Ha dato il via all’avventura di EasyJoint nel 2016 coniugando fin da subito l’aspetto economico con quello “più antico” dell’antiproibizionismo e con luna forma nuova di disobbedienza civile, Luca Marola, fondatore dell’azienda leader nel campo della cannabis light. Oggi non si perde d’animo, dopo la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione che dice “no” alla commercializzazione della cannabis sativa. E lo fa, tuttavia, esprimendosi nel merito del caso che riguardava il negozio del civitanovese Lorenzo Castignani, nei confronti del quale era stato fatto ricorso.
“Aspettiamo le motivazioni della sentenza per capire meglio, e speriamo anche che arrivino in fretta – scandisce Marola – perché crediamo che l’argomentazione possa spiegare: la sentenza è, infatti, riferita a un caso specifico, ma sfido chiunque a trovare ‘efficacia drogante’ nei nostri prodotti: semplicemente non esiste”.
La sentenza della Cassazione infatti, laddove – come si legge – vieta “la commercializzazione di ‘cannabis sativa L. e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa” considerando che non rientrino “nell’ambito di applicazione della legge n.242 del 2016 che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa” delle varietà per uso a fini medici, conclude anche con una sottolineatura: “salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante”, si precisa.
Ciò che dispiace a Marola e a chi ha fatto della coltivazione della canapa un’attività imprenditoriale, era che non è arrivato dalla sentenza quell’elemento chiarificatore che ci si aspettava; per ora si tratta, per il fondatore di EasyJoint, di “un’occasione buttata via”.
“La nostra battaglia è iniziata proprio con la richiesta di fare chiarezza affinché il legislatore normasse un settore e un fenomeno così importanti per discussione pubblica e numeri”, chiarisce Marola. Già a settembre del 2017, quando i primi 100 punti vendita di EasyJoint erano stati aperti, i Nas controllarono cinque campioni per ogni tipologia di prodotto venduta da EasyJoint, “e non trovarono niente di illecito, perché è tutto inferiore allo 0,2% di thc”.
Ma per adesso bisogna prendere atto della sentenza e aspettare le motivazioni, tuttavia, senza stare fermi.
“Noi siamo certi della liceità dei nostri prodotti e ci stiamo organizzando, anche con i competitor così come con i coltivatori, per costruire una grande iniziativa che si terrà a Milano, a cui parteciperanno, tra gli altri, anche parlamentari sia di opposizione che di maggioranza che appoggiano la nostra attività, e ricercatori che – del tutto slegati da logiche economiche – dimostrino scientificamente come questo settore ha tolto dall’illegalità un mercato che di fatto esisteva, pari al 12%, come rivelato da studiosi di York che inviteremo a Milano”. Marola insiste: “Se si farà la guerra ad attività come quella di EasyJoint, qualcuno dovrà prendersi la responsabilità di riconsegnare al mercato illegale una fetta di produzione- scandisce – Ci si è chiesti, ad esempio, cosa dovrebbero fare gli agricoltori che hanno già piantato in queste settimane la canapa per l’anno prossimo?”.
Il settore, infatti – come riportato da Coldiretti – coinvolge 15mila addetti e ha moltiplicato di dieci volte, dal 2013 al 2018, il numero di ettari di terreni coltivati, di cui la nuova frontiera è senz’altro la produzione di cannabis light, attraverso la semina e la vendita di piante, fiori e seme a basso contenuto di thc, il principio psicotropo che procura l’“efficacia drogante” menzionata dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione. Il giro di affari per Coldiretti potrebbe arrivare ad 1,4 miliardi. Il giorno dopo la sentenza il presidente Ettore Prandini ha sottolineato la necessità di “un intervento del Parlamento su un tema così delicato”. Importante, per il numero uno di Coldiretti “tutelare i cittadini senza compromettere le opportunità di sviluppo del settore con centinaia di aziende agricole che hanno investito nella coltivazione, dalla Puglia al Piemonte, dal Veneto alla Basilicata, ma anche in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna”.
Oltre all’evento milanese, di cui si sapranno maggiori dettagli nei prossimi giorni, Marola e altri esponenti del settore sono in contatto per organizzare altre iniziative, che possano essere utili alla causa. “L’Italia non potrà essere un caso, isolata dal resto d’Europa”, precisa il numero uno di EasyJoint che fin dagli inizi chiede una normativa condivisa tra gli Stati membri visto che ci sono già luoghi in cui si sono fatti molti più passi in avanti, in questo settore.
“Tutto ciò che faremo sarà sempre condiviso con gli addetti ai lavori così come con i nostri legali: non si tratterà di iniziative-protesta, contro, ma di atti di sensibilizzazione in linea con quanto fatto fino ad ora”, conclude Marola.