Leggi anche: i rischi
Le 4 chiavi per evitare truffe
Fidarsi è bene, ma non troppo. E in effetti gli italiani non si fidano tanto degli acquisti on line, tanto che quello dell’e-commerce in Italia è considerato un mercato immaturo. Il consumatore italiano è titubante perché non ha dimestichezza con le carte elettroniche, perché teme per la privacy, per le frodi. E non sempre senza ragione.
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente
Eppure basterebbe usare qualche attenzione, come dare un’occhiata ai siti che vendono i generi alimentari online: seguono leggi e regolamenti a tutela del consumatore? Non sembrerebbe affatto, secondo quanto è emerso dalla ricerca “E-commerce e alimenti: operazione trasparenza” realizzata dal Movimento difesa del cittadino. Secondo i dati illustrati da Silvia Biasotto, responsabile dell’Area alimentare di Mdc, sono proprio gli acquirenti di cibo online a rilevarlo ed esserne delusi: il 31% dichiara di aver subito una frode e di non voler più effettuare acquisti tramite web perché non gli viene consegnato quanto ordinato (45% dei casi), gli arriva un prodotto difforme da quello che ha ordinato (23% dei casi), gli arriva il prodotto con data scaduta (12%) o in quantità minore di quella che si aspettava (10%).
I nostri diritti
Eppure le leggi e i regolamenti ci sono e i gestori dei siti online che fanno vendita diretta di generi alimentari dovrebbero ben esserne a conoscenza. (Vedi anche la scheda i nostri diritti)
Secondo le rilevazioni effettuate da Mdc in collaborazione con Frodialimentari.it e Corpo Forestale dello Stato, su 106 siti web specializzati nella vendita online di prodotti alimentari, selezionati per essere quelli maggiormente frequentati dai consumatori, il 51% (oltre la metà!) non rispetta le norme e in particolare non rispetta quelle che mettono a rischio la salute del consumatore.
Vediamole allora queste norme, e informiamo i cittadini allertandoli: aprite gli occhi, leggete bene tutto ciò che è scritto sul sito, confrontate e non acquistate nulla dai siti che non le rispettano.
-
Trasparenza
Il riferimento legislativo è il Regolamento UE 1169/2011 in materia di etichettatura, recentemente aggiornato. I dati contenuti nelle etichette dei cibi devono essere tutti chiaramente riportati sul sito in modo che siano leggibili (quindi non sono accettabili le foto delle etichette sul prodotto).
Devono essere riportate obbligatoriamente – e con caratteri di dimensioni adeguate – le indicazioni di origine dei prodotti (obbligatorietà del Paese d’origine o luogo di provenienza per carni della specie suina, ovina o caprina e volatili), l’origine di olii e grassi, gli ingredienti segnalando in particolare gli allergeni (questi ultimi scritti in grassetto). Bisogna dunque che il sito riporti una tabella descrittiva del prodotto. E dal 2016 dovranno essere obbligatoriamente riportate anche le tabelle energetiche (calorie, indicazioni nutrizionali).
Tutte queste indicazioni per chi compra online hanno una valenza maggiore perché, non potendo vedere e constatare di persona come sia l’alimento, l’acquirente deve poter avere il maggior numero di informazioni possibili. E le deve avere prima dell’acquisto. Quindi non è lecito per il venditore dare le informazioni solo al termine della procedura d’acquisto.
L’eccezione è nella data di scadenza dei prodotti deperibili: questo perché ovviamente i prodotti da consumare freschi dovranno avere una data di scadenza comunicata al momento della spedizione.
Articolo 9 del Reg. 1169 – indicazioni obbligatorie
- a) denominazione dell’alimento
- b) elenco degli ingredienti
- c) ingrediente o coadiuvante tecnologico che provochi allergie
- d) quantità di taluni ingredienti
- e) quantità netta
- f) termine minimo di conservazione o data di scadenza
- g) condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego;
- h) nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del responsabile
- i) paese d’origine o il luogo di provenienza ove previsto dal Regolamento
- j) istruzioni per l’uso
- k) titolo alcolometrico volumico effettivo (più di 1,2 % di alcol in volume)
- l) una dichiarazione nutrizionale (dal 2016)
-
Diritto di recesso
Dal 13 dicembre 2014, quindi da quasi un anno, il diritto di recesso è stato portato da 10 giorni a 14 giorni. Lo ha stabilito il nuovo Codice del Consumo (art. 52). E i siti hanno l’obbligo di scriverlo in modo ben visibile, informando gli acquirenti che possono cambiare idea entro 14 giorni. E non debbono addurre alcuna giustificazione né sostenere alcun costo. Si tratta infatti non di un reclamo per merce difettosa, ma proprio di un diritto di ripensamento (fanno eccezione le merci deperibili ma anche questo va scritto sul sito). Eppure la stragrande maggioranza dei siti di e-commerce di generi alimentari fa lo gnorri: o non lo dice, o mette l’informativa vecchia che stabiliva in solo 10 giorni il termine per l’esercizio del diritto o – peggio ancora – si inventa un termine, quello di 8 giorni. Tutto ciò è illegale e perseguibile. Si pensi che solo il 35% dei siti presentava l’informativa aggiornata; il 50% quella non aggiornata e il 15,1% semplicemente non riportava alcunché.
Articolo 59 Nuovo Codice del Consumatore
Per i contratti a distanza nel settore alimentare esistono delle eccezioni:
– la fornitura di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati;
– la fornitura di beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente;
– la fornitura di beni sigillati che non si prestano ad essere restituiti per motivi igienici o connessi alla protezione della salute e sono stati aperti dopo la consegna;
– la fornitura di beni che, dopo la consegna, risultano, per loro natura, inscindibilmente mescolati con altri beni;
– la fornitura di bevande alcoliche, il cui prezzo sia stato concordato al momento della conclusione del contratto di vendita, la cui consegna possa avvenire solo dopo trenta giorni e il cui valore effettivo dipenda da fluttuazioni sul mercato che non possono essere controllate dal professionista.