Con la fine dell’ombrello Bce, i tassi dei mutui italiani rischiano l’impennata? No, però…

Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea ha annunciato la fine del quantitative easing, programma di acquisto dei titoli di stato iniziato nel 2015, che ha contribuito a sostenere l’economia italiana in una fase molto critica. Adesso molti italiani sono preoccupati che la fine dell’ombrello della Bce si traduca in un aumento dei tassi d’interesse sui mutui accesi. A tranquillizzare gli animi – ma fino a un certo punto – ci pensa Roberto Anedda, Direttore Marketing di Mutuionline, popolare comparatore web di mutui.

Anedda, per primo spieghiamo cos’è il quantitative easing in parole semplici.
Un acquisto periodico, continuativo, da parte della Bce di obbligazioni, titoli di stato, dei paesi che aderiscono al sistema dell’euro, con il vantaggio di dare sostegno al mercato stesso delle obbligazioni e evitare che ci siano degli shock, come è successo con la crisi della Grecia.

Chi ha un mutuo a tasso variabile si deve preoccupare della fine del Qe?
No, nell’immediato, no. Della scadenza del quantitative easing si parlava già da un mese e non c’è stato nessun tipo di nervosismo. Anzi, l’annuncio è stato più positivo di quello che si pensava.

Perché?
Perché fino ad ora l’unica cosa che si sapeva era questa data del 30 di settembre, e poi si rientrava in una fase di tassi crescenti. Già il fatto che il programma di acquisti è stato prolungato fino a dicembre, in più non termineranno le politiche della Bce, che rimane nella facoltà di reinvestire man mano, se qualcuno di queste obbligazioni arrivano a scadenza. Inoltre, le previsioni da parte loro è che non ci saranno interventi sul costo del denaro almeno fino all’estate del 2019, come ha detto Draghi. Poi ci sono state una serie di proiezioni, secondo cui si potrebbe ipotizzare anche fino alla fine dell’anno prossimo.

L’andamento dei mutui a tasso variabile non dipende dunque dal Qe, ma dall’Euribor, giusto?
Sì, esatto. L’eWribor o l’Irs per i tassi fissi, che sono indicatori del costo del denaro, conseguenza delle politiche che la Bce applica tramite i tassi d’interesse della Bce stessa.

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C’è il rischio che la Bce intervenga rialzandoli pesantemente dopo alla fine del prossimo anno, con conseguenze sui mutui degli italiani?
La Bce comincerà ad aumentare i propri tassi d’interesse nel momento in cui non ci sarà bisogno di sostenere la ripresa economica, motivo per cui li ha tenuti bassi finora. Quando, un domani, tutti gli indicatori economici dovessero segnalare che c’è una ripresa più forte, allora potrebbe aumentare in maniera graduale il costo del denaro.

Parliamo di anni?
Indicativamente, non prima di un anno.

Dunque i tassi dei muti variabili dipendono solo dalla Bce?
No, l’altro elemento che può intervenire sui tassi d’interesse è costituito dagli shock di mercato legati a situazioni esterne alla Bce: la crisi della Grecia, l’instabilità dell’euro, i dubbi che si sono concentrati adesso sull’Italia che per il momento si sono risolti solo in un aumento dello spread dei titoli italiani e poco di più. Ipotizzando l’assurdo…

Ipotizziamo…
Se dovessimo entrare in un vortice politico che ci spinge fuori dall’euro, a dichiarazioni come “Non paghiamo più il nostro debito”, a politiche di bilancio fuori portata, che causa una instabilità finanziaria sempre maggiore, con un debito pubblico crescente, a quel punto diventeremmo una nazione a rischio e allora sì che il mercato comincerebbe a chiedere interessi molto più alti alle imprese e alle banche italiane per le operazioni fatte con loro, e automaticamente a prescindere dai tassi applicati dalla Bce, il sistema finirebbe col far pagare all’Italia tassi più elevati, che finirebbero anche con l’essere alzati anche per i mutui dei cittadini. È successo già con la Spagna.

C’è una correlazione diretta con lo spread?
Più che altro sono due indicatori della stessa crisi.

Dunque, oggi è meglio accendere un mutuo fisso o variabile per comprare casa?
Io suggerirei un tasso fisso, perché c’è ancora la possibilità di assicurarsi dei tassi ai minimi storici, estremamente convenienti e sostenibili sul lungo periodo. Il variabile va preso in considerazione per durate brevi, dieci anni, massimo forse quindici, ma tenendo presente che purtroppo entriamo in una fase in cui in futuro potremo aspettarci che vanno solo ad aumentare. Difficile prevedere di quanto, considerando anche l’incertezza politica del nostro paese.