Sarà un’altra campagna olearia difficile per il nostro paese. Burian, il vento freddo dell’est, a febbraio ha fatto molti danni, al pari dello scirocco caldo a giugno e della temibile mosca olearia ad agosto-settembre. La produzione nazionale di extravergine sarà dimezzata rispetto all’anno passato, intorno alle 200mila tonnellate. È quindi importante leggere bene le etichette. Se però pensate che basti acquistare un olio extravergine di oliva dove è ben evidente la dicitura 100% italiano per essere sicuri sia nazionale, forse è bene che cominciate ad avere qualche dubbio.
La maggior parte del prodotto made in Italy lo è effettivamente ma una parte sfugge alle maglie dei controlli e diventa italiano, anche se il passaporto originale è turco, tunisino, spagnolo o greco. Una truffa, ai danni del nostro portafogli, non della salute, che consente lauti guadagni ai criminali, inquinando il mercato e andando a danneggiare quei produttori onesti che magari pensavate di tutelare, comprando 100% italiano.
Il sistema carosello
Ad indicarci che c’è qualcosa che non va è il rapporto Frantoio Italia della Repressione Frodi, organo di controllo del ministero delle Politiche agricole e del turismo. Secondo i dati riportati al 30 settembre sarebbero in giacenza nel nostro paese 100mila tonnellate di olio extravergine made in Italy, un quarto di quanto prodotto l’anno scorso. La metà di quest’olio è stoccato in un’unica regione, la Puglia, famosa non solo per il suo eccellente extravergine ma purtroppo anche per numerose inchieste giudiziarie su falso olio italiano. Se è vero è che il tacco d’Italia è la prima regione produttrice di extravergine, lo è altrettanto che Calabria e Sicilia, seconda e terza in questa classifica, avevano al 30 settembre la metà delle giacenze, in rapporto alla produzione, della Puglia.
Non è tutto. Secondo una rilevazione Il Salvagente-Teatro Naturale, nei dieci maggiori frantoi della Puglia, cooperativi e privati, sarebbero presenti al 30 settembre non più di 30mila tonnellate di olio d’oliva, sui 100mila totali indicati dalla Repressione frodi. Una differenza davvero considerevole. È quindi lecito sospettare che almeno parte di quest’olio in giacenza sia italiano solo di nome e sia frutto di una truffa piuttosto antica e via via raffinata, per arrivare ai giorni nostri: l’olio di carta.
Il sistema è piuttosto semplice ma va seguito passo per passo per comprenderne il meccanismo perverso. Il truffatore sceglie olivicoltori e frantoiani in difficoltà economica, prospettando loro un piccolo guadagno purché si rendano complici della truffa. L’olivicoltore deve infatti vendere delle olive inesistenti nella realtà ma non sulla carta, più nello specifico su bolle di consegna che il frantoiano complice lavorerà, facendo girare l’impianto oleario a vuoto, ottenendo dell’olio italiano che esiste solo sulla carta. Quest’olio verrà venduto al truffatore originale che si vedrà stornare, da frantoiano e olivicoltore, una parte dei soldi in nero. Questi denari serviranno per acquistare olio dall’estero che una volta arrivato nel magazzino del truffatore, grazie alle carte costruite, diventerà a tutti gli effetti italiano.
A volte intercorrono poche ore dalla creazione delle pezze giustificative per l’olio di carta, all’arrivo dell’autocisterna carica di extravergine estero pronto a essere spacciato per italiano. Un lasso di tempo veramente molto breve lasciato a organi di controllo per scoprire l’inghippo. Per fortuna le forze dell’ordine hanno ancora qualche asso nella manica, come l’analisi del Dna, per scoprire se nell’olio sono presenti varietà di olive non presenti nel nostro paese, chiaro indice di una frode.
Tuttavia, senza aspettare l’inchiesta giudiziaria del momento, è possibile difendersi anche a casa, scegliendo con cura. Quest’anno la quotazione all’ingrosso dell’extravergine italiano è di circa 5,50 euro/litro, prezzi a scaffale più bassi di questa soglia dovrebbero farci insospettire.