Tutelano la biodiversità, sono un importante patrimonio forestale e la loro produzione fa del nostro paese un leader nel mercato internazionale. I boschi di castagno in Italia rappresentano circa il 7,5% del totale della superficie forestale nazionale (che copre ormai, con circa 11 milioni di ettari, un terzo del territorio nazionale): la loro presenza si concentra soprattutto in Piemonte, Toscana, Liguria (che insieme rappresentano il 50% del patrimonio nazionale dei castagneti), oltre che in Lombardia, Calabria, Campania, Emilia Romagna e Lazio.
Questo ingente patrimonio ha però oggi una minaccia: il cinipide galligeno del castagno Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu, noto come vespa cinese, è un parassita originario del Nord della Cina, ormai diffuso anche nei castagneti italiani, dove, in due decenni, ha già causato una riduzione della produzione di castagne dal 60 all’80% nel periodo di massima diffusione, ed una forte riduzione dell’attività vegetativa degli alberi colpiti dal parassita, con un aumento di mortalità delle giovani piante, dei disseccamenti delle chiome nelle piante adulte e conseguente maggiore suscettibilità ad altre patologie. La sua diffusione è avvenuta, in un primo momento, attraverso materiale vivaistico infetto e, successivamente, mediante il volo attivo delle femmine e il trasporto accidentale delle stesse ad opera dell’uomo. Ad oggi i trattamenti sperimentali con insetticidi chimici non hanno dato risultati confortanti. E’ quanto emerge dal rapporto pubblicato da Ispra “Controllo del cinipide Dryocosmus kuriphilus (vespa cinese) in Castanea sativa”.
Nel nostro Paese, non sono autorizzati prodotti fitosanitari chimici per il controllo del cinipide nei castagneti, mentre sono consentiti per il trattamento del Balanino (insetto che si nutre dei germogli e dei frutti in formazione) e di altri parassiti del castagno.
I trattamenti sperimentali con insetticidi chimici non hanno tuttavia dato risultati confortanti: da alcune ricerche scientifiche, risulta che l’impiego di insetticidi ha invece causato un incremento dei livelli di infestazione, probabilmente a causa di una semplificazione dell’ecosistema e della rete alimentare, con interferenze negative sugli insetti che parassitizzano il cinipide, limitandone così le popolazioni ed i conseguenti danni.
Date le complesse relazioni ecologiche presenti nei castagneti sia gestiti sia naturali – sostiene Ispra – è evidente che il controllo di un patogeno emergente quale il Dryocosmus kuriphilus richiede una soluzione durevole nel tempo e a basso impatto ambientale, anche facendo ricorso ad antagonisti naturali tra cui il parassitoide specifico Torymus sinensis. Quindi la classica lotta biologica al cinipide con il lancio e la diffusione del parassitoide specifico, sulla base delle conoscenze attuali, risulta essere la soluzione più ecosostenibile.
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