Don, glifosato e cadmio: ma gli spaghetti sono davvero italiani?

“Se le marche di pasta più blasonate e diffuse nel paese contengono tracce di don, glifosato e cadmio, sia pur entro i limiti di legge, vuol dire che ogni italiano ne assume piccole dosi giornaliere attraverso pasta e altri derivati del grano. E non c’è affatto da stare tranquilli specie se si considera l’effetto combinato che queste sostanze potrebbero provocare insieme, anche a bassi dosaggi”.

È la conclusione cui giunge l’associazione GranoSalus che ha portato in laboratorio 8 marche di spaghetti per verificare la presenza di 4 contaminanti (don, glifosato, cadmio e piombo). I risultati non lasciano spazio a dubbi: tutti i prodotti ne contengono piccole quantità e due in particolare superano i limiti che la legge impone per i bambini sul Don (200 ppb).

Secondo Saverio De Bonis, presidente dell’associazione, “la coopresenza di don, glifosato e cadmio negli spaghetti anche di marchi che dichiarano il 100% italiano rivela un’attività di miscelazione tra grani esteri e grani nazionali. I grani duri del Sud non dovrebbero presentare queste sostanze pericolose!” Una pratica – quella della miscelazione di grani contaminati e grani “sani” – vietata da un regolamento europeo: il 1881/2006 al comma 2 dell’ art 3 prevede che “I prodotti alimentari conformi ai tenori massimi di cui all’allegato non possono essere miscelati con prodotti alimentari in cui tali tenori massimi siano superati”. Tale divieto opera anche nei confronti della detossificazione. Il comma 3 dell’ art 3, infatti, recita “I prodotti alimentari da sottoporre a cernita o ad altri trattamenti fisici per abbassare il livello di contaminazione non possono essere miscelati con prodotti alimentari destinati al consumo umano diretto, né con prodotti alimentari destinati a essere impiegati come ingredienti alimentari”.

Perché grano straniero?

Il ragionamento che segue De Bonis è molto semplice: “Il decreto del ministero della Salute del 22 agosto 2016 vieta l’uso del glifosato in pre-raccolta e invece le nostre analisi hanno evidenziato la presenza di tracce di questo erbicida. Due le ipotesi: o il divieto viene disatteso oppure il grano non è coltivato nel nostro paese”. A far propendere il presidente di GranoSalus per la seconda ipotesi è anche il fatto che le condizioni climatiche del nostro sud (dove la raccolta del grano si fa a temperature che sfiorano i 40 gradi) rende anti economico l’uso del glifosato utilizzato massicciamente in quei paesi dal clima umido per far maturare più velocemente il grano. Il riferimento è alla pratica del pre-harvest, una tecnica di maturazione artificiale molto utilizzata in Canada. Le condizioni ambientali particolarmente umide del paese nord americano favoriscono anche la presenza del deossinvalenolo (don), una micotossina tipica del grano che la Iarc ha classificato come potenzialmente cancerogena.

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