Il Tribunale amministrativo del Lazio ha annullato la multa di 550mila euro inflitta dall’Antitrust a Lidl nel giugno 2016 per aver venduto l’olio Primadonna come extravergine quando in realtà – a seguito delle analisi organolettiche ordinate dalla Procura di Torino dopo il nostro test del giugno 2015 – si era rilevato semplice vergine.
Secondo il Tar l’olio era effettivamente vergine come hanno dimostrato le analisi ma Lidl ha dimostrato il normale grado di diligenza che ci si poteva aspettare da un operatore del settore alimentare, eseguendo tutte le procedure necessarie per valutare la qualità dell’olio che era imbottigliato dalla Fiorentini Firenze Spa. Da qui l’annullamento della sanzione inflitta dall’Autorità garante per il mercato e la concorrenza.
Dove nasce la vicenda
Tutto nasce dalla nostra inchiesta del giugno 2015: su 20 campioni di olio extravergine fatti analizzare dal laboratorio chimico di Roma dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ben 9 marchi alla prova organolettica furono declassati a semplici vergini, tra questi Primadonna Lidl. Non un danno alla salute dei consumatori ma alle loro tasche sì visto che pagavano un prezzo più alto per un prodotto con caretteristiche organolettiche inferiori di quanto promesso in etichetta. L’associazione Konsumer presieduta da Fabrizio Premuti presentò esposti all’Antitrust per pratica commerciale scorretta contro le aziende risultate “bocciate” dal nostro test: e dal garante arrivarono i primi verdetti di “condanna”. Lidl, multata per 550mila euro, ricorse contro la decisione al Tar del Lazio che oggi “annulla” la sentenza.
“Lidl ha fatto di tutto per prevenire l’evento”
I giudici amministrativi hanno accettato il ricorso di Lidl anche perché “l’operatore professionale aveva rappresentato all’Autorità (Antitrust, ndr) una serie di elementi volti a dimostrare l’insussistenza di una rimproverabilità del proprio operato”. In particolare nella memoria difensiva depositata nel corso del procedimento dinanzi all’Agcm, Lidl ha così descritto il sistema di controlli sul prodotto fornito da Fiorentini: “Il contratto stipulato tra Lidl Italia srl e Fiorentini Firenze prevede una serie di controlli sul prodotto fornito. Un primo controllo viene fatto da Fiorentini Firenze spa nei suoi laboratori. I campioni di quel prodotto, in conformità alle disposizioni contrattuali, sono inviati in Germania al prestigioso laboratorio Eurofins. A fronte due analisi conformi (laboratorio Fiorentini Firenze spa e Eurofins), il prodotto può essere commercializzato. In aggiunta al sistema di controlli previsto da contratto di fornitura, Lidl Italia fa eseguire, a sua volta, presso laboratori terzi indipendenti accreditati ulteriori controlli sul prodotto”. Tanto basta per accertare la buona fede di Lidl, secondo il Tar del Lazio, e quindi annullare la multa di 550mila euro.
Il Tar: “Antitrust non ha spiegato bene”
In un passaggio della sentenza il Tar adombra dubbi sulla ricostruzione dell’Agcm: “A fronte delle misure di controllo e del sistema di verifiche che Lidl ha dimostrato di avere adottato al fine di rispettare gli standard di diligenza imposti a un operatore del settore alimentare, il provvedimento sanzionatorio non chiarisce per quale ragione l’insieme degli strumenti predisposti e concretamente utilizzati dal professionista non poteva considerarsi sufficientemente idoneo, secondo le regole della normale prudenza, a impedire il verificarsi dell’evento contestato (la commercializzazione di un prodotto non conforme a quanto dichiarato in etichetta)”.
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Il panel test non è soggettivo
Il Tar non ha stabilito che l’olio venduto fosse vero extravergine e ha anche “rigettato” la critica al panel test, la prova di assaggio obbligatoria per legge per attribuire lo “status” di extravergine al prodotto: “Il giudizio della prova organolettica non è soggettiva” ha sentenziato.
Konsumer: “Faremo ricorso”
Intanto Konsumer Italia annuncia il ricorso al Consiglio di Stato e spiega per bocca del presidente Fabrizio Premuti: “A nostro parere, il verdetto è abbastanza sorprendente, in quanto annulla una multa non per ragioni di qualità e di possibili dannosità per i consumatori, ma perché l’Agcm non ha descritto abbastanza bene il motivo per cui il comportamento professionale è stato negligente”.