Difficile immaginare un exploit più potente nel mondo viniviticolo come quello del prosecco negli ultimi anni. Una crescita che si è mantenuta a doppia cifra e che sta scalzano il cugino blasonato champagne da molte tavole in tutto il mondo. Oltre 500 milioni di bottiglie vendute in tutto il mondo ogni anno, garantiscono un fatturato enorme per il made in Italy, ma possiamo essere altrettanto entusiasti per la qualità delle sostanze utilizzate per produrre le bollicine più famose d’Italia?
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Siamo partiti da questa domanda per verificare la quantità di residui chimici contenuti in alcuni dei prosecchi più diffusi nei supermercati. Di certo la fascia più venduta al grande pubblico del nostro paese. All’interno abbiamo voluto inserire anche una casa (Giordano) che vende per corrispondenza.
Abbiamo così portato in laboratorio dodici prodotti chiedendo agli esperti di rilevare e quantificare la presenza di ben 352 sostanze tra solfiti, erbicidi, diserbanti, fungicidi.
Un cocktail da brividi
Ciò che abbiamo scoperto è sorprendente: tutte e dodici le bottiglie presentavano almeno un residuo di pesticida, con una media di sei a testa. Due dati su cui riflettere: anche l’unico prosecco biologico controllato, il Gaggiandre prosecco Doc della Astoria, ha mostrato residui di un pesticida, il folpet, vietato in agricoltura bio. Con ogni probabilità, viste anche le quantità minime rilevate, una contaminazione involontaria. All’estremo opposto il Mionetto Prosecco Doc Treviso, con ben 7 funcigidi differenti. Fanno bene i cittadini e le centinaia di realtà aderenti alla Marcia stop pesticidi a preoccuparsi per il massiccio utilizzo di sostanze chimiche nei vigneti di glera in Veneto e Friuli-Venezia-Giulia.
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Sotto i limiti ma non per questo “puliti”
Chiariamolo subito, in nessuno caso i residui trovati superavano il limite massimo di residuo (Lmr) consentito per ogni sostanza, ma questo non è in se un dato sufficiente per passare oltre e tirare avanti tranquilli.
Spiega Roberto Pinton, segretario di Assobio: “Cinque, sei, persino sette residui sotto il limite consentito, si sommano comunque nell’organismo umano”.
Residenti preoccupati
Dal canto loro i produttori che abbiamo interpellato si difendono affermando che la varietà di pesticidi è necessaria per rendere la pianta più resistente nel tempo, ma Pinton non la pensa così: “Noi del biologico siamo la prova vivente che non è vero. I vigneti coltivati senza pesticidi sono più salutari senza bisogno di questi trattamenti, usati solo per semplificare la procedura”.
Tra le persone che subiscono maggiormente gli effetti del massiccio utilizzo di pesticidi nelle zone di produzione del prosecco, ci sono proprio gli abitanti. I cittadini veneti hanno creato un comitato Marcia stop pesticidi proprio per attirare l’attenzione sul problema. Tra le realtà aderenti c’è anche il il responsabile agricoltura per il WWF Italia, Franco Ferroni, che commenta così l’inchiesta del Salvagente su pesticidi e prosecco: “Il vostro lavoro ripropone il problema che abbiamo più volte evidenziato come associazioni ambientaliste, che è il mix di contaminazione”. Ferroni spiega: “Molti pesticidi sono interferenti endocrini, probabili cancerogeni e una serie di studi hanno dimostrato che sono proprio queste miscele di residui che restano presenti all’interno dei cibi o delle bevande ad essere più pericoli del singolo principio attivo. Sembra che ci sia anche un effetto legato proprio alla combinazione”.
Non solo conseguenze per l’uomo
Il comitato Marcia stop pesticidi commenta: “Grazie al Salvagente per la coraggiosa inchiesta. Prosecco e pesticidi sono un aperitivo insano e che dovrebbe preoccupare il tutti i cittadini del Veneto e i consumatori. Sospettiamo che nessuna etichetta si salvi, sebbene i residui trovati siano al di sotto del limite massimo previsto per legge”. E le conseguenze dirette sulla salute umana dei residui rappresentano solo una parte del problema, come chiarisce l’esperto del Wwf: “Non è che uno beve prosecco tutti i giorni, ma non bisogna mai soffermarsi a valutare solo il residuo del pesticida del prodotto che viene consumato, perché è solo una minima parte dell’impatto su tutto l’ambiente, come il rapporto Ispra conferma. La commissione europea – aggiunge Franco Ferroni – ha ormai ampiamente documentato che il principale fattore di minaccia per le specie e per gli habitat è l’agricoltura intensiva e i pesticidi sono una delle principali cause. Il problema è che i provvedimenti presi restano solo sulla carta, nella sostanza sul campo le cose mancano molto poco”.
“Passare al biologico”
La via d’uscita da questa situazione, suggerisce il comitato, è una: “È arrivato il momento di pensare davvero a una riconversione della viticoltura veneta al biologico. La Regione continua a finanziare abbondantemente il settore vitivinicolo che dal 2007 a oggi tramite vari Piani europei e locali ha ricevuto 103 milioni di euro. ( DIchiarazione di Andrea Zanoni del Consiglio regionale ) Chiediamo una nuova politica agricola che punti sull’agricoltura biologica e l’agroecologia, come propone la FAO, e chiediamo l’applicazione rigorosa del Principio di Precauzione per i pesticidi di sintesi”
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