 ben 45 italiani su 100 dichiarano di cercare attivamente le novità quando vanno a fare la spesa. Una percentuale significativamente maggiore rispetto a quella di altri paesi, come Germania (28%), Francia (31%) e Gran Bretagna (38%). E anche un dato in crescita rispetto al 42,0% registrato dal precedente studio, effettuato nel 2013.

Fonte: Rapporto Immagino 2018

E le aziende rispondono con entusiasmo, se è vero che il 6,3% dei prodotti analizzati riporta sulla confezione i claim “nuovo” o “novità”. Con risultati di tutto rispetto: secondo Nielsen nel 2018 si sono realizzati 2,6 miliardi con un incremento del 7,6% per le confezioni che scrivono “novità” e del 6,4 per il claim “nuovo”.
Ma a cosa corrisponde questa corsa verso le novità? E come viene specificata in etichetta?
Nella maggioranza dei casi oltre al termine c’è davvero poco in confezione: nessuna informazione aggiuntiva che chiarisca cosa ha di differente il prodotto.
La più citata, secondo i dati dell’Osservatorio Immagino, è la dicitura “Nuova formula” (540 prodotti con 215 milioni di giro di affari) e in questo caso il record va ai prodotti per la cura della persona.

I CLAIM CLASSICI E QUELLI CHE TRAMONTANO

La “famiglia” più numerosa di claim in supermercati e ipermercati resta quella dei prodotti “free from” (che riportano in etichetta, ad esempio, “senza coloranti” o “senza zuccheri”):

 

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sono il 18,4% dei 64.800 prodotti alimentari monitorati dall’Osservatorio Immagino e realizzano un giro d’affari di 6,8 miliardi di euro. Ma nel 2018, per la prima volta, questo fenomeno ha smesso di crescere.

Primi segnali di criticità anche per il secondo mondo per numero di prodotti a scaffale: quello dell’italianità, che accomuna oltre il 25% degli oltre 72mila prodotti del paniere alimentare analizzato e genera un giro d’affari complessivo di 6,8 miliardi di euro, con claim come “100% italiano” e “prodotto in Italia”, con bandiere tricolori o bollini Dop, Docg, Doc o Igp. L’Osservatorio Immagino ha rilevato che nel 2018 è rallentato il trend espansivo delle vendite e del tasso di crescita dell’offerta di nuovi prodotti.